Giovedì 25 Aprile 2024

Il ministro dello Sport: "Stadi bene pubblico, due miliardi di euro per renderli moderni"

Abodi: “Basta alibi e scuse che sanno di resa, gli impianti vanno rinnovati. Dopo lo stop all’uso del Pnrr, la candidatura a Euro 2032 può essere la svolta"

Il ministro per lo Sport e le politiche giovanili Andrea Abodi

Il ministro per lo Sport e le politiche giovanili Andrea Abodi

Ministro Abodi, l’Europa sembra in difficoltà a riconoscere il ruolo sociale degli stadi, eppure gli stadi italiani hanno bisogno di essere rinnovati…

"È vero, in Europa le infrastrutture sportive in generale non sono considerate infrastrutture sociali. Evidentemente c’è un problema di vocabolario. Ritengo che il lessico sia talmente importante da essere condiviso, altrimenti usiamo lo stesso termine, con significati diversi. Se un progetto di rigenerazione urbana prevede la riqualificazione di uno stadio, è chiaro che ci sia un interesse sociale".

In particolare sono nel mirino di alcuni politici gli stadi che ospitano le squadre di calcio di serie A, che fanno profitti.

"Contrariamente a quanto succede in tutti i Paesi europei, su questo tema siamo indietro culturalmente, fino a mettere in competizione tra loro, finanziariamente, il ruolo sociale degli impianti sportivi di alto livello con altre infrastrutture sociali, le case popolari o le scuole".

Ma case popolari e scuole riceveranno finanziamenti Pnrr in capitoli diversi.

"Infatti. Considerando la bassa percentuale di utilizzo delle risorse finanziarie provenienti dall’Europa, perché dobbiamo mettere in contrapposizione investimenti che possono convivere in un grande progetto di ammodernamento della nostra nazione?".

In Italia, diversamente da altri Stati europei, la maggior parte degli stadi è di proprietà pubblica, comunale…

"Credo che il tema non sia riferito alla proprietà, pubblica o privata, anche attraverso il diritto di superficie. Sicuramente le nostre strutture sono datate e obsolete, dimostrano di aver bisogno di essere rigenerate e ammodernate".

Un bisogno non più rimandabile.

"In questa esperienza di ministro sto diventando insopportabilmente intransigente: sulla questione degli stadi è finito il tempo delle scuse e degli alibi, che quasi sempre si tramutano in una resa".

I suoi colleghi del governo la pensano come lei?

"Posso contare sulla collaborazione di tutti i colleghi di governo in questo percorso di recupero della dignità delle infrastrutture anche in ambito sportivo. Percorso nel quale sosterremo le amministrazioni comunali e i club, ognuno con le sue competenze e nel rispetto dei ruoli".

Quindi?

"Siamo a un punto di non ritorno. Finora sono mancate visione, volontà, determinazione, insieme alla sistematicità e alla competenza. Dalla nostra però abbiamo un’occasione: la candidatura a Euro 2032".

Insomma, ci salveranno gli Europei?

"Certo, è un po’ mortificante pensare che questa candidatura serva per sviluppare una progettualità infrastrutturale, ma gli Europei del 2032 sembrano fatti proprio per noi: l’Uefa deciderà tra meno di cinque mesi, e poi avremo un tempo congruo per fare il nostro dovere, migliorando gli stadi. E non solo quelli per gli Europei".

Ma per portare avanti la candidatura italiana a Euro 2032 serviranno ingenti finanziamenti pubblici.

"Mi auguro che la Uefa creda nell’Italia e premi il nostro dossier, presentato dalla Federcalcio e sostanziato dalle necessarie garanzie del governo. Complessivamente (tra pubblico e privato) servirà tra un miliardo e mezzo e due di investimenti per rifare gli impianti".

Che cos’ha fatto il governo?

"Ci siamo impegnati, anche costituendo un comitato interistituzionale, a sostenere lo sviluppo delle infrastrutture, assumendoci la responsabilità di valorizzare il patrimonio pubblico e mettendo in condizione i privati di fare al meglio la loro parte, altrettanto necessaria".

Il governo precedente aveva istituito una ’cabina di regia’ per gli stadi... Ma è rimasta lettera morta.

"Ho intenzione di farla funzionare, proprio perché non era mai entrata nel vivo del suo scopo. Stiamo lavorando per mobilitare risorse finanziarie, anche private, per fare in modo che anche i progetti non facenti parte del dossier per gli Europei si possano sviluppare, in un’ottica di sistema. Ci sono le condizioni per mettere in una relazione virtuosa problemi e opportunità, con un’idea forte e condivisa che consentirà un’immediata apertura della piattaforma operativa".

Quale destino per gli stadi di Firenze e Venezia che hanno ricevuto una solenne batosta dalla commissione Ue?

"Come ho già detto, rispetto la scelta fatta da Bruxelles, ma resto quantomeno perplesso. Penso sia stata data una interpretazione non corretta di cosa siano gli stadi e della loro funzione, anche plurale in termini di attività, nell’ambito della socialità non solo sportiva e dello sviluppo urbano".

I due progetti non sono tarati solamente sugli stadi.

"I progetti di Firenze e Venezia contengono anche i due stadi, ma all’interno di una progettualità molto più ampia, caratterizzata proprio dalla rigenerazione urbana. L’interpretazione restrittiva adottata dalla Commissione Ue chiude alla possibilità di realizzare questi interventi con i fondi del Pnrr, ma restano i progetti con tutto il loro valore del quale potranno beneficiare le comunità. Resto ottimista, auspicando la collaborazione di tutti, privati inclusi".

Il governo dovrà trovare una soluzione per i milioni di euro già autorizzati con decreto interministeriale un anno fa...

"Nei giorni scorsi è già stato emanato il decreto interministeriale per definanziare le opere che erano state inserite nei Piani Urbani Integrati. Il governo, responsabilmente, cercherà di contribuire a trovare soluzioni che superino questa situazione".

Come?

"Il ministro Fitto è già in contatto con i sindaci Brugnaro e Nardella che incontrerà a breve. Adesso si apre una fase nuova, ma, ripeto, si riparte da una progettualità che merita di andare avanti".