"Contesto interamente la portata della prova del Dna asseritamente in possesso delle signore Flavia Borzone e Rosalba Colosimo, in quanto non solo fondata su un campione carpito subdolamente a mia figlia legittima, ma anche eseguita illecitamente". Tuona Tonino Lamborghini, che decide di rompere il silenzio sulla vicenda giudiziaria che lo vede parte offesa in un processo per diffamazione nei confronti di Borzone, 35 anni, e di sua madre, cantante lirica napoletana. Le due, denunciate per avere sostenuto su Canale 5 e su una rivista che la giovane fosse la figlia illegittima di Tonino, nell’udienza del 29 gennaio scorso a riprova delle proprie affermazioni hanno annunciato in tribunale di avere ottenuto una corrispondenza inequivocabile tra i Dna di Flavia e quelli di Elettra Lamborghini, la cantante secondogenita dell’imprenditore bolognese, testimonianza del fatto che le due sarebbero sorelle. Infatti, gli investigatori privati nominati dagli avvocati difensori delle imputate – Sergio Culiersi, Gian Maria Romanello e Carlo Zauli – hanno prelevato una cannuccia con la saliva di Elettra, buttata nella spazzatura dopo che la showgirl aveva bevuto un frappé. Quella saliva, analizzata da un docente dell’Università di Ferrara, avrebbe provato il match tra le due ragazze. "Inutile dire come questa situazione stia causando a me, alla mia famiglia e ai miei interessi pubblici e privati notevoli disagi", attacca Lamborghini. Le due napoletane furono querelate nell’ottobre del 2019 "per diffamazione aggravata ai miei danni, a tutela della mia onorabilità e buon nome – specifica ora l’erede del fondatore della casa automobilistica del Toro –. Dopo la breve e occasionale relazione con la signora Colosimo, le nostre vite sono proseguite su binari separati per quasi trent’anni, senza alcun contatto". Una volta però "decaduti i termini per disconoscere la paternità di chi per tanto tempo aveva allevato e mantenuto la signora Borzone", attacca Lamborghini, la giovane donna "improvvisamente agiva in giudizio per il disconoscimento della paternità del marito della madre", di cui tuttora porta il cognome. A quel punto, "oltre all’azione legale, la signora Borzone si è resa protagonista in più occasioni di comunicazioni pubbliche, tramite i media, e private, diffamatorie nei miei confronti, tanto da costringermi a difendermi in sede giudiziaria in accordo con il mio difensore, il professor Mauro Bernardini, allo scopo di tutelare la mia vita privata, la mia famiglia legittima e la mia onorabilità". Nel frattempo, nel 2021, il tribunale civile di Bologna aveva "accertato la natura diffamatoria dei loro comportamenti". Ora, Lamborghini afferma di "confidare nella magistratura", e che la prova che ritiene "illecitamente eseguita" non entrerà nel processo.
"Le nostre indagini difensive sono state fatte con la massima attenzione, da professionisti – chiarisce un avvocato delle imputate, Culiersi –. Il dna è stato acquisito da un oggetto gettato via, una res nullius, una cosa di nessuno. Questi sono i fatti, poi sta al giudice decidere cosa fare".