Giovedì 25 Aprile 2024

Dall’autostrada all’autostrazio è un attimo

Gabriele

Canè

I casi sono due, al massimo tre. O noi non siamo mai contenti, sia che le cose si facciano, sia che non si facciano. Oppure chi deve fare non è capace. Terza ipotesi possibile, il ritardo accumulato nella cura delle infrastrutture è talmente grande, che il tentativo di recuperare in fretta crea un inevitabile (ma non giustificabile) ingorgo organizzativo. Di sicuro l’ingorgo assurdo è ora sulle arterie principali del nostro sistema viario. A luglio e agosto, il periodo in cui si viaggia. E anche il momento in cui si scopre che l’Europa vuole gallerie sicure, che i viadotti invecchiano, che le terze corsie progettate e cantierate da anni, vanno finite. Il tutto non in un tratto in disuso della tangenziale di Foggia, ma sulla A1 tra Bologna e Firenze, verso Milano, nella Liguria martire della viabilità non solo per i morti del ponte Morandi, ma per i quotidiani disagi. Che significano code e costi per le persone, le merci, per l’economia del Paese.

E se pensiamo per un attimo che verranno spesi cosi i danari a tambur battente del Recovery, beh, incominciamo a sudare freddo. Quanto alle innumerevoli motivazioni tecniche fornite per questo accumulo di chiusure, nessuna regge all’analisi del buon senso. Perché tutti i lavori potevano e dovevano essere spalmati in modo più omogeneo nel corso dell’anno, meglio ancora nei mesi di fascia rossa con la gente chiusa in casa. Solo un crollo imminente, un disastro annunciato giustificava il taglio della vena aorta dell’Italia: l’Autosole. Se questi pericoli c’erano, dovevano essere annunciati. Se no, sono sbagliati i tempi e non noi che chiediamo i danni. Colpe? Responsabilità? Non se ne parla neppure. Ora Anas annuncia che dimezzerà i suoi cantieri. Bene. Poteva evitare di programmarli. Il problema è che per fare bene bisogna essere allenati. Se si è arrugginiti, si fa male. Si butta la gente di notte sulla Futa. Dall’autostrada all’autostrazio.