"Covid, vite sgretolate e paura del futuro. Una classe sociale teme di sparire"

Nesi, scrittore ed ex imprenditore: "Non è solo questione di soldi, cercano ascolto ma la politica è sorda"

Una delle tante manifestazioni di lavoratori organizzate ieri in tutta Italia

Una delle tante manifestazioni di lavoratori organizzate ieri in tutta Italia

"Quando ho visto i ristoratori, i commercianti protestare in piazza ho pensato che il mondo viva a testa in giù. Con la piccola borghesia forzatamente inoperosa e il Paese che va avanti grazie alla grande industria e allo Stato, ‘improduttivo’ per definizione". Edoardo Nesi, 56 anni, scrittore, già parlamentare per Scelta civica, nel 2011 vinse il premio Strega con "Storia della mia gente", saga della piccola borghesia produttiva italiana, messa in ginocchio, allora, dall’onda lunga della globalizzazione che ne minava il lavoro e dal recentissimo crollo della finanza, che ne metteva a repentaglio i risparmi.

Stavolta c’è il Covid.

"Un’altra mazzata su quella classe sociale, motore e innesco dell’economia dei territori. Mio nonno Temistocle, che fondò il lanificio di famiglia (ceduto dallo stesso Edoardo nel 2004 ndr) raccomandava: non fare mai un lavoro ‘a campanella’, cioè dai tempi scanditi da una sirena".

Forse, per la prima volta, i ristoratori rimpiangono di non essere dipendenti statali.

"Il mondo alla rovescia, appunto: il pubblico impiego era visto come vita oscura in cambio di sicurezza. Tempi grami se la sicurezza è il valore più ambito".

Quando la borghesia scende in piazza, è segno che la storia sta per cambiare.

"Stavolta non vedo la forza di una rivoluzione. In piazza c’era una somma di individualità, non una massa. Cercavano l’ascolto che la politica ha negato, fra ristori simbolici, promesse sfumate, logoranti singhiozzi nelle riaperture. Più che costretti a un presente di stenti, i ristoratori, i commercianti si sentono in preda alla paura di non avere più un futuro".

Rivendicazione esistenziale, prima che economica.

"Tutti insieme, facevano il rumore che non potrebbero mai fare da soli: i lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori vivono nel silenzio e nel silenzio muoiono, fallendo con dignità e riserbo. E purtroppo talvolta muoiono davvero, con gesti estremi compiuti in silenzio, lasciando al massimo un biglietto".

Cosa serve a ridare fiducia?

"Nel ‘mondo alla rovescia’ di questo periodo c’è anche il contrasto fra un presente di sofferenze e un futuro prossimo con la più straordinaria operazione economica della storia d’Italia. Eppure, non riusciamo a percepirla, ad averla come traguardo per cui valga la pena affrontare questa fase difficile".

Perché non ci riusciamo?

"Perché non immaginiamo una data in cui non saranno più i contagi a dettare il da farsi. Con una campagna di vaccinazione più incisiva vedremmo spiragli di futuro anziché i tristi panorami presenti".

Ma i vaccini non arrivano.

"Oggi (ieri, ndr) un amico che vive a Londra mi raccontava che di fronte a Louis Vuitton c’erano trenta persone in fila. La Gran Bretagna, come gli Usa, Israele hanno puntato forte sui vaccini, cominciano a godere il presente a vedere il futuro".

Nell’ultimo libro "Economia sentimentale", Nesi racconta che un anno fa in piena pandemia telefonava a Enrico Giovannini, ex presidente dell’Istat, per avere lumi su come sarebbe finita. Oggi Giovannini è ministro delle infrastrutture. Lo ha chiamato di nuovo?

"Non lo disturbo. Ha un compito molto delicato".

Già dieci anni fa, nell’emergenza economica con Monti, come oggi con Draghi in quella pandemica si è fatto ricorso a un governo esperto.

"Oggi la situazione è ancora più drammatica, perché l’emergenza sanitaria pone in un piano forzatamente secondario quella economica e sociale. Sono felice, di questo governo di persone competenti. Il rischio, come per quello di Monti è di esser giudicato per ciò che si fa in una fase emergenziale, non in condizioni normali".

Lo scenario che prefigura nell’ultimo libro è che nel mondo i ricchissimi si arricchiranno sempre di più a scapito della borghesia: Amazon porta a casa ciò che tu andavi ad acquistare in negozio.

"Il rischio è accontentarsi di un futuro in cui l’unico lusso sarà farsi portare la cena a casa da un rider. E rimpiangeremo, quando invece da casa uscivamo, per cenare al ristorante. In fondo la manifestazione di Roma voleva dirci questo".