Lunedì 29 Aprile 2024

Chef stellati in fuga dal successo. "Basta voti, troppo stress ai fornelli"

Sempre più ristoratori restituiscono i riconoscimenti. L’ultimo in Galles. "Una stella Michelin più che una benedizione è ormai un fardello"

Lo che francese Sebastien Bras (Afp)

Lo che francese Sebastien Bras (Afp)

Torino, 30 settembre 2018 - Marco Pierre White, l’énfant terrible della cucina britannica, non fu diplomatico. Chiese che gli venissero tolte le sue tre stelle e rimandò indietro anche quella del ristorante aperto in Asia: «Sono stato giudicato da persone che ne sanno meno di me, quindi mi chiedo: ne vale davvero la pena? Ho attribuito agli ispettori della Michelin troppo rispetto, ho ingannato me stesso. Avevo tre opzioni: potevo essere prigioniero del mio mondo e continuare a lavorare sei giorni a settimana. Potevo vivere una bugia, far pagare prezzi altissimi e non essere neanche dietro i fornelli. O potevo dare indietro le mie stelle e passare del tempo con i miei figli e reinventarmi».    Altri colleghi hanno lasciato per sfinimento. Hanno pianto sui fornelli spenti e preso gli ansiolitici e solo i figli o il golf sono riusciti a consolarli. Stressante, persecutorio, troppo politico e fuori dal tempo. Il firmamento della celebre guida gastronomica sta franando? Gli ultimi a sfilarsi sono stati i proprietari di The Checkers a Montgomery, in Galles. Stephane Borie, Sarah Francis e Kathryn Francis si sono sentiti in trappola all’interno della Rossa e hanno trasformato il locale in Bed &Breakfast dove al massimo cucineranno qualcosa a pranzo.

Gualtiero Marchesi nel 2008 restituì le sue stelle in segno di protesta: voleva commenti sensati, non voti come nei compiti in classe. E l’affrancamento della cucina italiana dalle maestrine francesi chiaramente troppo patriottiche.

Cuochi eccelsi in tutto il mondo sono stanchi di restare soggiogati al possibile e mai certo arrivo degli ispettori. Sempre nel 2008 Olivier Roellinger aveva chiuso il suo ristorante stellato per ragioni di salute, tre anni prima Alain Senderens al firmamento aveva preferito un bistrot. Clamorosa e recente è la decisione di Sébastien Bras, che ha voluto spegnere le tre stelle ereditate dal padre prima di incominciare a vedere nel cielo la minaccia di un chiodo di luce. Il suo sofisticato Le Suquet di Laguiole, nell’Aubrac, furoreggiava sulla Rossa. E lui, a 46 anni, ha rinunciato al supremo riconoscimento per troppa pressione, stufo di rincorrere l’eccellenza davanti a chi è pronto a rovinarti la vita per un pelo nell’uovo. Lo hanno subito accontentato, ma non è scontato che nella famosa guida sia più facile uscire che entrare.

Come si restituisce una stella? Facendo formale richiesta e sperando di essere accontentati. La chef belga Karen Keygnaert ha fatto notizia quando la Michelin ha voluto premiarla in un mondo dominato dal testosterone ma più ancora quando ha rimandato indietro. Ha resistito 5 anni nel suo A’Qi ed è arrivata alla conclusone che oggi «una stella Michelin più che una benedizione è un fardello. Un circo che ha fatto il suo tempo».

Anche Andrè Chiang, il simbolo dell’ambizione gastronomica di Singapore, ha rinunciato a 3 stelle per continuare a lavorare lontano dai riflettori a Taiwan spiegando così la chiusura del celebre André: «Sono un perfezionista. Ed è già perfetto così». Lo stress da Michelin ha colpito anche in Germania, dove sono 4 gli chef che hanno rinunciato alle stelle. La nuova generazione dei trenta-quarantenni non vuole vivere in un perenne bagno di sudore freddo o sacrificare la vita a un lavoro massacrante. Qualcuno si butta sul catering, i più radicali smettono del tutto di frequentare la cucina.