È per ora l’ultima tappa (ma non quella conclusiva) della lunga, estenuante vicenda giudiziaria sui reperti reperti legati alla tragedia di Yara Gambirasio. Il nuovo capitolo è stato scritto con la decisione dei giudici della quinta sezione penale della Cassazione che hanno dichiarato inammissibile il ricorso "straordinario" dei difensori di Massimo Bossetti. Quello dei reperti sarà per la difesa una presa visione e non un’analisi, un esame invasivo come richiesto dai legali dell’uomo che sconta una condanna definitiva al carcere a vita per l’omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra. Per il rigetto del ricorso si era pronunciata anche la Procura generale presso la Cassazione nell’udienza di giovedì. Si allunga una interminabile saga giudiziaria che si trascina ormai da quasi cinque anni, con continui rimpalli fra Bergamo e Roma, ripulse ma anche accettazioni delle richieste della difesa.
Al centro i reperti del "caso" Yara: 54 provette con il Dna di "Ignoto 1" rimasto su slip e legging della vittima e in seguito attribuito a Bossetti dall’esame genetico, la felpa, il giubbotto, i leggings, gli slip, la biancheria, le scarpe che la piccola Gambirasio indossava quando scomparve, la sera del 26 novembre del 2010, per essere poi ritrovata, senza vita, tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, tra le sterpaglie di un campo a Chignolo d’Isola. La Suprema Corte doveva decidere se la difesa avesse il diritto di analizzare (come ripetutamente richiesto) i reperti o se invece l’esame doveva rimanere circoscritto entro i limiti fissati finora: una presa visione da parte dei legali di Bossetti e dei loro consulenti e non altro. Gli "ermellini" romani si sono pronunciati per questa seconda. Sarà adesso la Corte d’Assise di Bergamo a fissare l’udienza per l’"ostensione" dei reperti. Si profila fin da ora un’altra battaglia che arricchirà una sorta di guerra punica. Durissimo il commento dell’avvocato Claudio Salvagni, che assiste l’ergastolano Bossetti insieme con il collega Paolo Camporini: "Una decisione folle. Una violenza fatta al diritto. Si è consentito che il giudice facesse diventare bianco ciò che era nero. Quei reperti sono sempre stati intoccabili. Il perché è ormai evidente".
Si prosegue. "Andremo – aggiunge Salvagni – a vedere questi reperti. Sarà interessante constatare il loro stato di conservazione, anche se per noi vedere non è sufficiente. Ma già sappiamo cosa ci troveremo sotto gli occhi: la distruzione dei campioni biologici, importantissimi, determinanti. Il trasferimento dall’ospedale San Raffaele di Milano, dove erano conservati a una temperatura di -80 sotto zero, all’Ufficio corpi di reato del tribunale di Bergamo, dove sono rimasti a temperatura ambiente, può avere comportato solo l’inevitabile distruzione dei campioni di Dna. Vorrei ricordare che sulla vicenda dei reperti c’è un procedimento aperto a Venezia e che lo stesso gip Alberto Scaramuzza ha parlato di una loro ‘alterazione’ ". Pacate le dichiarazioni dell’avvocato Enrico Pelillo, da sempre vicino ai Gambirasio, parte civile per i genitori e i fratelli di Yara nei processi con l’avvocato Marco Pezzotta: "Mi riservo di leggere la motivazione della sentenza. Quella della Cassazione mi sembra una decisione improntata sia al diritto sia al buon senso. L’autorizzazione rilasciata a Bergamo dal presidente Petillo per l’esame dei reperti era molto sintetica ma anche molto chiara: veniva autorizzata la loro visione e non l’attività che avrebbe invece voluto svolgere la difesa di Bossetti".