Pier Ferdinando
Casini
Se c’è una figura istituzionale che ha retto nel corso del tempo alle intemperie italiane, questa è quella del Presidente della Repubblica. Esso, nelle sue diverse interpretazioni soggettive, ha svolto un efficace ruolo di tenuta complessiva e come tale è percepito dalla quasi totalità dell’opinione pubblica. I sondaggi lo dimostrano più di ogni argomentazione dottrinale. Trasformare la figura super partes del presidente da quella di arbitro a quella di giocatore, facendola diventare, come inevitabilmente sarebbe, l’epicentro delle risse e delle divisioni politiche, non credo sarebbe un atto intelligente per nessuno: né per la maggioranza né per l’opposizione, né per la politica né per i cittadini. Vorrei concludere questo ragionamento, chiedendo ai miei lettori e a me stesso se la grazia di Stato esiste: la risposta è sì, la grazia di Stato esiste!
Oggi Mattarella non solo serve la Repubblica con lealtà e intelligenza, ma appare anche quello che in passato non è mai stato. Non è “solo” il Capo dello Stato, ma anche una sorta di pater familias che ha acquisito un’empatia e una capacità comunicativa che non ha mai avuto prima. Il presidente ha accompagnato gli italiani in un tratto di strada complicato, penso ai mesi del Covid e oggi alla drammatica guerra in Ucraina, e lo ha fatto e lo sta facendo suscitando un sentimento collettivo di ammirazione e di affetto. Sono contento di aver contribuito indirettamente anch’io all’epilogo sul Quirinale, lo scorso gennaio. Forse è stato un democristiano atipico ma, sicuramente, Mattarella è il migliore di noi.
COS’È PER ME LA POLITICA
Cos’è per me la politica? Sono in Parlamento da quarant’anni, eppure non è semplice spiegare il mio rapporto con la politica. La potrei definire una passione, un vero e proprio innamoramento che ha segnato tutti i momenti della mia vita. Ma più di ogni descrizione che io possa fare, è una foto ciò che documenta meglio di qualsiasi cosa perché e come ho voluto diventare un politico.
Una foto, sì, che mi accompagna in tutti i passaggi di scrivania e di ruoli. Ce l’ho adesso nel mio ufficio a Palazzo Giustiniani, sul tavolino accanto a me. È sempre lì, come a indicarmi la strada, quello che sono e da dove ho cominciato. Le idee e le persone che contano. Ci sono un signore con i baffi e Alcide De Gasperi durante un comizio in una Piazza Maggiore gremita, con la gente che si affolla anche fra le vie intorno. Il più grande comizio dei moderati che Bologna possa ricordare. Era il 1953. Il presidente lanciava l’ultimo affondo elettorale. Il signore con i baffi era mio padre. Segretario provinciale della Dc e poi candidato per la Camera dei deputati. Non venne eletto. E poco dopo cominciò a lasciare il campo ad altri, allontanandosi dalla politica attiva.
Ma la politica era sempre lì.
Io non ero nato quando fu scattata quella foto. Non ero in piazza, ma è come se ci fossi stato, sentendone ancora oggi le voci, i discorsi, percependo le attese e le speranze. Sarei nato dopo due anni, figlio della politica. Perché sempre a un comizio, in un piccolo paese sugli Appennini bolognesi, Lizzano in Belvedere, mio padre conobbe mia madre, Mirella, insegnante elementare. Una ragazza brillante, da cui avrei ereditato le doti che un po’ tutti mi riconoscono: la comunicatività e l’empatia.
Faccio fatica a parlare della politica senza parlare della mia famiglia. Sono due aspetti che si intrecciano, che camminano insieme. Perché non solo sono convinto di avere ereditato questa passione da papà, ma perché la mia famiglia è sempre stata la mia ricchezza e la mia forza; non mi ha mai fatto sentire solo, soprattutto nei momenti difficili della vita.
La mia famiglia tutta: i genitori, i fratelli, la tribù di nipoti. Maria Teresa, Federico e Francesca sono i miei fratelli: così diversi da me, ma sempre così uniti in ogni momento; i miei primi sostenitori fin dai tempi in cui improvvisavo piccoli comizi sul tavolo della cucina obbligandoli ad ascoltarmi…
E soprattutto i miei figli, verso i quali, in particolare, ho un debito grande [......].
"Papà, sono fiero di te perché mi hai insegnato che le cose importanti nella vita sono i valori umani, avere sempre buoni rapporti con le persone, rispettando tutti. I valori materiali vengono dopo. E tu mi hai dimostrato per l’ennesima volta che hai vinto pur senza vincere. Sei il mio esempio e il mio eroe!" Questo messaggio WhatsApp delle 21.24 del 29 gennaio è l’emozionante regalo che ho ricevuto nelle ore successive alla complessa partita per l’elezione del Presidente della Repubblica: il pensiero di mio figlio Francesco ha saputo sciogliermi e riportare la mia mente e il mio cuore ai valori che contano. Le cose che restano dopo il flusso di impegni, di notizie, di dichiarazioni. Le parole che restano scolpite nel cuore. Come quella foto in bianco e nero che ha fatto la differenza...
Pubblicato per Piemme
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