di Marta
Ottaviani
In Georgia, la popolazione ha voglia di Unione Europea, ma il partito di governo, Sogno Georgiano, pur essendo sulla carta di orientamento filo Bruxelles, guardando anche alla Nato, non disdegna iniziative dal sapore decisamente autoritario, che rischiano di far precipitare il Paese nel caos, fino a una guerra civile. Il parlamento di Kutaisi, due giorni fa, ha approvato in prima lettura e a maggioranza risicata un provvedimento che da oltre 48 ore fa scendere nelle strade della capitale Tbilisi migliaia di persone e che ha lo sgradito sapore del passato e che contrasta con le bandiere della Ue sventolate della gente.
Si tratta della legge sugli ‘agenti stranieri’, un’espressione che nell’Unione Sovietica identificava le spie, già ribattezzata ‘legge Putin’. L’accusa più grave per il governo è quella di essersi ispirato al testo in vigore in Russia: organizzazioni, associazioni e privati potranno ricevere finanziamenti dall’estero solo fino al 20% del totale.
In Russia grazie a questa norma, voluta dal presidente, nel corso degli anni sono state smantellate completamente la stampa indipendente e le organizzazioni non governative libere da condizionamenti interni, fino alla virata autoritaria finale, iniziata con l’invasione dell’Ucraina. Non esattamente il percorso ideale per un Paese che sogna l’Unione Europea, ma soprattutto lo smarcamento definitivo dalla Russia e che però cerca di fare adottare una legge fra le più applicate da quel regime da cui ci si vuole allontanare. Sembra quasi una contraddizione. Ma, in Georgia, queste non mancano. I due principali partiti, Sogno Georgiano e il Movimento Nazionale Unito, hanno programmi simili e soprattutto sono accomunati dall’impostazione filo occidentale e anti russa.
Proprio questa repubblica ‘ribelle’ così fiera della propria specificità culturale e della sua storia, ha dato i natali a due dei personaggi più crudeli dell’Unione Sovietica. Stalin di cognome faceva Dzhugashvili e veniva da Gori, mentre Lavrentij Berija, il suo sanguinario ministro degli Interni, era originario dell’Abcasia. Si tratta di una delle regioni, insieme con l’Ossezia del Sud, occupate dall’esercito del Cremlino durante la guerra lampo del 2008, che hanno dichiarato la propria indipendenza da Tbilisi, avvicinandosi a Mosca. Una terra ferita, dove il ricordo del passato rischia di riaffiorare con violenza e scatenare una guerra civile, sebbene gran parte del popolo georgiano veda la Russia come il peggiore degli incubi. Ci mancava solo una legge dal sapore del passato a fare saltare il tappo in un momento in cui la tensione nel Paese è già alta a causa dell’elevato numero di russi che, dall’inizio della guerra in Ucraina, hanno scelto proprio la Georgia come rifugio, attratti dalle possibilità lavorative e dalla maggiore libertà.
Il risultato è stata una vera e propria ondata di fastidio nella popolazione locale, che teme di essersi presa in casa simpatizzanti del presidente Putin. Il partito di governo ha preso tempo. Per divenire effettiva la legge deve essere approvata altre due volte. La seconda lettura avverrà ‘fra mesi’. Nel frattempo, la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa valuterà se sia in linea con i parametri di Bruxelles. Dalla Ue arrivano critiche e avvertimenti, nel Paese rimane la paura che il processo di democratizzazione possa interrompersi e di ritrovarsi, in qualche modo, sotto il controllo russo.