di Giulia Prosperetti
L’unico obiettivo "palese e inequivocabile" di Costantino Bonaiuti era uccidere Martina Scialdone. È quanto scrive il gip Simona Calegari nell’ordinanza di convalida dell’arresto e di applicazione della custodia cautelare in carcere per il 61enne, funzionario dell’Enav e sindacalista, arrestato dalla polizia dopo aver sparato alla sua ex compagna, avvocato di 34 anni, uccisa venerdì sera fuori dal ristorante Brado nel quartiere Tuscolano, a Roma. All’uomo la procura di Roma contesta l’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai motivi futili e abietti. A casa sua sequestrato "un quantitativo rilevante di armi e munizioni di diverso calibro".
Per il gip, Bonaiuti "consapevole della volontà della compagna di voler interrompere definitivamente la relazione e scoperta la nuova frequentazione" della donna aveva già pianificato l’omicidio. Stando alle testimonianze raccolte emerge, infatti, come Bonaiuti non fosse solito portare con sé armi, "se non per scopi sportivi". Risulta, dunque, verosimile – si legge nelle carte dell’indagine – che l’uomo "si fosse recato all’ultimo appuntamento con la vittima portando preordinatamente con sé l’arma, con la quale poi le avrebbe sparato, uccidendola". Un ultimo incontro al quale Scialdone non era andata a cuor leggero. Per tutelarsi, prima di andare al ristorante dove aveva appuntamento con l’ex, aveva attivato la condivisione della posizione gps del suo cellulare con un’amica. "Martina – queste le parole della donna riportate nell’ordinanza – mi diceva che quando litigavano volavano parole pesanti, ma nulla di più. Ricordo che una volta raccontò di essersi un po’ spaventata in quanto durante una lite Costantino era diventato ‘un cane rabbioso’". A tracciare un profilo violento dell’uomo sono anche i suoi vicini di casa. "Faccio come mi pare, se non ti sta bene ti sparo" avrebbe risposto l’uomo ad alcuni condomini che lamentavano l’eccessiva velocità con la quale sfrecciava nel complesso residenziale in via Monte Grimano, periferia nord-est della Capitale. Come probabilmente temeva Scialdone, quello che doveva essere un chiarimento è presto degenerato. Prima l’accesa discussione al ristorante, poi la corsa della donna in bagno dove si è rinchiusa. A uno dei titolari del ristorante, intervenuto per cercare di fare tornare la calma tra i due, Bonaiuti a risposto "fatti i c... tuoi". Una situazione che ha portato il ristoratore "particolarmente preoccupato anche perché la donna stava piangendo" ad allertare il numero di emergenza del 112. Eppure – stando a quando si apprende – le forze dell’ordine sarebbero arrivate solo 40 minuti dopo, in seguito alla seconda telefonata avvenuta dopo lo sparo. Quando la lite sembrava ormai rientrata, la situazione ha iniziato rapidamente a volgere al peggio. Il ristoratore ha raccontato che i due si sarebbero allontanati una quarantina di metri dal locale "per dirigersi verso una Mercedes nera" e Bonaiuti avrebbe "spintonato" la donna "con forza" per farla entrare in auto". Mentre la lite proseguiva fuori dal locale la legale ha mandato un messaggio WhatsApp a suo fratello Lorenzo.
"Ho capito che il motivo per cui stavano litigando era perché lei gli aveva detto che doveva lasciarlo – riferisce il fratello della vittima –. Quando è uscito dalla macchina, lui la tratteneva per un braccio e io mi sono messo in mezzo cercando di dividerli per portare via Martina. Nel momento in cui sono riuscito a dividerli, lui ha tirato fuori la pistola e ha sparato. È durato una frazione di secondo, ho visto che puntava all’altezza del petto e poi ha sparato. Ero a distanza da lei forse un metro". "Le difficoltà psicologiche e psichiatriche del mio assisto sono certificate, era seguito da un centro per una forma depressiva", spiega Fabio Taglialatela, difensore di Bonaiuti. E lancia una dura accusa contro i testimoni e clienti: "Se tutti avessero fatto il loro dovere, il loro compito di cittadini, questa ragazza sarebbe ancora viva. La ragazza sembra abbia chiesto aiuto".