Mercoledì 24 Aprile 2024

Assolto Lombardo, crolla un altro teorema

Nuovo proscioglimento nei processi sui presunti legami tra politici e boss. L’ex governatore siciliano si era dimesso nel 2012

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di Raffaele Marmo

Un’altra lunghissima odissea giudiziaria per Mafia finisce con l’ennesima assoluzione eccellente e piena. E se il diretto interessato, l’ex presidente della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo, fa sapere di "avere vissuto dodici anni da incubo", ma che "una sentenza giusta mi ripaga di tante sofferenze", restano comunque tutte aperte le ferite di un calvario lacerante, con la fine violenta della carriera politica e il dramma quotidiano, personale e familiare, vissuto sulla giostra tragica di verdetti contraddittori. "Ho trovato giudici intelligenti, coscienziosi e coraggiosi – insiste l’ex governatore –. Gli avvocati sono stati a dir poco strepitosi. Il mio timore era di una sentenza di compromesso, in cui mi assolvevano dal concorso esterno in associazione mafiosa, ma mi lasciavano il reato elettorale".

A stretto giro arriva il plauso di tutti gli esponenti della politica siciliana (dal presidente della Regione Nello Musumeci ai big isolani di Forza Italia, Italia Viva e Lega). Silenzio dal Pd, mentre perfino il capo dei grillini siciliani non manca di sottolineare il valore dell’assoluzione: "Si chiude una vicenda che ha sicuramente lacerato la politica e le istituzioni siciliane. Con l’augurio a Lombardo e alla sua famiglia di ritornare presto alla serenità", avvisa Giancarlo Cancelleri, sottosegretario alle Infrastrutture del governo Draghi.

Ma fosse solo il caso Lombardo, potremmo parlare di fisiologia del processo e dell’amministrazione della giustizia. La sua vicenda è, invece, parte essenziale di una stagione che, sentenza dopo sentenza, vede sgretolarsi l’impianto accusatorio di molteplici inchieste che hanno visto finire alla gogna un intero establishment politico-istituzionale che ha avuto a che fare con la Sicilia nei decenni passati.

L’affaire più eclatante è la cosiddetta "Trattativa Stato-Mafia" spazzata via alla fine di settembre scorso dalla sentenza d’appello che assolve gli ufficiali dei Carabinieri Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno; e assolve Marcello Dell’Utri, accusato di avere ricattato e minacciato in nome di Cosa Nostra Silvio Berlusconi. Il risultato è che così si chiude, almeno per il momento, un’inchiesta esplosiva andata avanti per un decennio fino a lambire il Quirinale sotto la presidenza di Giorgio Napolitano con il clamoroso conflitto istituzionale sulle bobine, successivamente distrutte, delle intercettazioni dell’ex presidente del Senato, Nicola Mancino. Che, a sua volta, ex imputato di primo piano del processo "Trattativa", è stato assolto già in primo grado (sentenza non appellata dai pm) dall’accusa di falsa testimonianza. Per non parlare dell’assoluzione nel merito con formula piena di Calogero Mannino, l’ex ministro dc che il teorema indicava come il perno dell’asse di congiunzione tra Mafia e Stato e che si è tirato fuori dal filone principale col rito abbreviato. Una vicenda da manuale dell’ingiustizia praticata e conclamata, quella di Mannino, che ha raggiunto il record di 15 assoluzioni in 25 anni di processi per tutte le accuse possibili. Lo stesso Mannino che ha raccontato: "Fui io a portare il giudice Giovanni Falcone all’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Una mattina alle 8 Cossiga aprì la porta e si ritrovò me e Falcone. Il magistrato era molto amareggiato per la mancata nomina a giudice istruttore, ma anche al Csm, e voleva andare all’Onu, a Vienna. Cossiga lo fermò e gli disse che doveva continuare a occuparsi di mafia".