Sabato 4 Maggio 2024

Mafia, fermato il radicale Nicosia. "Faceva il 'postino' per boss in carcere"

Assistente parlamentare dell'ignara deputata Occhionero, è accusato di aver trasmesso i messaggi dei mafiosi detenuti. E' ritenuto vicino ai fedelissimi di Messina Denaro

Antonello Nicosia (Dire)

Antonello Nicosia (Dire)

Palermo, 4 novembre 2019 - Un insospettabile assistente parlamentare, un conduttore tv che in trasmissione parlava di legalità e diritti. In privato però Antonello Nicosia, esponente dei Radicali, definiva il boss Matteo Messina Denaro "il nostro Primo ministro". Oggi è stato fermato per associazione mafiosa insieme ad altre quattro persone nell'ambito di un'operazione condotta da carabinieri e Guardia di finanza nell'Agrigentino. A fare scattare il provvedimento alcune intercettazioni telefoniche in cui parlava del padrino di Castelvetrano come del suo premier, invitando il suo interlocutore alla cautela riferendosi al super latitante di Cosa Nostra: "Non devi parlare a matula (a vanvera, ndr)".

Nicosia invece non mostrava lo stesso 'rispetto' per le vittime di mafia, e secondo gli investigatori insultava il giudice Giovanni Falcone, la cui morte veniva definita "un incidente sul lavoro".

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Assistente parlamentare e 'postino' per i boss

Eletto a novembre 2018 nel Comitato Nazionale dal XVII Congresso di Radicali Italiani, il 48enne Nicosia era diventato assistente parlamentare giuridico-psicopedagogico alla Camera dei deputati, in particolare dell'ignara deputata Giuseppina Occhionero, eletta tra le fila di Leu e passata ora a Italia Viva. In virtù di questo ruolo e di direttore dell'Osservatorio internazionale dei diritti umani (onlus che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti) era in contatto con vari boss di Cosa Nostra in carcere. Secondo i pm avrebbe trasmesso all'esterno i messaggi provenienti da mafiosi detenuti. E ancora: "Sfruttando il baluardo dell'appartenenza politica, il Nicosia ha addirittura portato avanti l'ambizioso progetto di alleggerire il regime detentivo speciale di cui all'art. 41 bis o di favorire la chiusura di determinati istituti penitenziari giudicati inidonei a garantire un trattamento dignitoso ai reclusi".

Per gli investigatori sarebbe organico alla 'famiglia' di Sciacca, tanto da pianificare insieme al capomafia Accursio Dimino l'omicidio di un imprenditore, poi non andato in porto. Nicosia non è inoltre nuovo alla giustizia: alle spalle ha una condanna a dieci anni e sei mesi per associazione finalizzata al traffico di droga. 

Chi sono i fermati

I cinque destinatari del fermo emesso dalla Dda di Palermo nell'operazione 'Passepartout', sono Accursio Dimino, detto 'Matiseddu', già condannato per associazione mafiosa (da ultimo nel 2010), Antonino Nicosia, (detto Antonello), Paolo Ciaccio, Luigi Ciaccio e Massimiliano Mandracchia. Tutti sono ritenuti appartenenti o comunque contigui alla famiglia mafiosa di Sciacca. I militari hanno sequestrato agli indagati disponibilità finanziarie, tra le quali una carta di credito collegata a conti esteri, e patrimoniali, tra cui un'imbarcazione.

"Progettavano fuga negli Usa"

A far scattare il fermo ("improcrastinabile") è stato il viaggio per gli Stati Uniti d'America che Antonello Nicosia e Accursio Dimino avevano in programma nei prossimi giorni. Un viaggio studiato nei minimi dettagli replicando tragitti già intrapresi in precedenza con scali intermedi in Paesi del Medio Oriente e utilizzando documenti falsi, al fine evidentemente di rendere più agevole il loro ingresso in America. Secondo quanto rivelano le indagini, infatti, il 24 giugno scorso Dimino, intercettato, sollecitava Nicosia ad accelerare le procedure per il rilascio dei documenti necessari all'espatrio. "L'hai spedita la cosa?". E Nicosia lo rassicurava: "Sì sì sì, ah quella dell'America sì...". Dimino: "... e vediamo di accelerare così me ne vado che non si può stare più... con il caldo che c'è ok?". Quando agli inizia di settembre le procedure erano pronte l'assitente chiamava il capo mafia: "Gli devo dare una bella notizia, tutte cose organizzate ho". .

Le intercettazioni

OFFESE A FALCONE - Nicosia intercettato diceva: "Bisogna cambiare nome a questo aeroporto, perché i nomi Falcone e Borsellino evocano la mafia. Perché dobbiamo sempre 'arriminare' (rimestare ndr) la stessa m...?". E anche: "Ma poi sono vittime di che cosa? Di un incidente sul lavoro, no?", poi scoppia a ridere. "Ma poi quello là (Falcone) non era manco magistrato quando è morto, non esercitava dice ancora Nicosia - Perché l'aeroporto non bisogna chiamarlo Luigi Pirandello? O Leonardo Sciascia? E che c..., va. O Marco Polo?", concludeva sempre ridendo.

NICOSIA CHIEDE SOLDI A MESSINA DENARO - "Giratevela a Matteo... così mi finanzia il progetto, mi manda un milione di euro... Ringrazia... ci vuole il contributo, il contributo della famiglia, per quello che faccio", altre intercettazioni mostrano Nicosia alle prese con un progetto inerente le carceri, qualcosa che sembrava interessasse al latitante di Castelvetrano, ma per il quale l'assistente parlamentare non si acciontentava dei complimenti del boss ma chiedeva un "contributo".

NICOSIA: VISITO ANCHE I 41 BIS - Nicosia si vantava che grazie al suo ruolo di assistente parlamentare di una deputata della Camera: "Mi giro le carceri, visto che non potevo entrare, così con lei entro. E basta, vado al 41bis...". E continua: "Faccio un sacco di cose, hai capito ho trovato questo escamotage. Se ci vado come Radicale a fare la visita, devo chiedere l'autorizzazione al Dap che lo dice poi al direttore: 'giorno tot viene Nicosia a farti la visita'... e che minchia di visita è... con un deputato invece ci vado all'improvviso. Entro di notte pure... ad Agrigento ci sono andato di notte".

Le reazioni

MARIA FALCONE: "SOLO DISGUSTO" - "Le parole offensive di questo sedicente difensore dei diritti dei deboli suscitano solo disgusto", è la reazione di Maria Falcone, sorella del giudice ucciso dalla mafia e presidente della Fondazione che porta il nome del magistrato, alle intercettazioni di Nicosia. "Mi chiedo, alla luce di questa indagine - aggiunge la sorella del magistrato - se non sia necessario rivedere la legislazione in materia di colloqui e visite con i detenuti al regime carcerario duro. Non dimentichiamoci che lo scopo del 41 bis è spezzare il legame tra il capomafia e il territorio, recidere le relazioni tra il boss e il clan: scopo che si raggiunge solo limitando rigorosamente i contatti tra i detenuti e l'esterno".

OCCHIONERO: "AMAREGGIATA" - "Ringrazio la magistratura e le forze dell'ordine per lo straordinario lavoro di contrasto alla mafia. Da ciò che emerge dalle notizie riportate sui giornali quello che diceva e scriveva Nicosia era ben lontano dalla verità, arrivando a veicolare messaggi mafiosi per conto dei detenuti. Quello che si legge nelle intercettazioni è comunque vergognoso e gravissimo", questa la dichiarazione della parlamentare di Italia Viva, Giuseppina Occhionero, commentando l'arresto del suo ex collaboratore. "La collaborazione con me, durata solo quattro mesi, era nata in virtù del suo curriculum, in cui si spacciava per docente universitario oltre che di studioso dei diritti dei detenuti. Non appena ho avuto modo di rendermi conto che il suo curriculum e i suoi racconti non corrispondevano alla realtà - spiega la deputata - ho interrotto la collaborazione. Le visite in carcere peraltro sono parte del lavoro parlamentare a garanzia dei diritti sia dei detenuti sia di chi vi lavora". Infine dichiara: "Ora sono profondamente amareggiata, ma la giustizia farà il suo corso. Mi auguro nel più breve tempo possibile. Pur essendo del tutto estranea alla vicenda, sono comunque a disposizione della magistratura per poter fornire ogni elemento che possa essere utile". 

BERNARDINI: "NICOSIA NON MI PIACEVA" - "A me non piaceva come operava quando io ero segretario dei Radicali Italiani e lui era iscritto al movimento. Poi i rapporti si sono interrotti quando lui è entrato nel comitato nazionale dei Radicali Italiani ed io nel Partito Radicale". Lo afferma all'Adnkronos Rita Bernardini, membro del Consiglio Generale del Partito Radicale.   "Mi sembrava più un esaltato non mi piaceva e avevamo avuto delle divergenze proprio su come devono essere effettuate le visite in carcere".