Non ha ucciso il fratello ma, anzi, con quell’iniezione di sedativo voleva alleviarne le sofferenze di malato terminale di cancro. Marzia Corini, medico anestesista, è stata assolta nell’appello bis dall’accusa di aver causato la morte del fratello Marco Valerio, scomparso ad Ameglia, Comune dello Spezzino al confine con la Toscana, a soli 52 anni nel settembre 2015. Secondo le tesi sostenute dall’accusa, la sorella gli avrebbe iniettato una dose letale di Midazolam che in poche ore lo avrebbe portato al decesso: per questo il procuratore generale ieri mattina ha chiesto per lei una condanna a 14 anni 2 mesi. Di diverso avviso i giudici della Corte d’assise d’appello di Milano che nel primo pomeriggio, dopo una breve consultazione in camera di consiglio, hanno assolto Marzia Corini "perché il fatto non sussiste", chiudendo con il loro pronunciamento il processo di secondo grado bis, incardinato dopo che la Cassazione aveva annullato con rinvio l’assoluzione della Corte d’assise d’appello, protagonista a sua volta di un ribaltamento della condanna di primo grado a 15 anni.
Alla lettura della sentenza ieri a Milano il medico spezzino ha abbracciato in lacrime i suoi avvocati Vittorio Manes e Giacomo Frazzitta. "Il primo pensiero è che questo sistema è sbagliato, si sono presi per otto anni la vita di una persona innocente – le sue parole – penso alle persone che non possono permetterselo. È un sistema da cambiare dalle fondamenta, io devo la mia vita ai miei due avvocati". E non manca un pensiero al fratello Marco Valerio, principe del foro conosciuto nei tribunali di tutta Italia, avvocato di molti vip e per un periodo anche presidente dello Spezia calcio. "Da ora in poi – ha detto ancora la 59enne – comincerò a elaborare il lutto per mio fratello, finora ho solo ripercorso per centinaia di volte la sua agonia".
Nel corso dell’udienza a fronte della richiesta di condanna a 14 anni, i legali di Marzia avevano ribattuto sostenendone l’innocenza. "La morte fu per cause naturali, lei seguì il protocollo delle cure palliative – il passaggio dell’arringa dell’avvocato Vittorio Manes –. Quell’iniezione venne eseguita la mattina e la morte avvenne la sera: tutti i testi dicono che Corini è morto dopo 30-40 minuti di respiro affannoso". Fra i passaggi fondamentali del processo, le parole pronunciate dalla stessa Corini poco tempo dopo la morte del fratello e intercettate dai carabinieri. Frasi ritenute "una confessione" dal procuratore generale Francesca Nanni. "Non contano i deliri o i rimorsi di Marzia, contano le prove – la tesi della difesa –. Corini era affidato alle cure palliative e lei ha seguito esattamente il protocollo". Fu il fratello, ha ricordato Manes a chiedere "alla sorella di non farlo soffrire con quelle cure".
Marco Corini è morto il 25 settembre 2015, l’indagine era partita dall’esposto sul testamento presentato da un amico dell’avvocato. Il 13 febbraio 2016 Marzia Corini è stata raggiunta da un’ordine di custodia cautelare ai domiciliari con l’accusa di omicidio volontario aggravato, nel 2021 è stata condannata a 15 anni in Corte d’assise a Spezia. Sentenza poi spazzata via dall’assoluzione in appello a Genova nel 2022. Poi il nuovo colpo di scena quando la Cassazione l’anno scorso ha annullato l’assoluzione con rinvio alla Corte di appello di Milano, che ieri ha stabilito come Marzia Corini volesse solo alleviare le sofferenze del fratello, non ucciderlo.