di Cosimo Rossi
Sulla maternità surrogata o "gestazione per altri" (Gpa, ndr.), come formalmente definita, è una parte consistente e autorevole dell’universo femminista a essere fermamente contraria. A cominciare proprio da Milano, dove l’esposto del luglio scorso contro il riconoscimento delle coppie omogenitoriali attivato dal sindaco Sala porta la firma delle Rete per l’inviolabilità del corpo femminile e Radfem precisamente a partire dalla stigmatizzazione della pratica dell’utero in affitto. Argomento controverso in una giungla di problematiche – inerenti femminismo, famiglia patriarcale, adozioni, diritti di figli e genitori – che a maggior ragione per questo necessiterebbero di "una discussione e una riflessione approfondite all’interno del Pd e della sinistra non intossicata dal vivaio di polemiche deflagrate in queste ore", come rileva in confidenza un’autorevole ex ministra.
In realtà sono due gli ordini dei problemi per il centrosinistra: il primo riguarda i genitori omosessuali e il loro riconoscimento, che incontra la comprensibile diffidenza della componente cattolica; l’altro invece riguarda appunto la maternità surrogata, riguardo cui la parte maggioritaria della sinistra è fermamente contraria, sebbene settori del mondo femminismo rilevino che comunque occorre una disciplina per regolare la materia e i diritti della donna, dal momento che il problema esiste.
Sta di fatto che per la maggioranza sia laica che cattolica della sinistra e il femminismo la tutela dei figli delle coppie omogenitoriali non deve dar adito fraintendimenti sul no alla Gpa. "Anche perché – rileva Luana Zanella, capogruppo alla camera di Alleanza Verdi e Sinistra – la maternità surrogata, così come praticata nel mondo, dal punto di vista giuridico prevede un contratto in cui l’oggetto è la vita umana: che si tratti del corpo della gestante o del frutto della gestazione". Perciò l’esponente ecofemminista reputa che si tratti di "una pratica inaccettabile che dovrebbe essere oggetto di un’interdizione internazionale".
A partire dal no alla Gpa la cattolica del Pd Silvia Costa chiede però di aprire nel partito "uno spazio in cui mettere a confronto le diverse sensibilità e culture politiche su questo tema". Da cattolica, infatti, per Costa "il primo diritto di un bimbo è quello ad una madre e un padre, a un’identità biologica e familiare e a poter conoscere le proprie origini e questo non avviene nella coppia omosessuale che ricorre alla maternità surrogata, in cui un bambino viene programmaticamente privato alla sua nascita della relazione con la madre". Un attestato a favore delle coppie eterosessuali, dunque, difficilmente sincronizzabile con le proposte in cantiere. Ma che evidenzia anche come la questione si ponga in modo differente anche per le coppie omogenitoriali di donne e di uomini.
In attesa che la proposta Pd veda la luce, per Zanella va riconosciuta "una differenza tra la madre lesbica che consente alla compagna di essere la co-madre" e "invece il riconoscimento di co-paternità", che "deve avere meno automatismo". Per l’ex presidente di Arcigay Aurelio Mancuso quello che serve è un intervento legislativo sulle adozioni. E dal momento che anche la Consulta ha esortato il parlamento a regolare la materia, Zanella annuncia una proposta di legge "che preveda possibilità di riconoscimento dei figli attraverso una forma accelerata e non costosa di adozione da parte del padre". Una intervento comunque urgente dal momento che in Italia le adozioni sono una giungla in cui le coppie hanno enormi difficoltà a districarsi; per non parlare dei single.