Giovedì 14 Novembre 2024
RITA BARTOLOMEI
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Cronaca

Alberi killer, incubo insetti. “Rischio grave, ecco cosa serve”

Giuseppe Scarascia, professore di Scienze forestali all’Università della Tuscia e responsabile dell’Istituto forestale europeo sul verde urbano: “Occorre un censimento che oggi non esiste. E questa carenza è molto pericolosa”

Roma, 21 ottobre 2024 - Alberi killer o comunque pericolosi: e non c’è bisogno di eventi estremi. Il verde nelle nostre città sembra sempre più fragile. E sempre più spesso i cittadini si trovano davanti al trauma di un gigante verde che si schianta di colpo, mettendo a rischio prima di tutto la vita delle persone ma provocando anche ingenti danni. Ma qual è lo stato dell’arte? E come si possono prevenire questi rischi? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Scarascia, professore di Scienze forestali all’Università della Tuscia e responsabile dell’Istituto forestale europeo sul verde urbano.

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"Non esiste un censimento degli alberi”

Ma esiste un censimento degli alberi in Italia? “No - chiarisce l’esperto –. E questo rappresenta un problema, prima di tutto di sicurezza”. E tanto meno esiste una ‘mappa’ degli alberi malati. Chiarisce il professore: “Ci sono analisi che riguardano i singoli casi, come ad esempio Roma con i danni alle pinete di pino domestico. E c’è una norma che ingiunge ai proprietari di intervenire con trattamenti contro gli insetti che attaccano queste piante”.

Le malattie degli alberi

Ma quali sono la malattie che fanno ‘schiantare’ gli alberi, magari di colpo? “Di colpo mai, le piante muoiono sempre nell’arco di mesi – corregge il professore -. Possiamo riconoscere i segnali: attacchi da funghi che ‘mangiano’ radici e chiome o da insetti parassiti come la cocciniglia tartaruga del pino domestico, il bostrico tipografo che sta infestando l’abete rosso sulle Alpi, il verme rosso che attacca le palme”.

Perché gli alberi cadono

Le altre motivazioni che portano alla caduta degli alberi, chiarisce Scarascia, “sono legate a una combinazione di fattori diversi, ad esempio ai danni provocati dall’uomo alle radici. Non sono visibili, quindi non ce ne accorgiamo”. Così, “quando ci sono eventi estremi come danni da vento, tempeste oppure nevicate pesanti, alla fine può succedere che alcune piante cedano all’improvviso. Ma le cause sono da ricercare sulla storia della gestione delle alberature. E questo è un grosso problema. Perché gli interventi sulle infrastrutture stradali sono frequenti ma non c’è una registrazione di quello che succede negli anni a carico degli alberi. E questo può provocare un pericolo di cui non siamo a conoscenza”.

Cosa si dovrebbe fare

L’analisi del professore è diretta: “Servirebbe un censimento degli alberi che consente di avere foto di tutte le alberature e che può essere regolarmente aggiornato con una analisi di Gis, geoposizionamento di ogni singola pianta. Chi lo dovrebbe fare? Le amministrazioni comunali con i professionisti esperti del verde, agronomi, forestali e architetti del paesaggio. E sulle situazioni di maggior rischio occorrerebbe anche un’indagine strumentale”.

Raggi x e sonde: gli strumenti

Ma come si possono capire i danni non visibili ad occhio nudo? “Ci sono almeno tre indagini da fare – spiega il docente -. Quella visiva, che ci consente di raccogliere la valutazione di stabilità degli alberi e che dà una serie di informazioni. Poi l’indagine strumentale, resistograph, ci dà la possibilità di inserire una sonda nel tronco e ci consente di verificare se ci sono cavità inaspettate. Quindi la tomografia, sulla presenza di vuoti, cavità o zone di minore resistenza alla trazione”.