Di Lorenzo Bianchi

La creazione di “zone cuscinetto” a Gaza per gli Usa non esiste. Matthew Miller, portavoce del Dipartimento di stato, ha detto nel suo briefing quotidiano che Washington si oppone a qualsiasi riduzione delle dimensioni del territorio della Striscia. Il premier israeliano Benjamin  Netanyahu intona un controcanto: ”Stiamo lavorando per ottenere un altro accordo per liberare i nostri prigionieri, ma, sottolineo, non ad ogni costo. Abbiamo precise linee rosse: non porremo fine alla guerra, non ritireremo le nostre forze armate dalla Striscia, non rilasceremo migliaia di terroristi”. Il primo ministro vuole “eliminare Hamas e garantire che non rappresenti mai più una minaccia”. Ieri un altro soldato israeliano è caduto. E’ la vittima numero 224 dell’offensiva di terra cominciata il 27 ottobre. Ha perso la vita il maggiore Yitzhak Hoffman, 36 anni. Il Gabinetto di guerra israeliano deve ancora esaminare i termini dell’eventuale accordo, nonostante ne abbia già discusso. Il premier Benyamin Netanyahu – ha fatto sapere la tv israeliana Canale 14 – ha incontrato una rappresentanza delle famiglie degli ostaggi che si trovano ancora a Gaza e ha ribadito il suo impegno “a riportare tutti a casa”. Sul tavolo, secondo quanto riferito dal quotidiano “Washington Post”, ci sarebbero 6 settimane di tregua e un’uscita dell’esercito israeliano dalle aree fortemente abitate di Gaza in cambio del rilascio di tutti i rapiti. Prima le donne, i bambini e gli anziani, poi i militari e per ultime le salme dei morti in cambio di un numero di carcerati palestinesi compreso fra i 100 e i 150 per ogni ostaggio.

Una delegazione di Hamas ha raggiunto Il Cairo per esaminare la bozza e un alto esponente israeliano ha riferito alla tv statunitense “Nbc” le “forti indicazioni” che l’accordo, mediato domenica scorsa a Parigi dai capi delle agenzie di sicurezza di Usa, Qatar ed Egitto, stia andando avanti. Il segretario di stato americano Antony Blinken, da sabato sarà per la sesta volta in Israele dall’inizio della guerra. Arriverà a Tel Aviv subito dopo che il leader centrista Yair Lapid si è detto disponibile a entrare al governo fornendogli “una rete di protezione” se la destra radicale dei ministri Itamar Ben Gvir (Potere ebraico) e Bezalel Smotrich (Sionismo religioso) dovesse lasciare la coalizione di maggioranza ritenendo “irresponsabile” un accordo con Hamas che fermi in qualche modo il conflitto. Nel giorno di guerra numero 117 Israele ha continuato le sue operazioni in tutta la Striscia, ma specialmente nel sud. In un raid aereo a Rafah, ad un passo dall’Egitto, è stata centrata un auto. Le quattro persone a bordo sono morte. Tra queste -precisa il portavoce militare israeliano – un “importante cambiavalute, al servizio della Jihad islamica”. A Gaza sale il bilancio delle vittime. Secondo il ministero della sanità di Hamas, che non distingue tra civili e miliziani, sono 26.900 e 65.949 feriti. Nelle ultime 24 ore gli uccisi sono stati 150. La Striscia è diventata “inabitabile”, ha denunciato l’Onu. Metà degli edifici di Gaza sono danneggiati. L’Oms, Organizzazione del Palazzo di vetro per la sanità, denuncia che la “popolazione muore di fame”. L’Unicef calcola che nella Striscia siano circa 19.000 i bambini rimasti orfani o senza alcun adulto che si prenda cura di loro.

Sul Mar Rosso la tensione non si è spenta. Gli Houthi filoiraniani hanno lanciato missili navali contro il cacciatorpediniere americano Uss Gravely che li avrebbe abbattuti. La coalizione anglo-americana ha bombardato postazioni militari nella regione settentrionale di Saada, roccaforte delle forze Houthi. Una delegazione di alti esponenti di Hamas, guidata dal capo del Movimento di Resistenza islamica Ismail Haniyeh, è al Cairo per incontrare il capo dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel, e per discutere del possibile accordo.

Secondo la radio militare israeliana Mohammed Jalamneh aveva contatti con il quartier generale di Hamas all’estero e aveva trasferito armi e munizioni a cellule armate. Aveva “tratto ispirazione dalle stragi del 7 ottobre e progettava un’incursione simile in un insediamento ebraico in Cisgiordania”. Pochi giorni fa è apparso incappucciato in un video nel quale si presentava come “leader e portavoce militare del battaglione di Jenin delle Brigate Ezzeddin al-Qassam”,  il braccio militare di Hamas. Il 30 gennaio a Jenin, in Cisgiordania, membri di un’unità d’elite israeliana travestiti da medici e accompagnati da una donna dei servizi segreti che indossava abiti palestinesi hanno fatto irruzione in una stanza dell’ospedale Avicenna e lo hanno fulminato nel suo letto assieme a Mohammed e Basel Ghazawi, due miliziani della Jihad islamica. Per le esecuzioni sono state utilizzate pistole con il silenziatore. Quando è scattato l’allarme, gli agenti erano già rientrati in territorio israeliano, distante da Jenin pochi minuti di automobile.

In una riunione alla quale hanno partecipato il capo di Stato maggiore Herzi Halevi ed il capo dello Shin Bet, il controspionaggio interno di Gerusalemme, Ronen Bar è stato deciso, secondo la radio militare, che in questo caso era necessaria l’eliminazione fisica perché progettavano “un grave attentato”. È stato lo Shin Bet a individuare il nascondiglio dei tre miliziani, una stanza al terzo piano del nosocomio. Le immagini di una telecamera di sicurezza hanno mostrato frammenti della fase conclusiva dell’operazione. Uno dei membri del commando ha con sé un seggiolino da bambino. Dieci minuti, secondo i media, sono bastati al commando per entrare, eliminare i tre sospetti ed uscire indisturbato. “È un crimine vile che non resterà senza risposta», ha annunciato Hamas.

Domenica 28 gennaio tre soldati americani sono stati ammazzati da un drone e venticinque hanno riportato ferite. Sono i primi dal 7 ottobre 2023, il giorno della carneficina di Hamas nel sud di Israele. Secondo Il “Wall Street Journal” è stata colpita la Tower 22, un piccolo avamposto statunitense vicino alla base siriana di al – Tanf. “Abbiamo avuto una brutta giornata ieri in Medio Oriente e risponderemo” ha garantito il presidente statunitense Joe Biden durante un evento elettorale in South Carolina, prima di chiedere un minuto di silenzio alla folla riunita nella banquet hall di una chiesa battista. Sami Abu Zuhri, un portavoce di Hamas, ha definito l’attacco “l’ avvertimento all’amministrazione americana che, se non si fermera’ l’uccisione di persone innocenti a Gaza, potrebbe trovarsi contro l’intera nazione islamica”. Le tre vittime statunitensi sono il sergente William Rivers, 46 anni, di Carrollton, Georgia; lo specialista Kennedy Sanders, 24 anni, di Waycross, Georgia e lo specialista Breonna Moffett, 23 anni, di Savannah, Georgia. Erano tutti assegnati alla 718ª Compagnia del Genio, un’unità della Riserva dell’Esercito degli Stati Uniti con sede a Fort Moore, in Georgia, ha detto il vice segretario stampa del Pentagono Sabrina Singh.

La Resistenza islamica irachena ha rivendicato di aver messo a segno tre azioni belliche  in altrettante località siriane il 28 gennaio. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha pubblicato la notizia che subito dopo i miliziani sostenuti dall’Iran si sono ritirati da al – Bukamal, una città sul fiume Eufrate nel Governatorato di Deir el-Zor, e hanno sgombrato tutte le loro posizioni nell’area del villaggio di al – Rahba, pericolosamente vicino alla città di al Mayadeen e alla base americana di Ain Ali. Gli uomini in armi si sarebbero nascosti in edifici civili. Secondo la stessa fonte camion dotati di batterie per il lancio di razzi si sono avvicinati al – Ain per bloccare eventuali attacchi delle forze di Washington. Da Gaza trapela la notizia che dopo 114 giorni di guerra l’ottanta per cento della rete di tunnel sarebbe ancora intatto. Nove membri dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che assiste i profughi palestinesi, sono stati licenziati perché avrebbero partecipato alla carneficina del 7 ottobre. Uno è stato ucciso. Su altri due è in atto “una fase di chiarimento”.

Il ministero della sanità di Gaza, controllato da Hamas, ha denunciato che il 26 gennaio venti persone sono state uccise a Gaza City. Alla rotonda Kuwait di Zaitoun, un luogo nel quale non si combatte da diversi giorni, i militari israeliani hanno aperto il fuoco su una folla di disperati che si accalcava per prendere viveri, tende e bancali di legno. I morti sarebbero venti, i feriti più di 150. A Khan Younis centinaia di persone sono scese in piazza innalzando bandiere bianche eagitando taniche d’acqua vuote.

Ventuno soldati israeliani, tutti riservisti, sono stati fulminati da un razzo anticarro di Hamas che ha rivendicato l’azione. La strage è avvenuta nell’area di Almaazi, nel centro della Striscia. Attorno alle 16 di lunedì 22 gennaio i militari stavano minando due edifici. La distruzione dei palazzi a ridosso del confine era stata progettata per creare una zona cuscinetto che avrebbe dovuto consentire il ritorno dei cittadini dello stato ebraico nei kibbutz che sono stati abbandonati dopo il massacro del 7 ottobre. Un primo razzo ha colpito un carro armato che avrebbe dovuto proteggere i riservisti che stavano piazzando le cariche esplosive. Nello stesso momento, ha ricostruito il contrammiraglio Daniel Hagari, portavoce delle Forze Israeliane di Difesa, sono deflagrate cariche esplosive dentro le due palazzine uccidendo i militari: l’ipotesi più verosimile è che la detonazione delle mine sia stata in qualche modo attivata dal razzo anticarro lanciato dai miliziani o da un secondo missile. Il bilancio complessivo delle vittime militari poi è salito a 24. Altri tre soldati hanno perso la vita in altri contesti.

Stati Uniti, Unione Europea, Onu e i Paesi arabi moderati hanno un piano per il futuro di Gaza. Prevede un cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi, la normalizzazione delle relazioni fra l’Arabia Saudita e Israele che potrebbe portare all’isolamento dell’Iran. Il presidente americano Joe Biden però chiede in cambio a Gerusalemme la creazione di uno stato palestinese nel quale Hamas non abbia neppure l’ombra di un ruolo e che sia guidato dall’Autorità Nazionale che ora è presieduta da Abu Mazen. Venerdì sera, il 19 gennaio, la risposta di Benjamin Netanyahu a Biden, nella prima conversazione dopo un mese di silenzio, è stata un secco no. La Striscia dovrà essere “smilitarizzata e restare sotto il pieno controllo di sicurezza israeliano”.

Il 18 gennaio la sanguinosa spirale delle rappresaglie ha coinvolto anche il Pakistan. Nella notte Islamabad  ha lanciato raid aerei contro gruppi militanti in armi nell’area di Saravan, una città della provincia iraniana Sistan – Baluchistan che confina a oriente con il territorio pachistano. Nove persone hanno perso la vita. Sono quattro bambini, tre donne e due uomini. Teheran nella notte fra il 15 e il il 16 gennaio aveva a sua volta lanciato missili e droni contro Jaish al Adl, l’esercito della giustizia, fulminando 4 persone, due erano minori. Da anni il Pakistan – dotato di armi nucleari – e l’Iran – sotto osservazione internazionale per il suo programma atomico – si accusano a vicenda di ospitare gruppi di separatisti baluci lungo i 1000 km di frontiera comune. Il premier pachistano ad interim Anwar-ul-Haq Kakar è tornato immediatamente da Davos per seguire gli sviluppi della situazione. Il suo ministero degli Esteri ha spiegato che l’operazione “Marg Bar Sarmachar” (morte agli insorti) “ha preso di mira con “attacchi militari di precisione” terroristi pronti a colpire”.

Nella notte fra il 15 e il 16 gennaio le forze aeree dei Pasdaran iraniani avevano lanciato missili balistici su Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno, e su Aleppo per vendicare gli 89 caduti a Kerman nel doppio attentato contro i cortei diretti verso la tomba del generale Kassem Suleimani nel quarto anniversario della sua uccisione a Baghdad per mano degli americani.  Secondo le autorità locali A Erbil hanno perso la vita almeno 4 civili. Uno è il noto imprenditore immobiliare Peshraw Dizayee, ucciso assieme ad altre persone della sua famiglia. Ad Aleppo sarebbero stati distrutti “i luoghi di raduno dei comandanti e dei principali elementi legati alle recenti operazione terroristiche, in particolare lo Stato Islamico”. Qualche ora dopo l’Iran ha colpito in Pakistan un “gruppo terrorista” che aveva “cercato di infiltrarsi sul suo territorio per compiere sabotaggi”. Il blitz, con droni e missili, ha preso di mira il quartier generale del Jaish al-Adl, movimento separatista sunnita del Baluchistan che darebbe ospitalità ai miliziani iraniani. Islamabad ha denunciato la morte di due bambini ed ha convocato il rappresentante diplomatico della teocrazia iraniana.

Domenica 14 gennaio due ostaggi israeliani hanno parlato in un video diffuso da Hamas. Il giorno dopo sono due corpi immoti e lividi. Sono Yossi Sharabi (53 anni) e Itay Svirsky (38 anni), entrambi rapiti il 7 ottobre scorso nel kibbutz di Be’eri. Con loro ancora in vita c’era Noa Argamani, 26 anni, sequestrata al rave di Reim, ripresa nei filmati del 7 ottobre mentre viene portata a Gaza su una moto. Prima di morire Yossi e Itay si muovono come nei giochi delle slot machine accompagnati da una scritta cinica: “Che pensi? Ancora vivi? Tutti morti? O alcuni vivi e alcuni morti?”.

Nel filmato del giorno dopo Hamas fa dire a Itay Svirsky, prima di mostrare il suo corpo senza vita, che Netanyahu deve “fermare la guerra” e riportare gli ostaggi a casa”. Poi Noa Argamani racconta come  sarebbero deceduti i suoi compagni, detenuti in un primo momento in un edificio. “Quando il palazzo è stato bombardato dall’esercito israeliano – dice davanti alla telecamera – due razzi sono esplosi e uno no. I soldati delle Brigate Ezzaddin al Qassam hanno recuperato me e Itay e ci hanno portato in un altro posto”. “C’è stato – ha precisato la prigioniera – un ulteriore attacco aereo israeliano, Itay è stato colpito, io sono rimasta ferita alla testa e in altre parti del corpo (ma nelle immagini non si vedono lesioni ndr.). Yossi e Itay sono morti per gli attacchi dell’esercito: fermate questa follia e riportateci a casa”. Poi, impietose e da vicino, le immagini mostrano le salme dei due uomini avvolte in un lenzuolo bianco. Il portavoce delle forze armate dello stato ebraico Daniel Hagari ha negato che gli ostaggi siano stati uccisi nei raid aerei israeliani. Nell’area vicina a Rafah centinaia di sfollati hanno assaltato i camion degli aiuti umanitari. Continua a riscaldarsi il fronte libanese. Un missile anticarro sparato dagli Hezbollah contro il kibbutz Kfar Yuval ha ucciso Barak Ayalon, 46 anni, membro della squadra di sicurezza della comunità e sottoufficiale della riserva, e la madre Miri, 76 anni.

La notte dell’11 gennaio i raid degli Stati Uniti e della Gran Bretagna in Yemen hanno provocato la morte di cinque miliziani Houthi filoiraniani. I feriti sono sei. Settantatre incursioni hanno colpito la capitale Sanaa e i governatorati di Hodeidah, di Taiz, di Hajjah e di Saada. Da metà novembre gli uomini in armi sciiti avevano messo a segno 27 attacchi sul Mar Rosso attraversato dal 12% del commercio globale. I cargo sono stati costretti ad abbandonare la rotta che attraversa il Canale di Suez e a circumnavigare il continente africano, con ricadute pesanti sui tempi degli approvvigionamenti, sulla produzione e sui prezzi. L’ultimo missile, sparato appena poche ore dopo i raid degli Usa e del Regno Unito, è caduto in acqua a poche centinaia di metri da una nave, ha riferito la United Kingdom Maritime Trade Operations. “Il nostro obiettivo resta quello di allentare le tensioni e di ripristinare la stabilità nel Mar Rosso”, hanno affermato in una dichiarazione congiunta Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Bahrein, Canada, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda e Corea del Sud. “Tutti gli interessi americani e britannici sono diventati obiettivi legittimi”, ha proclamato Hussein al Ezzi, viceministro degli esteri degli Houthi .

Il numero delle vittime nella Striscia di Gaza, in particolare di civili e di bambini “è troppo alto”. La critica a Israele arriva dal rappresentante degli Stati Uniti, un Paese che ha finanziato sempre e generosamente Gerusalemme garantendo aiuti militari per un valore di 3,7 miliardi di dollari all’anno, un flusso di denaro costante incrementato di 14 miliardi dopo il massacro del 7 ottobre.   Secondo Ismail Haniyeh, il capo politico di Hamas, esiliato in un lussuoso albergo a sette stelle di Doha, la capitale del Qatar, Israele “non sarà mai in grado di recuperare tutti i suoi ostaggi, se non libererà tutti i nostri prigionieri richiusi nelle sue carceri”.

Il 9 gennaio, il giorno dopo l’uccisione dell’alto comandante di Hezbollah Wissam al-Tawil che aveva un ruolo di primo piano nella direzione delle operazioni militari nel meridione del Paese dei cedri, i miliziani del Partito di Dio hanno colpito e danneggiato il quartier generale del Comando Nord delle Forze Israeliane di Difesa a Safed. Israele ha reagito eliminando Ali Hussein Barji, capo delle forze aeree degli Hezbollah nel sud del Libano. Lo ha ucciso un missile. Era su un’auto nella città di Khirbet Selm, poco prima del funerale di al-Tawil. Altri tre uomini in armi di Hezbollah sono stati uccisi mentre attraversavano in auto la città di Ghandouriyeh.

Il blitz contro Tawil è stato la reazione di Gerusalemme a un attacco degli Hezbollah che ha danneggiato il giorno prima un centro di difesa israeliano sul monte Meron. I missili Kornet usati dai libanesi avrebbero perforato il sistema di difesa Iron Dome. In un’intervista al “Wall Street Journal” Gallant ha avvertito le autorità libanesi: senza un accordo che consenta agli abitanti dell’Alta Galilea di tornare alle proprie case (bombardate da Hezbollah), “abbiamo la capacità di fare un copia-incolla di Gaza con Beirut”. L’esercito in serata ha annunciato di aver ucciso Hassan Akasha, un esponente di Hamas responsabile dei lanci di razzi dalla Siria.

 I giornalisti palestinesi caduti sarebbero 102. Uno degli ultimi è Hamza al Dahdouh figlio di Wael, il corrispondente di “al Jazeera” da Gaza. Gallant ritiene che il conflitto potrebbe durare per tutto il 2024.I militari israeliani sostengono di aver scoperto nei tunnel di Daraj e di Tuffah, due quartieri di Gaza City, razzi e testate di missili cruise a lungo raggio e teleguidati sviluppati da Hamas con l’aiuto dell’Iran.

Sessantadue razzi di vari modelli dal sud del Paese dei Cedri erano piombati sull’area del monte Meron. E’ stata la prima risposta all’uccisione a Beirut del numero due di Hamas Saleh al Arouri. Li hanno lanciati sia gli Hezbollah sia il gruppo sunnita Jamaa al Islamiya, filiale libanese dei Fratelli Musulmani. Hanno preso di mira la città di Kiryat Shmona evacuata subito dopo la carneficina del 7 ottobre.  La risposta di Gerusalemme sono stati raid aerei su Ait ash Shàab, Yaroun e Ramyah. Non contenti, l’esercito di Israele e il controspionaggio interno hanno ucciso il sei gennaio Ismail Siraj e il suo vice Ahmed Wahaba, che guidavano il battaglione Nuseirat di Hamas e avrebbero partecipato all’assalto al kibbutz Be’eri.

Almeno 12 persone sono rimaste uccise nel bombardamento che ha distrutto un’abitazione a Mawasi, nel sud della Striscia, in un’area che l’esercito israeliano aveva dichiarato “zona sicura”. Secondo funzionari dell’ospedale Nasser di Khan Yunis, tra le vittime c’è una coppia con i suoi 7 figli e altri tre bambini, tutti tra i 5 e i 14 anni di età. La Mezzaluna Rossa denuncia anche un caduto e sei feriti in un raid contro il suo quartier generale nella città. Secondo l’agenzia palestinese “Wafa”, altre 6 persone sono morte in un attacco aereo su terreni agricoli che ospitavano gli sfollati a ovest di Khan Yunis. Le forze armate israeliane e lo Shin Bet hanno comunicato che un raid aereo ha ucciso Mahmoud Lulu, “assistente” dei comandanti della divisione nord della Jihad Islamica.

Nello stretto di Bab el Mandeb quattro piccole imbarcazioni dei miliziani yemeniti filoiraniani Houthi hanno tentato di abbordare la portacontainer Maersk Hangzhou alle 6 e 30 locali del 31 dicembre, le 4 e 30 in Italia. Da novembre le forze dei ribelli hanno attaccato le imbarcazioni nel Mar Rosso piu’ di 100 volte con droni e missili per dimostrare il loro sostegno a Hamas dopo la carneficina del 7 ottobre e l’invasione della Striscia. La nave attaccata, la Maersk Hangzhou, e’ registrata a Singapore ed e’ gestita e posseduta dalla danese Maersk, una delle piu’ grandi compagnie di navigazione al mondo. La Maersk aveva ripreso a utilizzare la rotta attraverso lo stretto solo pochi giorni fa, dopo che gli Stati Uniti e gli alleati avevano lanciato una missione per proteggere le navi nella zona. Muniti di mitragliatrici e di armi leggere, gli Houthi sono arrivati a meno di 20 metri dalla portacontainer e hanno tentato di salire a bordo. L’equipaggio della nave ha lanciato una chiamata di soccorso e una sua squadra di sicurezza ha risposto al fuoco. Gli elicotteri della vicina portaerei americana Eisenhower e del cacciatorpediniere Gravely sono stati colpiti mentre “mentre avvertivano i miliziani” di allontanarsi. I velivoli “hanno risposto al fuoco per legittima difesa, affondando tre “barchini”. Dieci miliziani sono stati uccisi. E’ stato il secondo attacco alla Maersk Hangzhou in 24 ore, dopo quello sventato il 30 dicembre, quando i cacciatorpediniere Gravely e Laboon hanno intercettato i missili antinave che sono stati lanciati dalle aree controllate dagli Houthi.

Gli Hezbollah sostengono di aver lanciato verso Israele, solo il 27 dicembre, circa 90 tra droni e razzi, dal 7 ottobre un record assoluto . “Se il mondo ed il governo di Beirut – ha ammonito Benny Gantz, ministro del gabinetto di guerra israeliano – non agiranno per far cessare gli spari contro le nostre località nel nord e non obbligheranno gli Hezbollah ad allontanarsi dal confine, le nostre forze armate provvederanno». Herzi Halevi, capo di stato maggiore delle Forze Israeliane di Difesa (Idf in acronimo inglese), ha detto che i suoi soldati sono in “allerta elevata” alla frontiera e pronti “ad attaccare se necessario”. L’aumento di attacchi dal Libano è stato registrato il giorno dopo un’incursione israeliana che è costata la vita a un miliziano Hezbollah libanese, al fratello dell’uomo e alla cognata. Nello stesso giorno l’Iran ha giurato vendetta per l’uccisione del generale di brigata Razi Mousavi nella periferia di Damasco. L’agenzia di stampa iraniana “Irna” gli attribuisce un ruolo di stretta collaborazione con il generale Kassem Suleimani, il capo delle forze speciali Al Quds fulminato da un raid statunitense nel 2020. Mousavi sarebbe stato freddato dopo che era entrato in una fattoria nell’area della capitale siriana. Secondo il giornale on line “Times of Israel ” alle 10 circa 18 razzi sono stati lanciati su Rosh Hanikra, una città costiera. Diverse ore dopo una seconda raffica di missili ha raggiunto Kiryat Shmona. Tre droni carichi di esplosivo sono caduti sul monte Dov che ospita diverse postazioni di Gerusalemme. Un’operazione attribuita a Israele nella città libanese di Bint Jbeil ha provocato la morte di Ibrahim Bazzi, della moglie dell’uomo Shorouk Hammoud e del suo fratello Ali. Hezbollah ha definito formalmente Ibrahim Bazzi “martire sulla strada di Gerusalemme”, espressione che usa di solito per i suoi combattenti. “Times of Israel “ ha scritto che viveva in Australia e che era in Libano solo per vedere la consorte che aveva appena ricevuto un visto da Canberra.

Gli Stati Uniti guidano una nuova coalizione internazionale contro gli Houthi yemeniti, una creatura dell’Iran. Hanno già aderito, secondo il quotidiano on line “Times of Israel“, l’Italia, la Gran Bretagna,  il Canada, la Francia, l’Olanda, la Norvegia, la Spagna, le isole Seychelles e Bahrein. L’annuncio lo ha dato il ministro statunitense della difesa Lloyd Austin a Manama, la capitale del Bahrein, uno stato formalmente autonomo sul quale l’Arabia Saudita esercita una schiacciante influenza. Gli Houthi hanno attaccato diverse navi mercantili che attraversavano lo stretto di Bab el Mandeb, la porta meridionale del Mar Rosso. Dopo un colloquio all’alba del 19 dicembre fra il ministro della difesa Guido Crosetto e il suo pari grado americano Lloyd Austin, la scelta è  quella di anticipare l’invio della fregata Virginio Fasan che già ora partecipa alla missione antipirateria della Ue denominata “Atalanta”. La Fasan è dotata di missili Aster 30 e 15 che hanno un raggio di 100 chilometri. La reazione degli Houthi, espressa dal funzionario Mohammed Ali al Houth, è che a questo punto entreranno nel mirino degli integralisti islamici le navi di “qualsiasi Paese che si muove contro di noi nell’area”.

A Khan Yunis, nel sud dell’enclave, teatro dei combattimenti più intensi, sono state perquisite le case di vacanze di esponenti di Hamas, tra le quali quella del leader Yahya Sinwar, che nascondevano armi e tunnel. La rete di gallerie strategiche, larga abbastanza per farci passare i veicoli, è stata progettata da Muhammad Sinwar, fratello di Yahya, e scavata intenzionalmente vicino a un passaggio dedicato al passaggio degli abitanti di Gaza in Israele per lavoro e cure mediche.  “Molti sono costruiti in cemento armato e sono dotati di corrente elettrica, di ventilazione, di fognature, di reti di comunicazione e di binari. Settantanove tir carichi di aiuti sono passati per la prima volta il 17 dicembre attraverso il valico israeliano di Kerem Shalom per accedere a Gaza. Lo ha riferito una fonte della Mezzaluna rossa egiziana. Il posto di confine era stato chiuso dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre.

Fra le vittime israeliane c’è Gal Eisenkot, 25 anni, riservista, figlio di Gadi, ex capo di stato maggiore e attuale membro del Consiglio di guerra. L’esplosione di un imbocco di galleria lo ha investito in pieno. In questo scenario di morte un nuovo scandalo ha coinvolto il premier Benjamin Netanyahu. Al figlio Yair, secondo il quotidiano liberal “Haaretz”, è stato consegnato un passaporto diplomatico al quale non avrebbe avuto diritto, perché ha 32 anni e non 18, come prevede la legge. Nelle settimane scorse la stampa si era chiesta perché fosse rimasto negli Stati Uniti, Paese che lo ospitava da mesi, e non fosse rientrato in Israele. In una conferenza stampa il premier aveva spiegato che stava organizzando raccolte di fondi. Nel frattempo Yair Netanyahu è tornato in patria. Ora si è offerto volontario per ‘Hatzolà’, un’associazione religiosa di assistenza. Ieri per l’ennesima volta il padre ha promesso che sradicherà Hamas dall’enclave senza coinvolgere l’Autorità Nazionale Palestinese.

Il Movimento di Resistenza Islamica ha denunciato che un attacco di Gerusalemme avrebbe ucciso prima della tregua anche un ostaggio in fasce. E’ Kfir Bibas. Aveva 9 mesi quando la sua famiglia è stata rapita nel kibbutz Nir Oz. Hamas sostiene che prima della tregua gli è stato fatale un raid israeliano che ha fulminato anche la madre Shiri e il fratellino Ariel, 4 anni. I miliziani tacciono invece sulla sorte del padre Yarden. La foto di Kfir con il ciuccio rosa in bocca è diventata virale. Le Forze israeliane di Difesa (in acronimo inglese Idf) stanno “valutando l’attendibilità dell’informazione”. Un portavoce dei militari ha accusato Hamas “di mettere in pericolo gli ostaggi, compresi nove bambini”. A Tel Aviv nella cosiddetta “piazza dei dispersi” i dimostranti agitano palloncini color arancione come il ciuffo di Kfir.

Il quotidiano israeliano liberal “Haaretz” ha pubblicato la notizia che una sottufficiale esperta dell’Unità 8200 più di un anno prima del 7 ottobre ha provato inutilmente ad avvertire i suoi superiori del massacro in preparazione con segnalazioni coerenti anche con i numerosi avvertimenti lanciati dalle donne osservatrici della Divisione di Gaza. A Gaza City l’intelligence israeliana ha arrestato il direttore dell’ospedale al Shifa Mohammed Abu Salmiya. E’ sospettato di aver consentito che Hamas usasse il luogo di cura “come un centro di comando e controllo” delle sue attività militari. E’ stato fermato mentre cercava di raggiungere il sud passando per la Salah-ad-Din, l’arteria che attraversa da nord a sud tutta la Striscia. Secondo fonti dell’ospedale Abu Salmiya stava accompagnando un convoglio di decine di malati che avevano appena lasciato lo Shifa. Per Israele invece stava tentando di fuggire. In segno di protesta l’evacuazione dell’ospedale è stata bloccata.  Sotto l’al Shifa è stata trovata una rete di tunnel di cemento armato, uno dei quali lungo 170 metri. In quell’area, scrive il quotidiano “Haaretz”, ci sono anche stanze climatizzate, utilizzate dai comandanti locali di Hamas. I corpi senza vita di centinaia di persone che erano nel luogo di cura sono stati sepolti in una fossa comune a Khan Younis, una località nella quale ieri 5 abitanti sono stati fulminati da un raid aereo di Gerusalemme sui quartieri orientali. Ventisette hanno perso la vita in un attacco al campo profughi di Jabalya. Il portavoce delle Forze armate ha accusato Hamas di aver nascosto razzi sotto il lettino di una bambina dietro una porta sulla quale campeggiava la scritta “baby girl”. In una telefonata intercettata due miliziani della Jihad islamica filoiraniana avrebbero detto di aver spostato armi su un passeggino.

Cento soldati israeliani erano entrati nell’ospedale al Shifa di Gaza City e avevano trovato armi e materiale di Hamas, ma nessuna traccia degli ostaggi . Prima dell’ingresso nella struttura sanitaria avevano ingaggiato un conflitto a fuoco con gli uomini in armi del Movimento di Resistenza Islamica. Quattro miliziani sono stati uccisi. Le Forze Israeliane di Difesa hanno lanciato volantini che avvisavano al popolazione di abbandonare Khuzaa, Bani Suheila e Karara tre località teoricamente collocate in una zona sicura della Striscia e cioè a sud dello Wadi Gaza. La sede del Parlamento della Striscia, nella quale i soldati della brigata Golani si erano fatti fotografare il 13 novembre è stata minata e fatta esplodere.  Daniel Hagari ha replicato che nel reparto delle risonanze magnetiche sono stati trovati “mezzi da combattimento, materiale di intelligence e militare di Hamas”. “Questo posto dopo il 7 ottobre – ha aggiunto – ha costituito un nascondiglio per circa 200 terroristi che avevano partecipato alle stragi e che sono scappati qua”. I soldati di Gerusalemme hanno rinvenuto infatti “uniformi delle quali i miliziani si sono sbarazzati” per poi confondersi con i civili. Nel cortile dell’al Shifa sono arrivati i cani. Si sono avvicinati ai cadaveri, li hanno annusati e divorati. Il direttore Mohammed abu Salmiya ha ordinato di scavare una fossa comune nella quale sono stati sepolti 179 corpi.  “C’erano salme – ha spiegato – che bloccavano i corridoi del complesso ospedaliero e le celle frigorifere degli obitori non hanno più corrente, perché ormai siamo privi di carburante”. Fra i sepolti anche 7 bambini e 29 pazienti che si trovavano in terapia intensiva.

In Cisgiordania 7 palestinesi sono stati uccisi dalle Idf a Tulkarem, 1 a Hebron e 1 a Jenin. A Tulkarem ruspe militari israeliane sono entrate nel campo profughi, hanno  abbattuto un monumento dedicato a Yasser Arafat, hanno demolito un arco con parole di benvenuto in città e raschiato l’asfalto nella via al-Madares. Quest’ultima era un’operazione preventiva per escludere il rischio che sotto vi fossero nascosti ordigni esplosivi, All’ospedale al Quds, sempre secondo le Forze Israeliane di Difesa, i militari hanno ucciso 21 miliziani delle Brigate Ezzeddin al Kassam, il braccio armato degli integralisti. Una squadra di uomini in armi, che si era introdotta nel luogo di cura assieme a un gruppo di civili, aveva cominciato a sparare contro i soldati di Gerusalemme con lanciagranate e con altre armi.

Secondo Daniel Hagari Hamas teneva ostaggi in un tunnel scavato vicino all’ospedale pediatrico al Rantisi (nella foto delle Idf ). La corrente veniva dalla struttura sanitaria. Alla base del tunnel – ha aggiunto Hagari, mostrando immagini – c’era una armeria utilizzata da Hamas. Al suo interno abbiamo trovato esplosivi, corpetti, per kamikaze, bombe a mano e lanciagranate Rpg. Nelle immediate vicinanze c’era una motocicletta “utilizzata nel corso dei massacri condotti in Israele il 7 ottobre”.  In un ambiente vicino sono stati trovati pannolini e un biberon di plastica per bebè. C’era anche una seggiola con alcune corde slacciate. Stiamo investigando la possibilità che qui siano stati tenuti ostaggi. Appeso ad un muro c’era un turno di guardia di miliziani di Hamas che era iniziato il 7 ottobre”.

Il presidente israeliano Isaac Herzog ha denunciato che è stata trovata una copia del “Mein Kampf” di Hitler sul corpo di un miliziano di Hamas rinvenuto nella stanza da letto di un bambino in una casa civile.  In un raid è stato ucciso Ahmed Siam, comandante del Naser Radwan Company che si era nascosto all’interno di una scuola. Siam, ha sostenuto l’esercito, teneva in ostaggio circa 1.000 abitanti di Gaza proprio nell’ospedale Rantissi e aveva impedito loro di fuggire verso sud.

I soldati delle Forze Israeliane di Difesa hanno trovato armi e altro materiale negli uffici di Mohammed Sinwar, fratello di Yahya, il capo di Hamas a Gaza. Subito dopo è stata annunciata la morte di Reua Hamam, nipote di Ismail Haniyeh, il numero uno di Hamas che vive in Qatar. A Jabalya sono stati uccisi Ahmed Musa e Omar Al-Hindi. Secondo l’esercito Musa il 7 ottobre era nel gruppo che ha guidato l’assalto alla base militare e al kibbutz di Zikim. Il terzo importante comandante militare di Hamas eliminato è Muhammed Kahlout, numero uno del reparto dei cecchini della Brigata di Gaza nord.

Il numero dei morti israeliani il 7 ottobre è stato ridotto da 1400 a 1200, perché molti cadaveri non sono stati identificati e ora si pensa che appartengano a terroristi e non a cittadini dello stato ebraico. L’esercito israeliano ha comunicato, il 6 novembre, di aver distrutto una rampa di lancio dei razzi piazzata dentro una moschea.  Oltre 50 sono stati trovati in una struttura “usata per attività giovanili”. Un raid aereo è costato la vita a Jamal Musa, numero uno delle operazioni speciali del Movimento di Resistenza Islamica, a Wael Asfeh, comandante del battaglione di Hamas di Deir al Balah e ad altri responsabili della Brigata Campi Centrali che hanno partecipato alla decisione di inviare le forze speciali Nukhba per uccidere più di 1200 israeliani il 7 ottobre. L’8 novembre è stato ucciso Mohsen Abu Zina, capo della produzione di armi di Hamas. Era “un esperto nello sviluppo di armi strategiche e dei razzi”, compresi i missili anti carro armato usati contro le truppe israeliane.  Dall’avvio delle operazioni sono state distrutte decine di imbocchi di tunnel. In molti di questi i soldati – ha spiegato un portavoce militare – hanno trovato batterie d’auto che si ritiene fossero collegate al sistema di filtraggio dell’aria.

Nella caccia ai capi di Hamas è stato ucciso Mustafa Dalul, comandante del Battaglione “Sabra Tel al-Hawà” che fin dall’inizio della guerra ha avuto “un ruolo centrale nell’organizzazione dei combattimenti”. Dalul, secondo la stessa fonte, “in questi anni ha ricoperto una serie di incarichi nei battaglioni di Hamas e nella brigata di Gaza City”. A Gaza è stato eliminato anche Muhammad Asar, l’ufficiale di Hamas che si occupava dei missili controcarro. Le operazioni aeree e di terra hanno preso di mira di nuovo il campo profughi di Jabalya, l’area nella quale il primo novembre, secondo Hamas, erano morte 50 persone. Nella notte, riferisce il quotidiano “Times of Israel”, il Movimento di Resistenza islamica è sbucato dai tunnel e ha tentato un agguato ai reparti israeliani che erano su mezzi blindati usando missili anticarro, droni e mortai. Venti miliziani sono morti.

 Nicole Shani Louk, la ragazza tedesca di 22 anni che era al rave di Re’im nel deserto del Negev, il 7 ottobre, è stata decapitata. Il filmato della giovane priva di sensi e adagiata su un pick up guidato dai miliziani di Hamas che la portavano a Gaza era stato postato sui social.  Di lei è stato trovato solo un frammento di un osso del cranio dal quale è stato prelevato un campione di Dna che coincide con quello della giovane.

Quaranta piccoli corpi, anche di neonati, decapitati, secondo una feroce tradizione islamica che ricorda le azioni dell’Isis in Siria, il Paese nel quale le teste staccate dai cadaveri venivano orientate verso la Mecca. Li hanno trovati i soldati di Gerusalemme nel kibbutz di Kfar Aza. Dormivano nelle loro culle o nel lettone di mamma e papà. La notizia è stata data da un soldato israeliano al canale televisivo “I24”. L’esercito ha annunciato che bandiere dello Stato islamico sono state trovate nei kibbutz di frontiera riconquistati, soprattutto in quello di Sufa, così come manuali di al Qaida sul corpo dei terroristi uccisi.

Al rave party erano partecipavano in più di tremila sparsi nel deserto vicino al kibbutz di Re’im, non lontano dal confine con la striscia di Gaza. Con il Music Festival la “Tribe of nova” voleva celebrare la natura nella festa ebraica di Sukkot con un evento di musica elettronica. Duecentosessanta giovani israeliani non torneranno più a casa. I loro corpi giacciono inerti sulla sabbia del deserto vicino ai tre palchi montati per ospitare decine di disk jockey. Un portavoce di Zaka, l’associazione religiosa che si occupa di raccogliere i cadaveri dopo gli attentati, precisa che la cifra dei morti aumenterà. Gli risulta infatti che molte famiglie stiano ancora cercando i loro figli.

Alle 6 e 29 di sabato 7 ottobre 2023 le sirene di allarme impazziscono e piovono missili. Piombano a terra anche parapendii guidati dai miliziani di Hamas, l’organizzazione radicale islamica che conserva gelosamente nel suo statuto il fine di distruggere Israele. Si materializzano a decine dal nulla di sabbia. Arrivano su moto e su furgoni blindati. “C’erano almeno 200 cadaveri sul posto”, racconta al “Secolo XIX” Yaniv, un paramedico miracolosamente sopravvissuto alla strage. Alle prime luci dell’alba del 7 ottobre, il giorno che chiude le feste ebraiche di Sukkot, come 50 anni fa durante l’offensiva araba dello Yom Kippur, da Gaza sono partiti 6000 missili. I miliziani – ai quali si sono uniti cani sciolti di Gaza dopo lo sfondamento della barriera di protezione che separa la Striscia da Israele – sono passati per 29 punti di confine. Alle 10 le Forze israeliane di difesa ammettono che palestinesi in armi sono entrati anche in almeno tre strutture militari lungo la frontiera, quella di Erez, la base di Zikim e il quartier generale della divisione di Gaza a Reim.  Uomini armati hanno messo a segno raid a Sderot, a Be’eri e a Ofakim, 30 chilometri a est di Gaza.