Martedì 30 Aprile 2024

La famiglia Lageder: una dinastia biodinamica

Il mondo del vino protagonista a Lariofiere

Il mondo del vino protagonista a Lariofiere

MAGRÈ (Bolzano) UNA COMETA nel marchio perché «è la stella che guarda avanti, che segna un percorso, un cammino». Parola di Clemens Alois Lageder, che ha trent’anni e ragiona di «barrique come materiale naturale» in una regione, l’Alto Adige, in cui solo trent’anni fa l’adozione della barrique in cantina era uno scandalo, una bestemmia. Eppure Clemens, sesta generazione di una famiglia che fa vino dal 1823, a fianco del padre Alois, il vero innovatore della viticoltura di montagna, tiene dritta la barra su un cammino che sposa alla perfezione il futuro, la modernità, la tecnica, con il passato. Se «passato» può essere la conversione dei 50 ettari di vigneto dell’azienda, ma anche il lavoro di persuasione degli agricoltori conferitori, un’ottantina di vigneron per altri cento ettari in tutta la provincia di Bolzano, alla filosofia biodinamica. Loro, i Lageder, hanno fatto i primi passi all’inizi degli anni Novanta, e la conversione totale è datata 2004, a partire dai 38 ettari del cuore aziendale, a Magré, intorno al Cason Hirschprunn, la tenuta storica di famiglia dove ha sede la Vineria Paradeis, con la sua atmosfera unica, contemplativa e accogliente: è qui che si mangia nell’omonimo ristorante certificato bio.

ED È QUI che ogni anno si tiene ‘Summa’, una sorta di anti-Vinitaly che si colloca proprio alla vigilia della kermesse veronese e che ha l’obiettivo, spiega Alois Lageder, «di ritrovarci una volta all’anno insieme ai migliori vignaioli di tutto il mondo in una cornice inimitabile». Parole ambiziose, certo. Ma come dargli torto, se Robert Parker e James Suckling assegnano punteggi sopra i 95 al bianco e al rosso – uno Chardonnay e un Cabernet Sauvignon – della serie speciale Löwengang che festeggia i primi trent’anni con l’annata 2014, una delle più felici degli ultimi tempi, e se i riconoscimenti si sprecano da fonti del tutto differenti come le «bibbie» americane e le guide Slow Food, tra Bibenda e il Seminario Veronelli. Ma il segreto sta in una parola: verticalità. Che si sposa con freschezza, «mio padre – spiega Clemens – è stato un precursore nello studio del cambiamento climatico e del suo influsso sul vino». Vini non troppo opulenti, e quindi ricerca continua di nuovi vitigni, «Magrè – continua Clemens – un tempo era la patria del Riesling, ora non è più così».

ORA LAGEDER lavora con il Viognier e il Petit Manseng tra i bianchi, con il Tannat e il Syrah tra i rossi «ma sempre – è ancora Clemens che parla – con un obiettivo: la precisione, la risposta più naturale possibile». Che può significare anche qualche esperimento divertente, come le tre vinificazioni diverse sul Pinot grigio del Porer, che potrebbero portare all’espressione di concetti a sorpresa, anche nell’abbinamento con il cibo. Ma è sempre «precisione» l’idea che ispira la produzione di un assortimento ampio, 38 etichette in tre linee: i «classici», le «composizioni» (esperimenti di assemblaggi) e i «capolavori», insomma i cru dei singoli masi. Tanti vini «perché tanti – dice Clemens – sono i territori tutti diversi da cui questi vini nascono. E l’approccio olistico significa mantenere intatte tutte le identità».