Sabato 18 Maggio 2024

Primo trapianto di fegato da donatore a cuore fermo in Italia. "Ci affianca a Ue"

L'eccezionale trapianto è stato effettuato al Niguarda di Milano il 3 settembre. Il Centro Nazionale Trapianti: "Queste tecniche e i risultati ottenuti permettono al nostro Paese di affiancarsi agli altri paesi europei"

Una sala operatoria

Una sala operatoria

Milano, 14 settembre 2015 - Effettuato con successo all'ospedale Niguarda, per la prima volta in Italia, un trapianto di fegato da donatore in stato di arresto cardiaco. L'operazione è avvenuta il 3 settembre a un paziente di 40 anni, "una possibilità sempre più concreta su cui puntare per aumentare il numero delle donazioni e abbattere i tempi d'attesa", spiega una nota dell'ospedale. Infatti in Italia per un fegato si deve aspettare mediamente 2 anni. L'intervento, che ha coinvolto l'Ospedale Niguarda, il Policlinico S. Matteo di Pavia e il Centro Nazionale Trapianti, ha permesso per la prima volta l'utilizzo dell'organo "anche dopo il prolungato periodo di assenza di attività cardiaca (20 minuti secondo la legge italiana), un intervallo che avrebbe potuto esporre gli organi a danni irreversibili e compromettere il buon esito del trapianto", specifica la nota.

Il Centro Nazionale Trapianti sottolinea come la donazione, il prelievo ed il trapianto di organi dopo accertamento di morte con criteri cardiaci rappresentano un obiettivo di grande importanza per la rete trapiantologica italiana. Si tratta di procedure previste dalla legge n. 91 del 19 aprile 1999 che regola la donazione indifferentemente dal fatto che l'accertamento di morte sia effettuato con criteri neurologici (morte encefalica) o cardiaci, in accordo con la legge n. 578 del 29 dicembre 1993 e correlato Decreto ministeriale n. 582 del 22 agosto 1994, rivisto l'11 aprile 2008. 

Il prelievo ed il trapianto di organi dopo arresto cardiaco, in passato, è stato considerato di difficile fattibilità in Italia a causa della lunghezza del periodo di accertamento della morte richiesto dalla legge Italiana (20 minuti) rispetto a quello previsto negli altri Paesi (5-10 minuti). Un periodo così prolungato di assenza di attività cardiaca rilevata attraverso l'elettrocardiogramma avrebbe potuto danneggiare irreversibilmente gli organi da trapiantare. 

In Italia oggi è dimostrato che, nel rispetto delle norme, anche gli organi prelevati da donatore a cuore fermo possono essere trapiantati con successo. L'esperienza del prelievo di organi a cuore fermo è iniziata in Italia nel 2008, a Pavia, e ad oggi viene effettuata anche presso le rianimazioni di Torino e di Monza. I primi trapianti eseguiti in Italia con questa tecnica di prelievo sono stati di rene, effettuati a Pavia e Milano. A Monza è stato eseguito un prelievo di polmoni da donatore a cuore fermo trapiantati poi presso il Policlinico di Milano. 

Con l'intervento effettuato al Niguarda, possiamo estendere anche al fegato la possibilità di prelievo a cuore fermo. In tutti questi casi, l'elemento decisivo per la riuscita dell'intervento è stata la procedura di assistenza e di riperfusione ed ossigenazione degli organi dopo l'accertamento di morte e che hanno consentito di limitare il danno ischemico mantenendo una buona funzionalità degli organi. Inoltre, le indagini di laboratorio e strumentali effettuate sul donatore dopo l'accertamento di morte con criteri cardiaci, ha permesso di valutare la funzionalità degli organi durante il periodo di trattamento in ECMO. L'impiego di queste tecniche e i risultati ottenuti, ad oggi, permettono al nostro Paese di affiancarsi agli altri paesi europei nei quali, grazie ad un più breve periodo di assenza di attività cardiaca (5-10 minuti) richiesto per l'accertamento di morte, il prelievo ed il trapianto di organi da donatore a cuore fermo contribuiscono ad incrementare in modo significativo il numero dei trapianti effettuati e di vite salvate.

IL PAZIENTE - "Non lo avrei mai creduto". A due settimane dal trapianto di fegato che gli ha salvato la vita, il primo effettuato in Italia da donatore a cuore fermo, il 'ricevente' - M.D., 40 anni, di origine africana - descrive con poche parole e grande emozione il proprio stato d'animo: "Sono contento e ringrazio tutti, gli operatori, i medici e l'ospedale. Sono stato trattato benissimo". M.D. sta bene, cammina ed il decorso lascia ben sperare, confermano i medici, sottolineando come quello che lo ha visto protagonista sia stato un intervento davvero particolare. 

"L'eccezionalità di questo trapianto - spiega il direttore sanitario dell'Ospedale Niguarda di Milano, dove l'operazione è stata effettuata, Giuseppe Genduso - è dovuta al fatto che l'equipe dell'Ospedale di Pavia ha individuato un donatore, che aveva espresso una forte volontà alla donazione, e nel momento in cui si è verificato l'arresto cardiaco, superati i 20 minuti di osservazione di elettrocardiogramma piatto come previsto dalla legge, ha installato un sistema di circolazione extracorporea che ha riguardato solo gli organi addominali. Per 4 ore, fegato e reni sono stati osservati ed ossigenati e quindi dichiarati idonei per il prelievo. A quel punto - prosegue - sono stati prelevati e destinati ai riceventi, ed il Niguarda ha avuto uno dei propri pazienti in lista per il fegato. Così, per la prima volta, abbiamo utilizzato un organo preparato in questo modo, il che è una novità assoluta". 

In Italia, chiarisce quindi Genduso, "la legge prevede un periodo di osservazione di 20 minuti, che è un tempo lungo e molto cautelativo, e che dunque rende più complicato prelevare gli organi senza un supporto per la circolazione extracorporea. In questi casi, rispetto alla classica osservazione a cuore battente con dichiarazione di morte cerebrale, la dichiarazione di morte avviene per arresto cardiaco. È quindi fondamentale - rileva - che sia chiara la volontà del paziente di mettere a disposizione i propri organi, perchè i tempi sono stretti". 

A chiarire la procedura seguita dai medici, è anche il primario anestesista Andrea De Gasperi: "Nel momento in cui c'era irreversibilità della condizione cerebrale, anche se il paziente non sarebbe mai andato incontro in questo caso a morte cerebrale, ed a fronte di una condizione cardiaca assolutamente compromessa, è stato fatto tutto quello che si poteva fare fino a quando è stato ritenuto che non si potesse fare più nulla. Il paziente è andato in arresto cardiaco. A quel punto si è quindi proceduto".