Sabato 18 Maggio 2024

Tacito: la traccia, la traduzione, il commento

Tacito, il brano "Ultimi giorni di Tiberio" tratto dagli Annales

Maturità, gli studenti affrontano la prova di latino (Ansa)

Maturità, gli studenti affrontano la prova di latino (Ansa)

Tacito, "Ultimi giorni di Tiberio", Annales

"Iam Tiberium corpus, iam vires, nondum dissimulatio deserebat: idem animi rigor; sermone ac vultu intentus quaesita interdum comitate quamvis manifestam defectionem tegebat. mutatisque saepius locis tandem apud promunturium Miseni consedit in villa cui L. Lucullus quondam dominus. illic eum adpropinquare supremis tali modo compertum. erat medicus arte insignis, nomine Charicles, non quidem regere valetudines principis solitus, consilii tamen copiam praebere. is velut propria ad negotia digrediens et per speciem officii manum complexus pulsum venarum attigit. neque fefellit: nam Tiberius, incertum an offensus tantoque magis iram premens, instaurari epulas iubet discumbitque ultra solitum, quasi honori abeuntis amici tribueret. Charicles tamen labi spiritum nec ultra biduum duraturum Macroni firmavit. inde cuncta conloquiis inter praesentis, nuntiis apud legatos et exercitus festinabantur. septimum decimum kal. Aprilis interclusa anima creditus est mortalitatem explevisse; et multo gratantum concursu ad capienda imperii primordia G. Caesar egrediebatur, cum repente adfertur redire Tiberio vocem ac visus vocarique qui recreandae defectioni cibum adferrent. pavor hinc in omnis, et ceteri passim dispergi, se quisque maestum aut nescium fingere; Caesar in silentium fixus a summa spe novissima expectabat. Macro intrepidus opprimi senem iniectu multae vestis iubet discedique ab limine. sic Tiberius finivit octavo et septuagesimo aetatis anno".

LA TRADUZIONE - "Ormai il fisico, le energie, ormai, abbandonavano Tiberio; non ancora, però, lo abbandonava la capacità di dissimulare: identica la forza imperturbabile dell’animo. Nel modo di parlare, nell’espressione del volto, a tratti con ricercata cordialità, stava ben attento a nascondere il suo decadimento, per quanto evidente. E dopo avere più volte cambiato residenza, si stabilì infine al promontorio di Miseno, nella villa che apparteneva un tempo a Lucio Lucullo. [2] Lì si scoprì che si stava avvicinando alla fine, e lo si scoprì in questo modo: c’era un medico, un luminare, di nome Caricle che, pur non seguendo regolarmente lo stato di salute del principe, tuttavia gli forniva spesso dei consulti. Costui, come stesse partendo per impegni suoi, gli prese il braccio, simulando un gesto di ossequio, e sentì il polso. Ma non passò inosservato, perché Tiberio, forse offeso e a maggior ragione costretto a soffocare la rabbia, fece riprendere la cena e si trattenne a tavola anche più del solito, come a volere rendere onore all’amico in partenza. Caricle, tuttavia, garantì a Macrone che la vita di Tiberio stava venendo meno e che non avrebbe superato i due giorni. Allora tutto subì una accelerazione, sia nei discorsi fra i presenti, sia nei messaggi ai delegati e agli eserciti. Sedici giorni prima delle calende di Aprile, ebbe una crisi respiratoria e si credette che avesse compiuto i suoi giorni mortali. E già Gaio Cesare, attorniato da tantissima gente che si congratulava, usciva a godersi i primi attimi del potere, quando arrivò, improvvisa, la notizia che Tiberio aveva ripreso a parlare, aveva riaperto gli occhi, e si erano chiamati schiavi a portare cibo per rimetterlo in forze dopo il cedimento. A questo punto, fra tutti si diffuse il terrore: se gli altri si dispersero per ogni dove, e ognuno fingeva di essere triste o di non sapere nulla, Cesare, impietrito nel silenzio, dopo avere sperato il massimo, temeva il peggio. Macrone, però, senza scomporsi, ordinò di soffocare il vecchio, gettandogli sopra un mucchio di coperte, e di lasciare la casa. Così, a settantasette anni, morì Tiberio".

IL COMMENTO - Il re è morto, viva il re! La fine grottesca di Tiberio e la successione di Caligola è il tema di una versione di maturità un po’ cupa, che costringe ragazze e ragazzi, ancora freschi dell’incanto delle parole di Malala sul potere della formazione e della cultura, a meditare sopra la cultura e la formazione al potere, come solo Tacito, nel suo lucido, impareggiabile sarcasmo, sa descrivercele (un ammiccare alla modernità e alla crisi della politica, alle accuse ai nuovi palazzi? Chissà). Dissimulatio è parola chiave di tutto il brano: capacità di nascondere quello che succede dentro l’animo e dentro il palazzo. Dall’imperatore (rigor animi  è nesso di per sé positivo, che potrebbe tradurre, in latino, l’apatheia stoica), alle persone che vi ruotano intorno: il medico che con uno stratagemma prende il polso ed emette la sua sentenza di morte, i cortigiani di Caligola, incerti se ostentare tristezza per la presunta morte di Tiberio o fingere di non sapere, e infine Macrone che, senza scomporsi, dà l’ordine di finire il rinvigorito Tiberio. A fronte di questi personaggi, che incarnano dunque una sorta di anti-sapientia, campeggia, in tutta la sua debolezza, Caligola, colto in maniera sublime nel passaggio da una spes altissima al timore. E speranza e timore erano entrambi condannati da quelle filosofie ellenistiche (stoicismo e epicureismo) che predominavano negli ambienti pagani e nella classe senatoria.  La versione non è delle più facili se non si è tradotto un po’ di Tacito a scuola (il che, però, di solito non accade), perché vi ritornano alcuni impegnativi tic dell’autore come le ellissi verbali (cui L. Lucullus dominus; pavor in omnis) e le variationes (velut… per speciem), o del genere storiografico, come l’infinito descrittivo (dispergi… fingere) o l’alternanza fra presente storico, imperfetto e perfetto. Ma il brano si caratterizza anche per un tono ancora più sostenuto del solito e ancora più vicino alla poesia (vestis per ‘coperta’ è già lucreziano). Chissà poi come se la sono cavata maturande e maturandi con il complicato sistema numerale romano che qui torna sia nell’indicazione della data della crisi respiratoria di Tiberio (il risultato è: 16 marzo; ma confidiamo che le commissioni abbiano consentito di lasciare l’espressione alla latina) che in quella dell’età di morte dell’imperatore. Gioverà ricordare la regoletta per cui all’ordinale latino corrisponde il cardinale italiano diminuito di uno. Quest’anno c’è però una novità: la versione è stata preceduta da una breve introduzione che fornisce un primo orientamento, una contestualizzazione (ad esempio, ricordando che il Gaio Cesare di cui si parla è Caligola: non è detto che tutti ricordino la successione degli imperatori di Roma). È indubbio che la scelta dia seguito a un dibattito che nella scorsa primavera ha animato gli specialisti anche sulle colonne dei giornali (mi riferisco agli interventi di M. Bettini su “Repubblica” o di P. Mastrocola su “Il Sole 24 ore”)  circa il significato della seconda prova di maturità classica: mero esercizio di grammatica come è stata per molto tempo interpretata (ma un traduttologo serio può veramente sottoscrivere una simile idea?)  o occasione per mettere in gioco – e valutare – competenze che interessano il sistema culturale, letterario, stilistico del testo di partenza e di quello di arrivo e, non ultima, la logica? Qualcuno potrà pensare che questa nuova versione, non più preceduta dal laconico titoletto, abbia ucciso la ‘vecchia regina’ delle prove di maturità. E dunque la regina è morta, viva la regina!

Bruna Pieri, Federico Condello