Sabato 4 Maggio 2024

Suore uccise in Burundi, le testimonianze dei leader religiosi ad Anversa

Il cordoglio dei leader religiosi riuniti ad Anversa per l'incontro internazionale "La pace è il futuro"

Le tre suore uccise in Burundi (AP)

Le tre suore uccise in Burundi (AP)

Anversa, 8 settembre 2014  - "Profondo cordoglio e fraterno suffragio" per il barbaro assassinio delle tre suore missionarie in Burundi è stato espresso dal presidente della Comunitá di Sant’Egidio Marco Impagliazzo a nome di tutti i partecipanti all’Incontro Internazionale "La pace è il futuro" in corso ad Anversa, ai cui lavori partecipa anche il pastore Juvénal Nzosaba, dell’Unione delle Chiese Battiste del Burundi, il paese in cui le tre suore saveriane svolgevano la loro missione. “Oggi come nei primi anni del cristianesimo– ha dichiarato Impagliazzo – il sangue dei martiri è un seme di amore per l’umanità e di fraternità fra tutti gli uomini. Mentre preghiamo in suffragio per queste nostre sorelle ci impegniamo noi tutti, donne e uomini di buona volontá uniti al servizio della pace, a raccogliere la loro testimonianza e a proseguire sulla strada che loro ci hanno indicato”. Testimoni di Siria, Ucraina, Nigeria, dell-Iraq e della Siria, del Salvador: tutti hanno voluto stringersi intorno al dolore della congregazione delle Saveriane (presenti al convegno con una inviata) per la morte tragica delle loro consorelle in Burundi. Il pastore Juvénal Nzosaba, dell’Unione delle Chiese Battiste del Burundi, ha condannato l'ignobile atto "contro missionari della Chiesa Cattolica le cui opere sono apprezzate da tutti".

È poi seguito un commosso minuto di silenzio tra i presenti. Testimoni disarmate le suore saveriane, che hanno incarnato quella strada debole eppure determinante per costruire un profilo vero dell’umanità. Secondo l’arcivescovo siro-ortodosso Kawak "anche in mezzo alla violenza il credente deve professare la fede con dolcezza e rispetto, segni della vera forza, come ci insegna il perdono dato ai persecutori da tanti martiri". La Chiesa siro ortodossa ha subito un genocidio durante la Prima guerra mondiale, il Sayfo (Spada), quando mezzo milione di siriaci furono uccisi dai turchi. "E oggi – ha detto – non sono martiri i cristiani cacciati da Mosul e dalla Valle di Ninive? Non lo sono le donne vendute come schiave e a cui è rubato il futuro? Sono le pecore condotte al sacrificio di cui parla la Scrittura".

Pensa ai cristiani in pericolo nella sua diocesi per gli attacchi dei gruppi islamisti: "Il problema è l’esclusivismo – dice il cardinale nigeriano Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, , l’accettazione solo di chi è uguale a sé". Dall’Ucraina, il vescovo ortodosso Nikolaj ha portato la testimonianza della Chiesa di Kiev, impegnata nell’aiuto ai profughi: "La Chiesa unisce persone assolutamente diverse e noi tutti siamo familiari e infinitamente vicini l’uno all’altro. Custodiamo il principale tesoro dell’Ucraina: la pace interreligiosa e interecclesiale. Non esistono guerre giuste, i cristiani devono mantenere una distanza interiore da uno Stato che desiderasse rafforzare il patriottismo con simboli cristiani, non devono cedere al delirio patriottico o nazionalistico". Don Angelo Romano della Comunità di Sant’Egidio, rettore della Basilica di San Bartolomeo all’Isola di Roma, ha ricordato Suor Leonella Sgorbati, uccisa il 17 settembre di otto anni fa in Somalia all’uscita dell’ospedale di Mogadiscio: "Era accompagnata dal suo autista somalo, Mohammad, musulmano e padre di quattro figli, che vide giungere l’assassino e, per difenderla, corse a coprirla con il suo corpo, morendo lui per primo. Suor Leonella, morì poco dopo ripetendo ‘perdono, perdono’. Questa storia disegna un’icona di come dovrebbero essere i rapporti tra cristiani e musulmani, amarsi l’un l’altro al punto da dare la vita gli uni per gli altri".

Il vescovo romeno Virgil della Chiesa greco-cattolica ha sottolineato come, durante i regimi comunisti, la persecuzione abbia unito credenti di diverse confessioni cristiane, che si sorreggevano l’un l’altro: "Nelle prigioni e nei campi di lavoro, tutti erano fratelli; ricordo un battesimo celebrato da un prete ortodosso con due assistenti cattolici". Monsignor Jesus Delgado, vicario generale di San Salvador e segretario di Romero, ha ricordato come il vescovo ucciso sull’altare nel 1980 "aveva paura e più volte lo aveva manifestato. Non moriva per eroismo, ma per adempiere ai suoi doveri di cristiano". Delgado ha accostato questa figura a William Quijano, definito discepolo di Romero" e "primo martire di Sant’Egidio". William era un giovane della Comunità di Sant’Egidio ucciso dalle maras, bande violente che coinvolgono 100mila persone in San Salvador. "Ha attratto – ricorda il vescovo – molti giovani e bambini alla Scuola della Pace. La sua vita testimonia che si può fare il bene, vivere in modo pacifico e solidale anche in mezzo alla violenza cieca, alla morte e alla mancanza di pietà. Aveva scelto di stare dalla parte dei poveri, mischiando giorno per giorno la propria vita con il Vangelo".

Dal pulpito della cattedrale di Aversa il Partriarca siro ortodosso Ignatius Aphrem II ha dato l’esempio di cosa voglia dire “sovvertire” le categorie ordinarie con cui si legge la storia: “Dio è presente in mezzo a noi quando vediamo la speranza negli occhi di un bambino costretto a lasciare la sua casa e la sua città di Mosul in Iraq per un destino sconosciuto. Tale speranza questo bambino conserva perché crede che Gesù Cristo è con lui ed egli non sarà deluso… Dio è presente in mezzo a noi, quando vediamo un padre che ha perso tutta la sua famiglia - padre, madre, moglie e due bambini – a causa di barbarici atti omicidi avvenuti a Sadad, in Siria – ed è ancora in grado di sorridere serenamente e di sottomettersi felicemente alla volontà di Dio che egli sa essere vicino a sé nella sua angoscia”. Parole che vengono da un popolo di fedeli privato dell'arcivescovo di Aleppo Mar Gregorios, sequestrato da piu’di un anno, come anche il greco-ortodosso Paul Yazigi e il gesuita Paolo Dall’Oglio. Li ha ricordati nell’assemblea di inaugurazione Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. "La guerra è tornata sul territorio europeo tra Russia e Ucraina – ha osservato Riccardi – e l’architettura del Medio Oriente è saltata in due anni, mentre i profughi fuggono perseguitati dal Nord Iraq. La Siria è in preda a una guerra dilaniante e inumana. Storie dolorose che nascono anche dalla riabilitazione dello strumento della guerra, ma pure dalla commistione tra religione e violenza".