Venerdì 26 Aprile 2024

Mondiali ciclismo, le pagelle: Sagan è il solito mostro, Bennati migliore degli italiani

Il Belgio fa la corsa ma legge male il finale, Leezer sfiora l'impresa, Cavendish e Nizzolo ingenui allo sprint. Slovacchia degna del proprio leader, un disastro Francia e Germania

Daniele Bennati, regista in corsa e migliore degli azzurri (foto Bettini)

Daniele Bennati, regista in corsa e migliore degli azzurri (foto Bettini)

Doha (Qatar), 16 ottobre 2016 - Un mondiale bellissimo, che ha finito con l'esaltare uno dei fondamentali del ciclismo: la capacità di saper correre nel vento. Un percorso, alla fine, risultato tecnicamente più valido di tanti altri tracciati insulsi visti negli ultimi anni. Perché in fondo, un mondiale nel deserto non lo avevamo mai visto e, nonostante il neo del poco pubblico sulla strada, siamo stati contenti di viverlo. Adesso, giochiamo a dare i voti ai protagonisti.

MONDIALI DI CICLISMO, LA GARA

Peter Sagan 9,5: se l'ennesimo capolavoro dello slovacco non stupisce nessuno, è solo perché questo fuoriclasse ci ha ormai abituato ad uno strapotere talvolta imbarazzante per gli avversari, saltati anche oggi a doppia velocità nello sprint che gli è valso il secondo titolo iridato consecutivo, un'impresa che per l'ultima volta era riuscita al nostro Bettini, tra il 2006 e il 2007. Corsa da 10, ovviamente, il mezzo punto in meno è solo perché in passato gli abbiamo visto fare cose ancora più grandi, mentre oggi è sembrato tutto fin troppo facile per Peter. Un 10 pieno, in compenso, lo diamo alla sua Slovacchia: appena tre corridori al via, tutti e tre entrati nell'azione buona, e addirittura Michael Kolar capace di scoraggiare qualsiasi attacco avversario piazzandosi in testa al gruppo nella fase critica tra i meno 5 e i meno 2,5 km. Quella in cui qualche outsider avrebbe potuto rovinare la festa a Sagan e agli altri big. Tom Leezer 7,5: quell'outsider, il carneade capace di passare alla storia con il colpo di mano nel finale, avrebbe potuto essere l'olandese, partito come un razzo ai 2.400 metri e ripreso solo a volata lanciata. All'impresa che per Leezer sarebbe valsa una carriera sono mancati soltanto 300 metri, ma i più importanti. A Niki Terpstra (6), invece, sono mancate anche le gambe: dei due tulipani superstiti nel primo gruppo - essendo subito saltato anche il velocista designato, Dylan Groenewegen (4) - era proprio lui il più quotato, ed in effetti ci ha provato almeno un paio di volte, il vincitore della Roubaix 2014, ma con scatti troppo telefonati e poco convinti. Mark Cavendish 7: se la cava egregiamente nella cosa per lui più difficile - limare per 180 km nel gruppetto di testa, risparmiandosi il più possibile - ma pasticcia in quella più semplice, la volata, mollando la ruota di Sagan quando questi scarta verso la destra della carreggiata a 150 metri dall'arrivo. Un errore che impedisce al britannico di essere lui a centrare il bis iridato, e che gli lascia in dote una medaglia d'argento buona solo ad aumentare i rimpianti. Bravo, comunque, ad essersi ripreso in extremis dal virus influenzale che lo aveva debilitato la scorsa settimana, di certo non il miglior viatico per affrontare uno sforzo di quasi sei ore sotto il sole cocente del deserto. Tom Boonen 7,5: anche per Tommeke, in caso di vittoria, si sarebbe trattato del secondo titolo mondiale, per altro a undici anni di distanza da quello conquistato a Madrid 2005. Sperare però di battere, nello stesso sprint, Sagan, Cavendish, Kristoff e Nizzolo, per l'ormai 36enne campione di Mol (a proposito: proprio ieri era il suo compleanno, auguri!) sarebbe stato obiettivamente troppo. Mezzo punto in meno a lui, quindi, per essersi accontentato di sprintare per una medaglia, rinunciando in partenza ad un colpo da finisseur con cui tentare di anticipare i velocisti puri. Ma da questo punto di vista è stato incomprensibile l'atteggiamento tattico di tutta la nazionale belga nell'ultimo giro: perfetti fin lì - essendo stati proprio loro a fare esplodere la corsa a 180 km dall'arrivo, e ad avere tirato per lunga parte della giornata con gli inesauribili Jens Keukeleire, Oliver Naesen (7 ad entrambi) e Jasper Stuyven (8) - i fiamminghi non hanno però contemplato nessuna soluzione alternativa alla volata, pur essendo ancora in netta superiorità numerica e potendosi giocare due ottime carte come Jurgen Roelandts e, soprattutto, il campione olimpico Greg Van Avermaet. Entrambi sono mancati in qualche cosa - solo i diretti interessati sanno se nelle gambe o, piuttosto, nel coraggio - e per questo il loro voto si ferma al limite della sufficienza: 5,5. Edvald Boasson Hagen e Alexander Kristoff 5: bocciata la coppia veloce norvegese, rea di non avere concordato delle gerarchie chiare per il finale, con il risultato di essersi pestati i piedi in una volata a dir poco pasticciata. Vedere i due propri uomini migliori chiudere, rispettivamente, al sesto e settimo posto di una corsa che si conclude allo sprint, è l'incubo di qualsiasi commissario tecnico. Figurarsi, poi, quando questo accade nella corsa più importante dell'anno. Giacomo Nizzolo 5,5: vale il discorso fatto per Cavendish - bravo a destreggiarsi nei ventagli, meno in quello che sarebbe stato il suo pane, cioè la volata - con l'aggravante, più che del podio mancato, di non essersi giocato nel migliore dei modi le sue chances. Andare a medaglia al cospetto di simili avversari, infatti, non sarebbe stata comunque impresa facile, e da questo punto di vista il quinto posto non è da buttare. Ma dopo l'ottimo lancio ricevuto da Jacopo Guarnieri (7), il campione italiano ha commesso l'ingenuità di non chiudere lo spazio tra sé e le transenne alla sua destra, operazione assolutamente lecita considerando che la strada, negli ultimi 200 metri, piegava proprio in quella direzione. E che è proprio da quel lato che Sagan è passato: un fatto questo, sottolineato dallo stesso slovacco nelle dichiarazioni a caldo. Elia Viviani 5,5: era l'alternativa di Nizzolo per la volata, ma alla volata, il veronese, nemmeno ci è arrivato. Colpa dei crampi che lo hanno colpito nel pieno dell'ultimo giro, vanificando quanto di buono fatto fino a quel punto e confermando, forse, qualche limite sulle grandi distanze. Bocciatura solo parziale, non fosse altro per lo splendido oro vinto su pista alle Olimpiadi di Rio, e considerando quanto fosse difficile, dopo quel trionfo, riconcentrarsi sulla strada in modo da farsi trovare fisicamente e mentalmente pronto per l'appuntamento mondiale. Daniele Bennati 8: tutto sommato, il migliore dei nostri. Determinante nel deserto, dove ha fatto valere tutta la sua abilità a correre nei ventagli; e preziosissimo per la collaborazione data ai belgi una volta entrati nel circuito, quando il gruppo inseguitore non aveva ancora mollato la presa essendo a non più di 1'10", e alle sorti dell'attacco avrebbe potuto essere fatale anche un semplice attimo di rilassamento. Michael Matthews 6: non arrivava al mondiale sorretto da una grande condizione, ma ha fatto la sua corsa, tenendo duro nei tanti chilometri allo scoperto e mancando di un soffio una medaglia insperata; un quarto posto tutt'altro che disprezzabile, insomma, e che acquista ancora maggior valore se paragonato allo sciagurato mondiale di Caleb Ewan (4): proprio il più giovane degli sprinter aussie è stato il corridore a causare il buco nel ventaglio aperto dai belgi a 180 km dall'arrivo e, anziché tentare di riorganizzarsi con altri corridori staccati, si è sfinito in un disperato inseguimento individuale che ha avuto il solo effetto di svuotarlo delle ultime energie rimaste, costringendolo poi al ritiro non appena rientrato a Doha. Bravissimo anche oggi, invece, il vincitore della Roubaix Mathew Hayman (7), unico scudiero rimasto al fianco di Matthews dopo la traversata del deserto. Germania e Francia 4: entrambe le nazionali si presentavano con due prime donne tra le loro fila - André Greipel (4) e Marcel Kittel (4) i tedeschi, che anzi potevano contare pure su un nervoso, ma se non altro battagliero, John Degenkolb (5); Nacer Bouhanni (4) e Arnaud Démare (3) i transalpini - ma a mettere d'accordo i troppi galli nei rispettivi pollai ci ha pensato la strada: tutti staccati non appena è iniziata la bagarre, infatti, i leader o presunti tali delle due nazionali che alla fine risultano le vere sconfitte. A parziale discolpa della Germania, il fatto di aver corso soltanto in sei e di essere stati comunque gli ultimi ad arrendersi, tra gli inseguitori; nessuna attenuante, invece, per i francesi, se non quella di aver comunque piazzato un uomo - il modesto William Bonnet (6) - nel ventaglio buono. I peggiori delle rispettive nazionali, il campione del mondo a cronometro Tony Martin (3) e lo stesso Démare, entrambi tra i primissimi a saltare.