Domenica 5 Maggio 2024

Schwazer, il delitto perfetto. Otto anni, fine dei sogni

Dall'inviato LEO TURRINI

Alex Schwazer (Ansa)

Alex Schwazer (Ansa)

Rio, 10 agosto 2016 - Tutto come previsto. Tutto, presumibilmente, già scritto. Otto anni di squalifica per Alex Schwazer. Il Tribunale Arbitrale del Cio non gli ha creduto. Non ha creduto alla difesa accurata del campione di Pechino. Men che meno ha preso sul serio la controffensiva di Sandro Donati, che aveva sin dall'inizio dell'increscioso caso puntato il dito contro le troppe circostanze sospette che avvolgono la penosa vicenda.

Otto anni. Fine dei sogni. Tumulazione di una carriera, perchè il marciatore altoatesino ha già passato la trentina. E comunque una sanzione così è una liquidazione definitiva.

E' stata una mail, come da procedura, ad avvisare i legali di Alex. Che ha reagito all'annuncio con una crisi di pianto. Ancora ieri mattina sperava, lo avevo visto allenarsi, sempre con Donati accanto, sotto la pioggia di Copacabana, tra turisti curiosi e passanti indaffarati.

Adesso la battaglia, ormai estranea al palcoscenico olimpico, si sposterà in altre sedi. Giudiziarie. Di sicuro Donati e Schwazer chiederanno l'intervento della magistratura ordinaria. Partiranno cause per risarcimenti pesantissimi. Ma la partita è chiusa sul fronte sportivo, probabilmente l'unico che davvero stava a cuore al campione di Pechino.

'Questo è il delitto perfetto', ha detto Donati ad alcuni amici. Ma, come ripetutamente ho tentato di spiegare, i margini per ipotizzare un verdetto diverso e opposto erano risicatissimi sin dall'inizio. Motivo: la Iaaf, la federatletica mondiale, ha sostenuto la perfetta regolarità delle procedure, la limpidezza dei controlli, eccetera. Potevano i giudici del Cio dare dei bugiardi ai rappresentanti di un ente sì screditato (vedi storie russe) ma ancora così potente?

Di più. Il lato debole della posizione di Schwazer era così riassumibile. Di fronte ad una provetta e ad alcune analisi, che segnalano presenza di steroidi, il marciatore aveva solo la sua parola, la parola di Donati, la trasparenza di un percorso coraggiosamente seguito da quando era ricominciata l'avventura. Ma bisognava dimostrare l'esistenza di una congiura.

E questo, oggettivamente, era impossibile. Come accade, infatti, nel delitto perfetto. E' tutto molto, molto triste. Certezze in tasca io non ne ho. Ho soltanto il sospetto (ancora!) che sia stata compiuta una ingiustizia mostruosa. Non vedo consolazioni possibili, se non nella consapevolezza che, alla fine della fiera, persino nella vita di un campione come Schwazer, lo sport non è tutto, l'Olimpiade non è tutto.

Eppure, restare impassibili dinanzi al suo dolore è impresa troppo ardua, credetemi