Lunedì 29 Aprile 2024

Pietro Grasso, con la toga ha fatto storia. Ma in Senato solo ombre

L’ex pm antimafia ha deluso tutti a Palazzo Madama

Pietro Grasso (ImagoE)

Pietro Grasso (ImagoE)

Roma, 28 ottobre 2017 - È una poltrona impegnativa quella di presidente del Senato, di quelle ti inducono sempre a pensare a qualcosa di più grande e più Alto, non solo in senso figurato. Una poltrona che Pietro Grasso si è trovato in sorte, quasi senza volerlo sicuramente senza averci pensato prima, e che una volta occupata lo ha sempre portato a sentirsi eletto dagli uomini ma voluto da Dio per compiere una qualche missione salvifica.

È il destino dei magistrati siciliani, uomini con profondi imperativi morali per nutrire i quali occorre una somma considerazione di sé. Cosa che a Pietro Grasso non è mai mancata, dal giorno della sua elezione a Palazzo Madama fino alla recentissima rinuncia della maglia Pd che pure gli aveva regalato la seconda carica dello Stato. Era il Pd di Bersani, certo, non di Renzi, di un Bersani uscito malconcio dalle elezioni del 2013, quelle «non vinte», che per accarezzare l’onda montante dell’antipolitica non ebbe migliore idea che pescare dal mazzo della società civile i presidenti di Camera e Senato. E così quando si ritrovò là in Alto, Pietro Grasso iniziò a pensare che l’elezione fosse un Segno: il Paese aveva bisogno di gente come lui, meglio ancora, di uno come lui, perché i partiti erano finiti ma quei terribili ragazzini sbarcati a Roma sotto le insegne di Grillo o di Renzi non avevano la stoffa. Che invece l’ex procuratore nazionale antimafia possedeva eccome, almeno nella sua testa.

D’altra parte le occasioni non gli sono mancate, dalle due elezioni al Quirinale alle tre crisi di governo al buio, c’è sempre stato qualcuno che ha guardato a Palazzo Madama per risolvere l’impasse. Lui ha atteso paziente che passasse un altro treno, rifugiandosi spesso nell’esibizione di un pensiero che per non scontentare nessuno ha finito per essere piatto, in un cammino politico tacciato di equilibrismo e opportunismo e in una conduzione d’Aula che nei passaggi istituzionali più delicati ha scontentato tutti o quasi, portando acqua al mulino di chi non ha mai smesso di rimpiangere i professionisti della politica.

Un ottimo magistrato non era riuscito insomma a trasformarsi in un buon politico, per lo meno in un buon presidente del Senato. E dire che a Palazzo Madama i momenti di tensione non sono mancati. Basta ricordare i canguri e le ghigliottine che accompagnarono la nascita del progetto di riforma costituzionale, le conseguenti polemiche sulle scelte di Grasso giudicato un giorno pasticcione l’altro approssimativo, o le accuse del centrodestra in occasione della discussione sulla decadenza di Berlusconi, quando l’ex pm avallò la richiesta di scrutinio palese visto che «non si votava sulla persona».

Ovviamente tutto questo rumore di fondo Pietro Grasso non l’ha mai avvertito, e ha continuato a considerarsi uno in attesa. Di qualcosa di importante. Tant’è che quando un paio di mesi fa il Pd gli recapitò l’offerta di fare il candidato governatore in Sicilia lui rifiutò sdegnato. Adesso è arrivata invece l’investitura di Mdp – ancora non ufficiale – e così le riserve sono state sciolte. Con una difficoltà. Da quelle parti c’è già qualcuno, diciamo, con una considerazione di sé non precisamente minimale. Uno che il leader è dove siede lui. Chissà, magari riusciranno anche a convivere. Diciamo.