Giovedì 16 Maggio 2024

PARMA TIENE IN SCACCO LA SERIE A

dall'inviato Lorenzo Sani Parma NEL CAOS che ha inghiottito il calcio a Parma, dopo aver giò visto sprofondare tra scandali e ruberie di ogni sorta la grandeur di una città che si definiva vezzosamente la piccola Parigi, ci sono poche certezze. La sola, al momento, è che la squadra domenica non si presenterà a Genova per la partita di campionato. «Non ci sono le condizioni minime per giocare» ha detto il capitano dei crociati, Alessandro Lucarelli, dopo il lungo incontro avuto con numero uno del sindacato dei calciatori, Damiano Tommasi, che ha testimoniato personalmentre la solidarietà di una categoria che ha confermato lo sciopero di 15' domani in Serie A. Niente trasferta con le proprie auto: a proposito, dal cancello del centro tecnico di Collecchio è sfrecciata anche una Lamborghini rossa targata Montecarlo, questo per ricordare quanto la vertenza abbia molti aspetti che la rendono unica e, in tempi di job act, non poco paradossale. «Fino all'assemblea di Lega di venerdì prossimo» la squadra non farà un passo, ha confermato il capitano che in mattinata era stato ascoltato in Procura e nel pomeriggio si è visto accogliere la proposta di sospensione della partita dal presidente federale Tavecchio. L'altro dato di fatto, nella fumosa agonia di un club che al culmine dello splendoire vinse la Coppa delle Coppe nel templio pagano di Wembley, è la considerazione che il sindaco Pizzarotti ha offerto ai taccuini dopo l'incontro di quasi due ore con Gimpietro Manenti, che ai giornalisti, a ridosso dell'atteso faccia a faccia col primo cittadino, aveva smentito di aver pagato il club un euro e ridabito «di avere un piano» che gli avrebbe evitato «di portare i libri il tribunale». Lapidario Pizzarotti dopo il rendez vous col proprietario del Parma Calcio, forse l'ultimo della sua storia: «Manenti non è un interlocutore credibile: se il presidente del Parma è questo siamo pronti a chiudergli lo stadio». A dare un senso definitivo alle sue parole, rendendo credibile la minaccia dello sfratto, la chiosa con cui si è congedato: «Non penso che la città si meriti questa persona». A onor del vero, scorrendo il lavoro della magistratura, negli ultimi anni la città ha buttato giù anche di peggio. Ed è curioso che i tifosi ce l'abbiamo tanto con questo tizio che sembra reduce da una abduzione aliena, ma che in teoria potrebbe ancora salvare la baracca, e non abbastanza con chi ha fatto affondare la nave nei debiti. Manenti, dal canto suo, oltre a sorbirsi insulti, cori e contestazioni dai tifosi che lo hanno atteso al varco sotto la sede storica del Municipio in Piazza Garibaldi, ha ammesso che «la riunione è andata male» e si è trincerato dietro i soliti tempi tecnici. «Servono tanti soldi» ha detto, una banca ci ha detto di sì, dopo che un'altra ce li aveva riufiutati». Ma, appunto, «servono tempi tecnici». Non svela il nome dei suoi partner, chi metterebbe i soldi veri (e fitti) in un'avventura che non è benedetta dalla miglior stella (certezza n°2), ma parla genericamente di «sponsor». Però è talmente poco coinvincente che il sindaco è pronto a chiudergli lo stadio. E sarebbe solo l'ultima disfatta perché qui, per dirla con Lucarelli, «non passa giorno che i creditori non si portino via qualcosa». Mentre parla, accerchiato dai giornalisti, due furgoni accedono a Centro di Collecchio per fare il proprio lavoro, racchiusi in una laconica cartolina di addio.