Lunedì 29 Aprile 2024

Stato e mafia, Mori assolto di nuovo. "Non favorì la latitanza del padrino"

Palermo, quel blitz per catturare Provenzano: "Nessun reato"

L'ex generale Mario Mori, assolto anche in appello (Ansa)

L'ex generale Mario Mori, assolto anche in appello (Ansa)

Roma, 20 maggio 2016 - CONFERMATA in appello l’assoluzione del generale Mario Mori, ex comandante del Ros, e del colonnello Mauro Obinu, oggi in servizio all’Aisi (sicurezza interna), dall’accusa di favoreggiamento nei confronti del boss corleonese Bernardo Provenzano, sfuggito alla cattura nel 1995 e rimasto latitante fino all’arresto del 2006. Come in primo grado, la formula adottata è che il fatto non costituisce reato.

La procura generale di Palermo, con il suo titolare Roberto Scarpinato, aveva chiesto per Mori una condanna a 4 anni e 6 mesi di carcere, un anno in più di quanto sollecitato per Obinu. Nell’occasione Scarpinato, in aula accanto al suo sostituto Luigi Patronaggio, aveva tentato in extremis di sganciare questo giudizio di secondo grado da quel treno diretto verso un binario morto che è il processo in Corte d’Assise per la cosiddetta trattativa Stato-mafia del 1992-’93, rinunciando a contestare ai due imputati l’aggravante del favoreggiamento ‘politico’ all’organizzazione Cosa Nostra in quanto tale. Resta il fatto che Mori e i suoi ex subalterni dell’epoca continuano a collezionare assoluzioni e che per il «processo del secolo» non tira una bella aria.

 

I DUE ufficiali dell’Arma dovevano difendersi anche in appello dall’accusa di aver fatto fallire un blitz importante, il 31 ottobre 1995, nelle campagne di Mezzojuso: un loro collega-rivale, il colonnello Michele Riccio, ha sempre sostenuto che quel giorno si sarebbe potuto arrestare uno dei superlatitanti della mafia siciliana, appunto Provenzano. Riccio, che all’epoca «gestiva» per il Ros un confidente sull’orlo del ‘pentimento’, il boss di Caltanissetta Luigi Ilardo, poi ucciso alla vigilia della sua collaborazione attiva con i magistrati, nel corso degli anni si è trasformato in un tenace teste d’accusa nei confronti di Mori e Obinu. Ma anche questa volta il collegio giudicante non gli ha dato credito.

Mori, che non ha atteso la sentenza a Palermo perché impegnato in una lezione all’università di Chieti, ha commentato il verdetto in un video: «Questa assoluzione è un ulteriore passo in avanti per dimostrare la mia totale innocenza rispetto alle accuse, e soprattutto mi restituisce l’onorabilità come uomo e come ufficiale, a cui tengo moltissimo. Sono estremamente soddisfatto dell’esito di questo processo».

Tiene duro, invece, il pm Nino Di Matteo, che aveva coordinato le indagini e rappresentato l’accusa in primo grado: «Personalmente rifarei tutto quello che ho fatto. Rispetto la sentenza, ma rimango convinto che ci fossero tutti gli elementi di prova per chiedere e ottenere le condanne degli imputati».