Martedì 30 Aprile 2024

«La primavera araba non sfiorira»Le speranze dell'Islam moderato

Rachid Gannouchi, leader tunisino del movimento islamico moderato Ennahda

Rachid Gannouchi, leader tunisino del movimento islamico moderato Ennahda

TUNISI «LE PRIMAVERE arabe non sono fallite. Stanno zoppicando, indubbiamente. Ma una cosa è certa, lo spirito di libertà acquisito dal mondo arabo è irreversibile. Un'era è finita. E il cittadino arabo non tornerà mai ad accettare dittature, a subire passivamente la negazione dei suoi diritti. E se le dittature torneranno, non sarà per molto. Tutti i paesi arabi raggiungeranno libertà e democrazia. E noi siamo orgogliosi di avere esportato a tutto il mondo arabo lo spirito di libertà». Rachid Gannouchi, 73 anni, teologo e filosofo, è il padre di Ennahda, il movimento islamico moderato che ha guidato la Tunisia dopo la caduta del regime di Ben Ali, il dittatore che lo costrinse a un lungo esilio. Ennahda ha appena perso le elezioni e ha lasciato il potere senza creare problemi. E anche per questo, ora che nessuno a Tunisi ha la maggioranza, potrebbe essere essenziale alla creazione di una grosse koalition' in salsa tunisina. Abbiamo incontrato Gannouchi a pochi giorni dalle elezioni presidenziali. Sheik Gannouchi, cosa è rimasto della rivoluzione dei gelsomini? Il vento della restaurazione soffia potente. «La rivoluzione continua. Ha raggiunto già degli obiettivi importanti, come due elezioni libere e democratiche e l'approvazione di una costituzione moderna e inclusiva. E fino a che la rivoluzione tunisina continuerà ci sarà sempre una speranza per gli altri Paesi che hanno vissuto le primavere». Come definirebbe Ennahda? Quali sono i suoi valori? «Ennahda è un partito democratico che trova i suoi principi ispiratori nella religione islamica e nell'epoca in cui vive. Siamo tutti musulmani e viviamo in pace con la nostra epoca. Possiamo paragonare il nostro partito alla Dc in Italia o alla Cdu in Germania. Perché non dovrebbe esistere un partito islamico, moderno, democratico in Tunisia?» Lei ha mostrato interesse per il modello sociale scandinavo. Può spiegarci perché? «Perché l'Islam incoraggia l'iniziativa privata in economia, riconosce il diritto di proprietà e la libertà dei mercati. Nello stesso momento vorrebbe mantenere un certo equilibrio sociale, e per questo aspira a un'economia sociale di mercato. Noi siamo contro un capitalismo senza regole. Per noi il modello scandinavo è molto simile al modello islamico». Avete perso le ultime elezioni e ne avete riconosciuto l'esito. Accettate quindi i principi democratici? «Sì, ovviamente. Abbiamo dimostrato di essere democratici quando siamo andati al potere con elezioni e abbiamo governato con altri due partiti laici. Quando abbiamo ceduto il potere a un governo tecnico e infine quando, perse le elezioni, ne abbiamo riconosciuto l'esito. Con tutto questo nessuno può dire che non siamo un partito democratico». Nella Costituzione che voi avete voluto sono riconosciuti diritti civili. E non si parla di sharia. Potete essere un modello per i paesi vicini? «Speriamo di essere un modello per gli altri. Vogliamo un modello musulmano, democratico, moderno. Quanto alla sharia, è il parlamento, eletto dal popolo, che deve fare le leggi». Alle elezioni presidenziali voi non avete un vostro candidato. Ne appoggerete uno, magari al secondo turno? «Al primo turno abbiamo lasciato libertà di scienza ai nostri elettori. A un eventuale secondo turno, vedremo». Lei ha detto che la Tunisia, per superare i suoi problemi, ha bisogno di un governo di unità nazionale. Quali sono le condizioni per una vostra partecipazione, se Nidaa Tounes ve lo chiedesse? «A Nidaa Tounes non poniamo precondizioni, se saremo chiamati a governare con loro lo faremo solo se sapremo elaborare un accordo programmatico. Non ci interessano le poltrone, ma le cose da fare». Come vede la situazione in Libia? Come si può fermare la guerra civile? «La chiave è lasciare da parte le armi e mettersi attorno a un tavolo. Perché questo sia possibile è essenziale che venga superata la legge che impedisce agli esponenti del vecchio regime di ricoprire cariche pubbliche. Fino a che c'è questa legge, non si potrà avviare la pacificazione. La soluzione alla guerra civile è l'inclusione».