Giovedì 16 Maggio 2024
MARINELLA ROSSI
Cronaca

Software hackerato, caos in Procura. "Bloccate le indagini più delicate"

Milano, i pm: non escludiamo che siano stati violati dei fascicoli

Lo studente aveva già incassato 20mila euro

Lo studente aveva già incassato 20mila euro

Milano, 11 luglio 2015 - LA BRECCIA è una voragine. Indagini violate? Presto per dirlo, ma nessuno lo può escludere. Indagini rallentate o bloccate, sì. Indagini in sonno. E questo è un dato di fatto, una conseguenza logica ed elementare che la Procura di Milano non può smentire. E non smentisce. Galileo è messo in stand by, anzi è proprio imbavagliato, e tutte quelle inchieste che prevedono intercettazioni, e che necessitano di raffinati inseguimenti a distanza di indagati e individui sospetti – indagini su terrorismo, criminalità organizzata, su corruzione e reati contro la pubblica amministrazione, ma anche su pedofilia, violenze sessuali, omicidi – si sono fermate. Al palo. Decine, e solo a Milano. Perché il software remote control system che la società Hacking Team forniva a importanti società di intercettazioni le quali, a loro volta, garantiscono questo tipo di servizi alla Procura, è più infetto di un malato di Ebola. Conseguenze letali della catena di Sant’Antonio delle esternalizzazioni di attività investigative informatiche, non più fatte in proprio da carabinieri, polizia e guardia di finanza, ma commissionate a società esterne. E quante società. La Procura di Milano non aveva contatti diretti con Hacking Team, a parte la traccia residuale di una parcella da 13 mila euro del 2011, ma con le più importanti società di intercettazioni a supporto di attività investigative, che dalla milanese HT hanno acquistato il software, il raffinato Galileo che spia senza poter essere spiato.

FINO AL 6 luglio tragico dell’Hacking Team, quando una mole di 400 gigabyte è stata scaricata su Twitter (per poi fare seguire su Wikileaks un altro milione di mail scambiate fra dipendenti della società e nomi, nomi a profusione). E se questo scenario, come probabile, lo si può applicare ad altri uffici inquirenti, a forze dell’ordine che usavano la fascinosa tecnologia definita da fonti investigative «avanzatissima», ma venduta non in ossequio al dual use anche a governi canaglia e dittature per colpire il dissenso politico, l’effetto moltiplicatore del danno a indagini legali e nei termini di legge è spaventoso. Ora la Procura si muove su un doppio binario. L’inchiesta su quando, come e chi ha potuto hackerare Hacking Team, e quella sui danni alla segretezza di inchieste, che intanto vengono addormentate e ibernate almeno per quanto riguarda l’inseguimento dei bersagli. «Quali indagini sono state danneggiate lo sappiamo, e sono chiari i motivi per cui sul punto c’è assoluto riserbo», dice il procuratore aggiunto del dipartimento terrorismo e reati informatici, Maurizio Romanelli, che, con il sostituto Alessandro Gobbis e il dirigente della polizia postale Salvatore La Barbera, cerca tracce del conclamato accesso abusivo al sistema informatico, a carico di ignoti spaccamattoni. E a cui ieri è giunta una prima relazione, sommaria, degli affranti uomini di Hacking Team.

MENTRE il procuratore capo, Edmondo Bruti Liberati, risponde che «se in tutte le indagini c’è l’obbligo alla riservatezza, in questa la riservatezza va moltiplicata al cubo». Sia pure col paradosso, dietro l’angolo, di leggere, in uno stillicidio incalzante, ghiotte esclusive su Wikileaks. Ma la conta dei danni è una sommatoria che dovrà venire da molti mittenti, molte istituzioni, anche se ancora ieri dall’Aise, i servizi segreti, si mandavano segnali tranquillizzanti: "Non risultano in alcun modo compromessi obiettivi di ricerca né dati strategici dell’Aise, a cui non può in alcun modo accedere la società milanese Hacking Team". Ma a cui accedeva Galileo, se dall’Aise usato: il Remote control system che ora vive di vita propria.