Giovedì 16 Maggio 2024

Gil e Veloso, il ritorno del duo di Bahia. E un tour italiano in quattro date

I due si esibiranno questo mese in Italia in quattro date. Il 10 Luglio saranno a Chieri (TO) presso il Festival Area dei Beni Comuni di Chieri; l'11 luglio a quello di Villa Arconati a Bollate (Milano), il 17 luglio saliranno sul palco del prestigioso Umbria Jazz e il 19 su quello di Udin&Jazz a Villa Manin di Codroipo (Udine). Pubblichiamo la prima delle due interviste ai musicisti: parla Gilberto Gil

Cateano Veloso (sinistra) e Gilberto Gil (destra) in concerto (Olycom)

Cateano Veloso (sinistra) e Gilberto Gil (destra) in concerto (Olycom)

Caetano Veloso, assieme a Gilberto Gil, è l'inventore del tropicalismo, una forma musicale che tiene conto delle radici brasiliani per confrontarle con le culture di tutto il mondo. Come il suo 'compare' Gil ha percorso e spaziato tra moltissimi generi musicali. Sentiamolo qui nella seconda parte dell'intervista (qui puoi leggere la prima) a cura di Riccardo Jannello

Cinquant’anni di musica, per ognuno di voi due, il tropicalismo come invenzione e prima grande innovazione. Questa riunione è la terza tappa del tropicalismo o qualcosa di più?

«È una cosa più modesta, appena un semplice incontro, solo noi due con le nostre chitarre, accettando un invito perché celebrassimo la nostra storia. Abbiamo scelto alcune canzoni rappresentative e andiamo a cantarle».

In cinquant’anni si sono susseguiti generi e personaggi, com'’è cresciuta la musica brasiliana in questo mezzo secolo?»

«La musica popolare in Brasile è qualcosa di molto forte. Ha fenomeni commerciali pieni di energia creativa e di conseguenze sociologiche, come il Funk di Rio de Janeiro, la Tecnobrega del Pará, l’Axé Music di Bahia, o il Sertanejo Universitário del centro-ovest. E ci sono sempre talenti individuali, fuori e dentro di questi fenomeni, che spiccano. Il Mangue-Beat (o Bit) di Recife, nel Pernambuco, è stato un accadimento che ha rivelato una corrente creativa senza essere fenomeno commerciale, anche se se ne conosce il successo, né essere legata solo alle individualità. Abbiamo avuto molte varietà di generi in questi lunghi anni. E anche molta vitalità.»

Umbria Jazz, dove sarete venerdì 17, rievoca nella nostra memoria lo stupendo concerto sotto la pioggia del ‘94. Che cosa ricorda di quella sera?

«Fu una bellezza!».

Un duo fra musicisti con spiccate personalità che si assomigliano molto, e la vostra carriera lo dimostra, ma che hanno visto anche percorsi diversi. Le piace tutto quello che ha fatto il suo partner di questa tournée?

«Gil e io siamo molto vicini e molto differenti. Io amo tutto quello che significa la musica di Gil. Chiaro che non amo allo stesso modo qualsiasi composizione o registrazione in particolare. Ma lui è uno dei maggiori e dei più originali talenti propriamente musicali del Brasile di tutti i tempi».

Caetano rock: è una esperienza completata o ha ancora molto da dire?

«Non sono mai stato rock. E non ho mai mancato di dimostrare l’importanza che il rock ha avuto per me a partire dal 1966. Questo sta nel suono di ‘Velô’, nelle vesti che ho indossato lungo le varie decadi, nella composizione di brani come ‘Sampa’ che, apparentemente, non ha nulla del rock, ma tutto. È dentro la formazione della BandaCê, il trio che ho costituito con Pedro Sá per eseguire le canzoni che ho scritto per il disco ‘Cé e che mi hanno accompagnato da allora in poi. Ma non sono rock. Nemmeno sono samba. Nemmeno allo stesso modo sono musicista. Io sono io. Vivo la musica in trincea, amo la canzone, da Francisco Alves a James Blake. Con João Gilberto sempre al centro». 

 Che scaletta ci regalerete nei concerti italiani? Sempre la stessa ogni sera?

«Cantiamo in tutta Europa fondamentalmente le stesse canzoni in un ordine simile. Abbiamo cantato una canzone italiana nel debutto ad Amsterdam, e poi a Londra, a Bruxelles e ovviamente lo faremo in Italia. Ma possiamo sempre cambiare la nostra scaletta. Ancor di più essendo solo noi due con le nostre chitarre»

La rivoluzione musicale degli anni Sessanta è riproponibile oggi?

«Quelli furono anni molto speciali. Vari fattori concorsero perché quelle follie fossero vissute a tono. È difficile che qualcosa del genere venga riproposto. Ma qualcosa di completamente diverso può accadere. E qualcosa è già avvenuto, da tempo, con l’hip-hop».

Il Brasile attraversa un periodo difficile, la grande crescita sembra essersi frenata. Qual è la situazione attuale nel Paese?

«Per chi è brasiliano, abituato a vedere tutto male da sempre, l’euforia che tutto il mondo aveva per il Brasile pochi anni fa appariva esagerata, ma allo stesso tempo penso che il pessimismo che c’è adesso sia esagerato anch’esso».

Lei come Gilberto Gil è di Bahia. Quanta Bahia c’è nella sua musica?

«Molta. Molta Bahia. Fino dal nostro amico di trasformazioni, lui che rivoluzionò la canzone in Brasile, e che è baiano: João Gilberto, che a noi ha insegnato il mondo».

Quali i suoi maestri, e quali i suoi eredi?

«I miei maestri: Dorival Caymmi, Assis Valente, Noel Rosa, Aracy de Almeida, Orlando Silva, Sílvio Caldas, Mário Reis, Amália Rodrigues, Ella Fitzgerald, Luiz Gonzaga, Jackson do Pandeiro, Cole Porter, John Lennon, Paul McCartney, Bob Dylan, Ray Charles, James Brown, i Gershwin, Wilson Batista, Dolores Duran, Vinicius de Moraes, Antônio Carlos Jobim e, soprattutto, João Gilberto. Gli eredi sono i miei figli. Tutti e tre fanno musica e tutti e tre mi riempiono di incanto. Il tropicalismo ha avuto più conseguenze delle influenze che ha esercitato».

Quello che l’ha sempre contraddistinta è l’operosità e quindi è facile chiedere: che cosa ci sarà dopo questo duetto? 

«Io mi stavo chiedendo che cosa avrei fatto dopo l’uscita dell’album ‘Abraçaço’, e stavo promettendo a me stesso un lungo periodo sabbatico per scoprire com’è, quando è arrivato l’invito per viaggiare con Gil. Se non fosse stato Gil non avrei accettato. Ora il mio pensiero va alla realizzazione di questa tournée».  

a cura di Riccardo Jannello