Martedì 21 Maggio 2024
ANDREA MARTINI
Esteri

Festival di Cannes, Woody Allen tra malinconia e romanticismo

Café Society è il film del regista newyorchese che più di ogni altro sancisce l’incanto del racconto tchekhoviano trasferito su pellicola

Blake Lively e Kristen Stewart (Olycom)

Blake Lively e Kristen Stewart (Olycom)

Cannes, 11 maggio 2016 - Un andirivieni amoroso in pieni anni Trenta in cui il romanticismo delle passioni è messo a nudo con l’eleganza dell’epoca d’oro della commedia americana. Café Society, apertura di Cannes (69° edizione), è anche il film di Woody Allen che più di ogni altro sancisce l’incanto del racconto tchekhoviano trasferito su pellicola. Anzi su digitale visto che è questo il primo film del genio newyorkese a essere stato realizzato, complice Vittorio Storaro, alla sua prima esperienza alleniana, elettronicamente. Stesso trattenuto struggimento medesima ampiezza e profondità di sguardo dello scrittore russo.

L’inconfondibile voce di Woody apre il sipario su un ambiente che già conosciamo: la famiglia ebraica di tante pellicole. Una padre svogliato, una madre fin troppo premurosa e un paio di figli agli antipodi. Il primogenito sveglio e incline alle maniere spicce dell’aspirante gangster e il timido protagonista, Bobby (Jesse Eisenberg, il clone più dotato di Woody fino a oggi), che sentendosi soffocato tra le mura domestiche vuole tentare la fortuna a Hollywood dove lo zio materno (un eccezionale Steve Carell) è un potente agente e impresario di star.

La descrizione della mecca nel momento del suo maggior fulgore, tra set party e piscine, va da sé, è brillante e incisiva, tanto da fare invidia ai fratelli Coen. Allen evoca il mondo dorato e arrogante, scaltro e traditore, di star e produttori attraverso tocchi eleganti inventando figure che sembrano prese a prestito dalla penna di Fitzgerald.

Lo zio ricco e potente, all’arrivo di Bobby non trova meglio che affidarlo alla bella segretaria (Kristen Stewart) di cui è però anche l’amante. Bobby e la ventenne signorina venuta dal Nebraska, a forza di passeggiate e di proiezioni, finiscono per innamorarsi. Tutto giocato sui qui pro quo il rapporto a tre finisce quando lo zio lascia la moglie per sposare la bella segretaria.

Secondo atto. Bobby torna a New York sconsolato ma la formazione hollywoodiana ha dato i suoi frutti e in poco tempo diviene il brillante, efficace, braccio destro del fratello, oramai proprietario di un lussuoso night. Lo attendono una moglie affascinante e ricca, un figlio e una sicura carriera di manager. La fama del locale, il Café Society, dove si riunisce la società degli affari richiama anche lo zio e la bella moglie. I brevi incontri tra Bobby e la nuova, imprevista, zia porteranno inevitabilmente al rimpianto del tempo perduto. Si sa. Come dice Allen "la vita è una commedia scritta da un aurore sadico".

Di tutti gli autori cinematografici frequentati da Woody Allen forse Lubitsch era il più difficile a ipotizzare. Eppure come accade nei film del vecchio maestro tutto si consola e ognuno trova il suo posto che non è mai quello desiderato. L’ennesimo film di Allen? No, solamente l’ultimo e come tale il più godibile.