Sabato 18 Maggio 2024
ALDO BAQUIS
Esteri

Polveriera Turchia, le troppe giravolte del Sultano

Erdogan contraddittorio con l'Ue e critico con gli Usa. Ora fa l'amico di Putin e della Cina

Attentato in Turchia, lo strazio dei parenti delle vittime (ansa)

Attentato in Turchia, lo strazio dei parenti delle vittime (ansa)

Tel Aviv, 2 gennaio 2017 - Un obiettivo di carattere occidentale colpito al culmine di festeggiamenti legati a una ricorrenza spiccatamente cristiana, il Capodanno, invisa agli integralisti islamici: questi i primi elementi di analisi della strage al Reina Club in una Istanbul dove nei giorni scorsi erano stati appiccati poster che mostravano un integralista musulmano sferrare un potente pugno al volto di Babbo Natale: una «persona non grata» in un Paese che, sotto l’energica direzione del presidente Erdogan, si è costantamente allontanato dalla tradizione laica del padre della patria Ataturk per dirigersi verso un regime molto più impregnato di Islam sunnita.

L’attentato giunge mentre militari turchi sono duramente impegnati in terre siriane e irachene, sia contro combattenti Isis sia contro milizie curde. Con 400 morti in una impressionante serie di attentati negli ultimi 18 mesi, la Turchia ha ora la sensazione di vedersi trascinata nel vortice di quei conflitti. Ossia che almeno in parte le stragi siano una conseguenza delle nuove scelte strategiche di Erdogan: sempre più maldisposto verso l’Unione Europea, sempre più critico con gli Usa (da dove opera il suo arcirivale Fethullah Gulen), e in apparenza indirizzato verso nuove alleanze. Innanzi tutto con Putin, col quale ha appena messo a punto un accordo per un cessate il fuoco in Siria che taglia fuori gli Stati Uniti. Ma l’attenzione di Erdogan va oltre: ad esempio alla Organizzazione di cooperazione di Shanghai. Si tratta di un ‘club’ che include diversi governi fra cui Russia, Cina e che in futuro dovrebbe accogliere Pakistan, Iran e India. Potrebbe offrire alla Turchia accordi importanti sulla sicurezza e per l’acquisto di risorse di energia, fra cui gas naturale e petrolio.

Le scelte più recenti di Erdogan sono in apparenza collegate al fallito colpo di Stato della scorsa estate. Il presidente turco afferma di avere prove concrete che sia stato ispirato da Gulen, di cui per ora gli Usa rifiutano l’estradizione. Nel segno della «lotta al terrorismo» è poi scattata la repressione dei sostenitori reali o presunti di Gulen in Turchia. Migliaia di arresti, la chiusura di mass media e la probabile discussione politica della reintroduzione della pena di morte per i golpisti. Sviluppi che hanno ulteriormente inasprito le relazioni fra Bruxelles e Ankara.

VIDEO - Attentato Istanbul, l'attentatore spara all'impazzata

Resta incerta la realizzazione dell’accordo di assistenza finanziaria europea alla Turchia per aver accolto milioni di profughi siriani. Se dunque Usa e Ue danno a Erdogan l’impressione di volersi intromettere in questioni interne turche, il presidente si sente più a suo agio con i nuovi e più prudenti interlocutori, come appunto Russia e Cina. E questa svolta viene seguita con apprensione nei vertici della Nato, anche perché sul terreno, in Siria, le forze russe e turche agiscono ora in sintonia. Da che parte starebbe allora la Turchia, si chiedono osservatori in Occidente, se un giorno Nato e Russia si trovassero di nuovo in una situazione di confronto, come già avvenuto in Ucraina?

Chi sta dunque seminando il terrore ad Ankara e Istanbul? Miliziani dell’Isis, possibilmente infiltratisi fra i profughi? Oppure i curdi, ben radicati nella Turchia meridionale? O magari seguaci di Gulen? Oppure agenti provocatori attivati da potenze occidentali avverse ad Erdogan? Le minacce con cui i servizi segreti turchi devono misurarsi sono senza precedenti nella storia recente del Paese. Le turbolenze che scuotono la Regione fanno temere che anche il 2017 sarà segnato in Turchia da violenze e tensioni.