Domenica 5 Maggio 2024

Berlino striglia Renzi e Hollande. "Irresponsabile l’asse anti rigore"

"Manipolati da Atene". La Germania respinge le accuse di Draghi

Renzi e Hollande (Afp)

Renzi e Hollande (Afp)

BRUXELLES, 10 settembre 2016 - QUELLO che sta succedendo in Europa appare chiaro nelle parole gelide del capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, il tedesco Manfred Weber: «Il fatto che Renzi e Hollande si lascino manipolare dai soliti giochetti di Tsipras, non è un segnale di senso di responsabilità». La stoccata mira a colpire la versione inedita di un Fronte del Sud, con i leader di Italia, Francia, Grecia, Portogallo, Malta e Cipro riuniti ieri ad Atene per tentare un approccio comune sulle politiche economiche e sulla gestione dell’immigrazione. Una linea da presentare la prossima settimana a Bratislava, alla riunione dei 27 capi di Stato e di governo, la seconda senza il Regno Unito. Nessuno vuole lasciare ad Angela Merkel il ruolo di tessitrice della sempre slabbratissima tela europea. Dall’altra parte c’è il Fronte del Nord, a trazione tedesca. Berlino sta giocando la partita dell’unità dei governi europei per fronteggiare le crisi multiple, dall’immigrazione al terrorismo, ma sull’economia continua a giocare al ribasso. Troppo al ribasso anche per Mario Draghi che ha appena bacchettato con toni inusuali la Germania, considerando insufficiente la sua politica per la crescita economica europea. I margini per la ripresa, ha detto, ci sono nel surplus di bilancio. Berlino replica con il suo falco, il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, che critica ancora una volta la politica della banca centrale europea: è l’euro reso debole dalla Bce a favorire l’export tedesco e quindi a creare surplus.  Chiarissimo l’umore tedesco anche sulla riunione di Atene. Sprezzante Schaeuble: riguarda «dei capi partito e quando si incontrano dei dirigenti dei partiti socialisti, nella maggior parte dei casi, non ne esce qualcosa di terribilmente intelligente». Dire che il fair play è rimasto a casa è il minimo.    LA GERMANIA è alla campagna elettorale ‘totale’ (si vota l’anno prossimo), Cdu e socialdemocratici governano insieme, ma non sembrano più alleati. L’europarlamentare della Csu (partito ‘fratello’ della Cdu) Markus Ferber: «Sono profondamente preoccupato che i paesi del sud Europa formino una coalizione forte di ‘indisponibili’ alle riforme, minacciando la stabilità finanziaria in Europa. Dopo l’uscita della Gran Bretagna, il Club Med avrà una minoranza di blocco (nelle decisioni al Consiglio Ue, ndr) che potrà impedire ogni tipo di decisione a Bruxelles a loro sgradita».    L’INCONTRO di Atene e la riunione a Bratislava dei ministri finanziari (ieri l’Eurogruppo e di nuovo oggi l’Ecofin informale) danno il senso dell’estrema confusione di questa fase. La divergenza sulla flessibilità sui conti pubblici, che riguarda in primo luogo l’Italia, ma non solo, è reale. Che porti a rotture è da vedere. La discussione dei ministri dell’euro nella capitale slovacca sulla Grecia ha messo in luce, per esempio, la volontà di «non drammatizzare» (è il termine usato dalla Commissione europea) le lentezze del governo di Atene a mettere in pratica alcune misure economiche nell’ultimo periodo (c’è un ritardo nelle privatizzazioni). Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, è stato prudentissimo sulla Spagna, in preda a una crisi politico-istituzionale che appare interminabile. Sull’Italia non ha dato segni di apertura.    LA COMMISSIONE fatica a non farsi stritolare. Il commissario Pierre Moscovici indica l’ovvio e mostra quanta prudenza ci sia a Bruxelles sulla richiesta italiana di estendere al 2017 la flessibilità sul deficit (vale circa 8-10 miliardi): «L’Italia ha già beneficiato di molta flessibilità e deve rispettare le regole sui bilanci, che sono flessibili e intelligenti, non bisogna correre troppo». Nello stesso tempo Moscovici risponde all’accusa di essere debole con certi governi (o di fare un gioco di casa socialista per salvare Francia, Italia, eccetera). «Ne ho abbastanza di attacchi alla Commissione, noi agiamo sempre nell’ambito delle regole, senza pressioni e senza farci influenzare, ma tenendo conto dell’economia e, a volte, anche della politica, che esiste perché siamo in democrazia. Le decisioni sui deficit sono prese senza alcun tipo di pressione da parte dei governi anche se, naturalmente, in un dialogo con i governi».