Giovedì 16 Maggio 2024

Draghi taglia il costo del denaro Le Borse brindano, crolla lo spread

Elena Comelli MILANO ALLA FINE l’ha fatto: Mario Draghi ha ridotto ancora il costo del denaro. Il board della Bce ha deciso «in modo non unanime» di abbassare di 10 punti base tutti i tassi, da quello di rifinanziamento principale a quello sui depositi. Il costo del denaro, il parametro principale, scende così al nuovo minimo storico dello 0,05%, mentre quello sui depositi passa dal -0,1 al -0,2%. Ciò significa che alle banche costa di più tenere i soldi bloccati all’Eurotower e la speranza della Bce è che li rimettano finalmente in circolo. Matteo Renzi ha applaudito: «Bene, messo un altro tassello». Lo stesso Draghi — che ha incitato i governi a mettere lo sprint alle riforme — ha poi spiegato che la Bce ha deciso di avviare, anche in questo caso senza unanimità, un programma di acquisto di Abs ‘semplici e trasparenti’: strumenti con i quali si ‘impacchettano’ in un titolo finanziario i crediti verso il settore non finanziario, inclusi i titoli che hanno come sottostante crediti immobiliari. In questo modo, ha detto il governatore, «liberiamo spazio nei bilanci delle banche, a patto che reinvestano nell’immobiliare». L’impatto? La Bce si aspetta 700 miliardi in più. I piani di acquisto inizieranno dopo il board di ottobre e nella valutazione di Draghi dovrebbero, insieme al taglio dei tassi, riportare l’inflazione verso il target del 2%. In caso diverso, «se dovesse essere necessario», la Bce è pronta a nuove «misure straordinarie». Del quantitative easing, l’acquisto di titoli sul mercato, si è parlato nel board, ma «alcuni sono contrari a fare di più». Tagliare il tasso di rifinanziamento principale a nuovi minimi risponde al disegno di far scendere il valore della moneta unica nei confronti del dollaro: le istituzioni finanziarie potrebbero finanziarsi in euro (ora che il costo è praticamente azzerato), per poi vendere euro e investire in strumenti in altre valute, più redditizi. Di conseguenza queste altre valute si rafforzerebbero e un euro meno forte aiuterebbe le esportazioni, ridando fiato all’inflazione. Non a caso, la risposta dei mercati è andata subito in questa direzione: l’euro ha chiuso ai minimi dal luglio 2013, rompendo il supporto di 1,3 dollari (1,2966) e i mercati hanno festeggiato, con Milano in testa a 2,82%. Le mosse della Bce hanno schiacciato sensibilmente anche lo spread tra Btp e Bund, sceso a 138 punti. ORA PERÒ la posizione dell’Eurotower è molto delicata: l’inflazione Ue è sempre più piatta, va verso lo zero e la ripresa economica non si vede ancora. La mancata unanimità mette di nuovo in luce la contrarietà della Germania: il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, si sarebbe opposto a entrambe le misure annunciate. La frenata sul quantitative easing, che comunque nessuno attendeva per stavolta, serve anche per tranquillizzare Berlino.