Mercoledì 24 Aprile 2024

Doppia missione

Nina Fabrizio

ALL’INIZIO, quando il viaggio negli Stati Uniti stava prendendo forma, Francesco voleva aggiungere una visita in Messico con una tappa più che simbolica alla frontiera tra i due Paesi, il border wall in cui tanti migranti latinos in cerca di fortuna negli Usa hanno perso la vita. La diplomazia vaticana sconsigliò a Bergoglio un ingresso negli States così impolitico. In quei giorni emerse anche l’invito di Cuba, del cui disgelo con gli Usa il Pontefice è stato mediatore silenzioso ed efficace. Bergoglio disse subito: «Cuba? Vado domani». Ma il tema della migrazione, centrale per lui, è rimasto. «Entrerò negli Stati Uniti come un migrante».

 

È IL VIAGGIO più lungo, e il più complesso. Tutti i temi di Francesco sono sul tappeto e connessi tra loro: migrazioni, lotta alla povertà e alle disuguaglianze, ecologia, pace. Riconciliazione. I luoghi, cruciali per i destini del mondo: la Casa Bianca, il Congresso americano, la sede dell’Onu. Ma intanto Cuba. Dove Francisco, guardato in tutto il Sudamerica come quel capo spirituale capace di innalzare le istanze del Sud del pianeta davanti ai potenti, è atteso come il leader in grado di aprire alla svolta. E così lo aspetta il regime castrista, Fidèl in prima linea, ex allievo di gesuiti che riceverà il gesuita Francesco all’Avana in privato, chissà se anche stavolta come fece con Wojtyla, togliendosi la storica uniforme da guerrillero in segno di rispetto.

 

UNO DEGLI ULTIMI regimi comunisti al mondo, per quegli incroci solo apparentemente contraddittori della Storia, dopo sessant’anni di difficilissimo rapporto con la Chiesa cattolica, si affida ora a Francesco, suo capo, confidando che possa mettere a segno almeno due missioni. Determinare il voto favorevole del Congresso Usa per la caduta del bloqueo, l’embargo che da 60 anni stringe l’isola in una morsa su cui l’intera diplomazia vaticana assieme a Francesco è schierata in forte pressing. Ma forse, ancor più ambizioso come obiettivo, ottenere che il Papa argentino divenga l’alleato clou nel traghettare l’isola da baluardo del comunismo verso un’apertura al mondo che la protegga dall’appiattimento sul modello unico. E che della Revolucion salvi almeno le ragioni ideali. Quell’afflato battagliero e anti-imperialista che gli stessi cubani, ormai determinati ad andare avanti, con orgoglio non vogliono comunque lasciare indietro.