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Il direttore degli Uffizi: bene l’Artbonus

Eike Schmidt: "Cerco mecenati anche all’estero"

Il direttore della Galleria degli Uffizi Eike Schmidt (Newpress)

Il direttore della Galleria degli Uffizi Eike Schmidt (Newpress)

Firenze, 6 gennaio 2016 -  PER LUI non è una novità, anzi. «Considero la ricerca di finanziatori per il sostegno della cultura un atto dovuto, non si tratta di andare a chiedere l’elemosina con il cappello in mano, ma di affiancare un ruolo manageriale a quello scientifico. Cosa che ho fatto fino a ora». Ha idee ben precise in merito all’incrementare il numero dei moderni mecenati Eike Schmidt, 47 anni, tedesco di Friburgo, esperto di arte fiorentina con alle spalle una tesi di dottorato su ‘La collezione medicea di sculture in avorio nel Cinque e Seicento’. Come nuovo direttore della Galleria degli Uffizi – il più visitato museo italiano con un milione e 936mila presenze nel 2014 – di Palazzo Pitti e del Giardino di Boboli, intende importare dagli Stati Uniti, dove dal 2009 ha diretto il dipartimento di scultura, arti applicate e tessili del Minneapolis Institute of Arts, il concetto di ‘tax relief’.

Ovvero direttore?

«Chi contribuisce con donazioni ha diritto alla decurtazione dall’imponibile. Un po’ come accade ora anche in Italia grazie all’Art bonus che prevede un credito d’imposta».

Soddisfatto?

«Senz’altro, si tratta di un cambiamento della cultura di questo Paese, poco abituato a fare mecenatismo: lo sgravio fiscale è un invito a dare di più».

Come ha trovato la situazione per quanto riguarda il patrimonio dello Stato che amministra?

«Siamo ancora alle primissime settimane di questa grande trasformazione, e tutto è ancora in divenire: ho incontrato gli ‘elargitori’ storici del Polo museale e della prima Galleria fiorentina (gli Amici degli Uffizi, i Friends of Florence e Ferragamo), che già tanto hanno fatto sia sul fronte delle acquisizione sia su quello dei restauri. Con loro il rapporto si consoliderà, ma conto di trovare anche altri investitori».

Estenderà la sua ricerca anche all’estero?

«Naturalmente (ride, ndr). Sono tedesco, ho lavorato a lungo negli Stati Uniti, le conoscenze non mancano e, senza niente togliere a quello che viene già dato altrove, ho già avviato i contatti per portare un po’di linfa vitale, economicamente parlando, anche alle nostre casse».

Il ministro Franceschini ha avanzato l’ipotesi di premiare con un’ulteriore somma di denaro da investire, il museo o comunque la realtà che avrà raccolto fondi grazie agli sponsor: che cosa ne pensa?

«Sono favorevolissimo, un’idea molto buona e realizzabile. Non solo: conto di concorrere e piazzarmi molto bene nella classifica. Vede, il reperimento dei finanziatori dipende in buona parte dai contatti personali che uno ha. Occorre individuare il potenziale sponsor e coinvolgerlo».

Negli States ha concluso numerosi accordi con tanti mecenati, soprattutto nel campo delle nuove acquisizioni: qui?

«Questa è la priorità degli americani, dove le collezioni sono in nascita. In Italia la situazione è molto diversa: questo non vuol dire che le acquisizioni da noi non si faranno, ma dovranno essere opere specifiche, di un pittore molto importante, capace di dare una nuova spinta e sposarsi alle altre opere della collezione, aumentandone il valore; oppure il dipinto di un artista che manca del tutto, di cui il museo non ha opere. Alcuni pezzi possono apparire sul mercato (aste, privati) e, in questo caso, lo Stato dev’essere pronto a comprare».

L’ambito che ha più bisogno?

«Naturalmente quello del restauro: sculture, dipinti, affreschi, arazzi, ma anche gli adattamenti architettonici. Il ‘museo delle carrozze’ di Palazzo Pitti, ad esempio, non ha spazio, ma necessitano alcuni milioni di euro per fare i lavori. Se qualcuno volesse candidarsi...».

La sua strategia, direttore Schmidt?

«Campagne ben mirate, avere progetti chiari da proporre, altrimenti si ottiene poco: la trasformazione innescata dall’Art bonus è agli inizi, inoltre ogni proposta dev’essere vagliata dal comitato scentifico dei singoli musei statali dotati di autonomia. Dopodiché sarà la bellezza dell’arte a parlare: a noi direttori spetta il compito di estendere ai nuovi mecenati il suo irresistibile fascino».