Sabato 18 Maggio 2024
LAURA CINELLI
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Il Campiello alla follia della Vinci. Nel manicomio-lager dei bambini

Non trionfava una donna dal 2010. Seconda Elisabetta Rasy

Simona Vinci (Foto Ansa)

Simona Vinci (Foto Ansa)

Venezia, 11 settembre 2016 - Tutti dicevano lei e alla fine hanno avuto ragione. Simona Vinci con la sua struggente storia di “normale” follia in un manicomio-lager in terra greca ha vinto la 54.ma edizione del Premio Campiello. “La prima verità” (Einaudi) ha battuto con 79 voti “Le regole del fuoco” (Rizzoli) di Elisabetta Rasy, che di voti ne ha avuti 64 e che molti, fino alla fine, visti i primi 100 risultati, pensavano avesse la meglio perfino su Andrea Tarabbia, subito salito in pole position. Invece “Il giardino delle mosche” (Ponte Alle Grazie) di voti ne ha realizzati 62. Poi a ruota 41 schede per Luca Doninelli con “Le cose semplici” (Bompiani) e 34 per Alessandro Bertante con “Gli ultimi ragazzi del secolo” (Giunti). Era dal 2010 che il Campiello non andava a una scrittrice, in quell’occasione a vincere era stato “Accabadora” di Michela Murgia (Einaudi).

Una vittoria annunciata quella della Vinci? Forse. Ma i dubbi erano tanti. I trecento lettori che hanno deciso a chi assegnare la vera da pozzo del Campiello 2016 fino alla fine hanno lasciato tutti con il fiato sospeso e i rumors dell’ultima ora concordavano tutti sul fatto che il libro della Vinci fosse troppo tosto, difficile per il fruitore medio. Non è stato così. La guerra interiore dei malati psichiatrici della scrittrice, i loro racconti di dolore, la lontananza, le barbarie di un conflitto disumano hanno incantato e commosso. Soprattutto le donne, che hanno visto in questa/quella umanità sofferente fatta di orfani, disadattati, psicotici, di matti, il coraggio del riscatto personale e collettivo, la vittoria dei folli contro la barbarie. Un bel riconoscimento. Perché il Campiello resta uno dei riconoscimenti più prestigiosi e vitali del panorama letterario internazionale. Cinque finalisti, una giuria di letterati e il voto di trecento lettori anonimi che decidono le sorti del super vincitore, quello che a parere di tutti ha saputo interpretare al meglio la sensibilità sociale del momento. E quest’anno, se vogliamo trovare la parola che ha unito tutti i libri, dobbiamo dire guerra.

GUERRA fatta e vissuta dalla gente comune, il conflitto interiore di anime e di corpi. Bertante ha toccato con mano l’esperienza croata, Doninelli ha parlato di amore, lontananza e guerra che attraversa le vite. La Rasy ci ha raccontato di un amore fra donne ma soprattutto di dolore e morte in un piccolo ospedale sul Carso. Tarabbia di un assassino seriale sullo sfondo di un’Unione Sovietica che si avvia al tramonto. Nel corso della serata alla Fenice sono stati premiati anche altri autori il Campiello Giovani è andato a una diciassettenne di Milano, Ludovica Medagli per il racconto “Vanderer (Viandante)” , il Premio Fondazione Campiello alla carriera a Ferdinando Camon, il Campiello Opera Prima a Gesuino Némus (“La teologia del cinghiale”-Elliot Edizioni) e per la prima volta il Premio Campiello Economia al giornalista Dario Di Vico.