Lunedì 29 Aprile 2024

Scoperto magma sotto l'Appennino. "Può causare forti terremoti"

Lo studio di Ingv e università di Perugia pubblicato da Science Advances. La sorgente di magma si trova sotto il Sannio-Matese

Un sismografo (foto di repertorio)

Un sismografo (foto di repertorio)

Roma, 9 gennaio 2018 - Una scoperta di Ingv e Università di Perugia apre scenari inquietanti sul rischio terremoti nell'Appennino meridionale. Ci sarebbe infatti una sorgente di magma sotto il Sannio-Matese, localizzata in profondità, in grado potenzialmente di generare scosse sismiche di "magnitudo significativa" e terremoti più profondi rispetto a quelli registrati finora nell'area. Lo studio da cui emerge la scoperta è stato pubblicato sulla rivista Science Advances: autori sono l'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e il Dipartimento di Fisica e Geologia dell'Università di Perugia. La ricerca è intitolata 'Seismic signature of active intrusions in mountain chains'.

LO STUDIO - La ricerca impatta sulle conoscenze della struttura, composizione e sismicità delle catene montuose, sui meccanismi di risalita dei magmi e dei gas e su come monitorarli. I dati raccolti mostrano che i gas rilasciati da questa intrusione di magma sono costituiti prevalentemente da anidride carbonica, arrivata in superficie come gas libero o disciolta negli acquiferi di questa area dell'Appennino. La presenza di magma, secondo gli studiosi, potrebbe generare forti terremoti. 

IL GEOFISICO - "Le catene montuose sono generalmente caratterizzate da terremoti riconducibili all'attivazione di faglie che si muovono in risposta a sforzi tettonici - spiega Francesca Di Luccio, geofisico Ingv e coordinatore, con Guido Ventura, del gruppo di ricerca che ha pubblicato lo studio - tuttavia, studiando una sequenza sismica anomala, avvenuta nel dicembre 2013-2014 nell'area del Sannio-Matese con magnitudo massima 5, abbiamo scoperto che questi terremoti sono stati innescati da una risalita di magma nella crosta tra i 15 e i 25 km di profondità. Un'anomalia legata non solo alla profondità dei terremoti di questa sequenza (tra 10 e 25 km), rispetto a quella più superficiale dell'area (10-15 km), ma anche alle forme d'onda degli eventi più importanti, simili a quelle dei terremoti in aree vulcaniche".

Una "stretta correlazione", quella rilevata tra intrusioni magmatiche e terremoti significativi, che spalanca nuovi orizzonti alle ricerche dei sismologi.  "Questo risultato - aggiunge Guido Ventura, vulcanologo dell'Ingv - apre nuove strade alla identificazione delle zone di risalita del magma nelle catene montuose e mette in evidenza come tali intrusioni possano generare terremoti con magnitudo significativa. Lo studio della composizione degli acquiferi consente di evidenziarne anche l'anomalia termica".