Cold case, la svolta della scienza. Un super test per inchiodare i killer

La nuova tecnica del Deparray separa i Dna sulla scena del crimine

Rilievi dei Ris (Ansa)

Rilievi dei Ris (Ansa)

Roma, 29 settembre 2017 - LA PROVA regina diventa ancora più regina, adesso. E tanti rompicapi giudiziari, discutibili e complicati per la difficoltà di isolare un profilo genetico in presenza di tracce biologiche miste, potrebbero tornare improvvisamente semplici. Un esempio? I dna presenti sul coltello e sul gancetto del reggiseno del caso Meredith, su cui si sono accapigliati le accuse e le difese ai processi contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito, saranno adesso estrapolati in maniera giudiziariamente inattaccabile. Tutto questo grazie al Deparray, una tecnica che i laboratori dei Ris hanno messo a punto assieme alla Menarini. Partendo dall’esperienza maturata nelle cure oncologiche dalla casa farmaceutica fiorentina, la ricercatrice Francesca Fontana e l’equipe del reparto scientifico dei carabinieri, hanno messo a disposizione della genetica forense un’arma davvero formidabile. Rivoluzionaria, soprattutto per chi indaga su omicidi, violenze sessuali, rapine o comunque tutti quegli episodi in cui certe tracce di origine biologica, sangue, saliva, sperma, sudore, si mescolano a tal punto da confondere le «targhe» del dna.

Invece, Deparray ha una precisione assoluta, maturata dall’esigenza, nel campo della ricerca contro i tumori, di separare ogni componente, in quel caso le cellule cattive da quelle buone per studiarne le peculiarità. Applicata alla genetica, dunque, questa tecnica consente di isolare le varie tracce repertate sulla scena di un delitto, di qualsiasi natura esse siano. E ottenere la relativa paternità «in maniera assolutamente pura». E inattaccabile nei processi. «Non è tutto così semplice come si vede nelle serie tv - osserva Francesca Fontana, responsabile ricerca in biologia Menarini - e molto spesso il Dna che viene analizzato è misto e confuso; non sempre riconducibile a un solo individuo. L’aspetto innovativo di questa tecnologia è quello di separare una mistura di vari fluidi, risalendo alle sue componenti originarie. Ce li possiamo immaginare come un sacchetto di biglie di tanti colori diversi, e noi riusciamo ad isolare il colore che vogliamo. Questa tecnologia, che può rappresentare il futuro nella scienza investigativa ha tante similitudini» con «l’analisi dei tumori. In entrambi i casi troviamo questa presenza di due o più tipi di cellule che i ricercatori vorrebbero separare per analizzare al meglio».

«Il progetto – spiega il tenente colonnello Andrea Berti, Comandante della Sezione di Biologia del Reparto – è senza dubbio la novità più promettente e rivoluzionaria che il mondo della genetica forense ha visto negli ultimi anni. Continueremo a lavorare intensamente sul progetto per capire fino in fondo i limiti di tale tecnologia e poterla poi applicare anche a tracce infinitamente piccole che ricerchiamo sulla scena di un crimine». «Siamo entusiasti per i risultati della collaborazione tra Menarini e i carabinieri – rileva Domenico Simone, membro del Cda di Menarini-– oggi ci rende orgogliosi sapere che possiamo contribuire in modo determinante anche in altre aree della scienza». Ora, Menarini Silicon Biosystems proseguirà la collaborazione con il Ris di Roma e altri laboratori di genetica forense all’estero per la validazione sperimentale del protocollo. La comunità scientifica, intanto ha già attribuito a questo gruppo di ricercatori made in Italy il proprio riconoscimento: la pubblicazione sulla rivista Forensic science international equivale a un Oscar per un lavoro iniziato nei laboratori quasi tre anni fa.