Giovedì 16 Maggio 2024

Delitto Caccia, svolta dopo 32 anni: arrestato il presunto killer

L'allora procuratore capo di Torino fu ucciso nel 1983 mentre passeggiava con il cane. L'arrestato è un 64enne di origini calabresi. La figlia: "Ora fare luce su tutti i mandanti"

Rocco Schirripa, il presunto killer di Bruno Caccia (Ansa)

Rocco Schirripa, il presunto killer di Bruno Caccia (Ansa)

Torino, 22 dicembre 2015 - Svolta nel delitto Caccia. Dopo 32 anni, uno dei presunti assassini di Bruno Caccia, il procuratore capo di Torino ucciso nel 1983, è stato arrestato dalla polizia. Si tratta di Rocco Schirripa, un torinese di 64 anni, di origini calabresi, che attualmente faceva il panettiere alla periferia della città. Contro di lui, rivelano fonti investigative, ci sarebbero "numerose prove".  L'inchiesta è stata coordinata dalla procura di Milano. Le indagini erano state riaperte anche in seguito alle richieste dei legali della famiglia di Caccia. "L'arresto di oggi è un tassello importante per gli sviluppi futuri dell'inchiesta - commenta Cristina Caccia, la figlia del giudice. Ci auguriamo che possa far luce su tutti i risvolti rimasti oscuri di questa vicenda, a partire dagli altri mandanti".

SCHEDA / Chi era Bruno Caccia

IL DELITTO - Erano le undici sera del 26 giugno 1983, 32 anni fa. Il procuratore capo di Torino fu ucciso con 14 colpi di pistola mentre portava a spasso il suo cane sotto casa, sulla precollina di Torino. Lo freddarono sparando da una 128.  Era domenica, Caccia e aveva deciso di lasciare a riposo la scorta. Per l'accaduto fu arrestato, nel 1993, il mandante del delitto, Domenico Belfiore, esponente di spicco della 'ndrangheta in Piemonte, poi condannato all'ergastolo e dallo scorso 15 giugno ai domiciliari per motivi di salute. Caccia stava indagando su numerosi fatti di 'ndrangheta tra cui alcuni sequestri di persona

LA DINAMICA - Secondo gli inquirenti della Dda di  Milano, Schirripa avrebbe dato il "colpo di grazia" al magistrato. Domenico Belfiore, già condannato all'ergastolo per il delitto, e il suo "soldato", Rocco Schirripa avrebbero atteso il magistrato a bordo di un'auto, appostati vicino alla sua casa.  Belfiore, esponente di spicco della 'ndrangheta in Piemonte, avrebbe sparato a Caccia dalla vettura, ferendolo. A quel punto, secondo le accuse, Schirripa sarebbe sceso dall'auto, per finire il procuratore con un colpo di pistola alla testa. Schirripa è stato incastrato grazie ad una lettera anonima inviata dagli inquirenti milanesi a Domenico Belfiore, già condannato all'ergastolo per l'episodio. In seguito alla lettera sono state intercettate le "reazioni". sul coinvolgimento di Schirripa.

UN GIALLO MAI CHIUSO - I colleghi di Caccia, dal procuratore generale Marcello Maddalena al procuratore capo Giancarlo Caselli, lo hanno ricordato in questi anni. "Ci sono ancora troppi buchi", diceva l'avvocato Fabio Repici, il legale della famiglia Caccia, che in occasione del trentennale della morte avevano chiesto di riaprire il caso. Erano gli anni di Piombo e per le strade del capoluogo piemontese scorreva il sangue del terrorismo e della criminalità organizzata. Ai principali quotidiani nazionali arrivano le prime rivendicazioni: da principio le Brigate Rosse, poi Prima Linea e persino in Nar. La matrice, però, si rivelò falsa e si fece strada l'ipotesi del crimine organizzato. Dopo 32 anni le indagini, coordinate dal pm Ilda Boccassini, hanno portato oggi all'arresto del 64enne calabrese. E su una delle pagine più buie di Torino, potrebbe finalmente essere stata fatta luce. 

LE REAZIONI - "Una ferita rimasta aperta per trent'anni. Ci auguriamo che le indagini possano fare luce e assicurare alla giustizia i responsabili", il commento del sindaco di Torino, Piero Fassino. Il capo della Dda di Milano, Ilda Boccassini, si è detta "emozionata" per la svolta nelle indagini.