Lunedì 6 Maggio 2024

Boldrini, crociata femminista: "Chiamatemi signora presidente"

Sul web pioggia di critiche: «È la paladina delle cause inutili»

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Roma, 6 marzo 2015 - CHE LAURA Boldrini sia da sempre in prima linea per i diritti delle donne, è noto. Ma che abbia deciso di superare addirittura l’Accademia della Crusca imponendo la declinazione femminile alla dizione dei ruoli istituzionali, è l’ultima novità. Proprio nel giorno in cui Renzi l’ha accusata di debordare dal suo ruolo istituzionale, la presidente della Camera ha deciso di lasciare un altro segno del suo mandato attraverso la linguistica parlamentare; d’ora in poi occhio a chi dice «ministro» o «presidente» se dall’altra parte c’è una donna. Si dovrà dire, «la ministra», «la presidente». E via declinando.

Quello della Boldrini non è solo un desiderata, dunque, ma una richiesta esplicita di adeguamento a un nuovo corso di «rispetto del genere», a partire dalle aule parlamentari. Nuovo corso certo benvenuto, ma il modo, ovvero una lettera della Presidenza, è apparso ai più un po’ stonato.

Poco importa se, all’inizio, il gergo potrà apparire cacofonico («la ministra» è davvero stridente), ci si farà l’abitudine. E i primi che dovranno adeguarsi saranno proprio i resoconti stenografici dell’Aula, dove la dizione di genere dovrà essere rispettata.

La logica da cui parte la Presidente della Camera è squisitamente didattica: le Istituzioni, per prime, devono dare il buon esempio, dato che la disparità di genere, nella società, è ancora grave. E l’immagine femminile prevede ancora solo due alternative, o «svestita» o «angelo del focolare», entrambe inaccettabili per la Boldrini che nella seconda ipotesi chiosa: «Il focolare c’è nella nostra vita, ma non c’è solo quello. Se la donna la riduci ad un oggetto, ne fai quello che vuoi».

Parole di ovvio buon senso, che si sono unite alla speranza, sempre espressa dalla Boldrini nella lettera, «che il rispetto e l’uguaglianza di genere vengano insegnate a scuola» e che venga superato ciò che è più grave, ovvero la differenza salariale tra uomo e donna.

UNA VIGILIA d’8 marzo particolare, dunque, alla Camera, dove le sollecitazioni della Boldrini sono state accolte con un sorriso.

Oppure con cipiglio garibaldino come nel caso di Mara Carfagna, portavoce dei deputati azzurri, che ha risposto piccata: «Perché non sollecita i colleghi ad occuparsi di quelle che sono le vere emergenze del Paese e, di conseguenza, delle donne»? Una risposta senza un grammo d’ironia che, invece, hanno usato altri deputati ricordando autorevoli studi, come la Guida alla redazione degli atti amministrativi predisposta dall’Accademia della Crusca, dove si dava per corrette le espressioni istituzionali declinate al maschile.

Insomma, il cambio di linguaggio è davvero un tema così forte da meritare di essere eletto a regolamento parlamentare?

Ecco, su Twitter se lo sono chiesto. E la risposta è stata dura: il profilo twitter della Presidente della Camera è stato inondato da veri e propri insulti. «Presidente – scrive un utente – per smettere di twittare desidera un brava? Le è sufficiente o preferisce altro? ci dica....». Roberto dice: «Mio dio! ma volete fare le cose serie ???? il lavoro etc????». ‘Cinguetta’ Sandro: «Impari prima lei il rispetto». E Carlo aggiunge: «Da cittadino le dico che per me non ha i requisiti minimi per ricoprire tale carica poi veda lei». Uno dei tweet più duri arriva, però da una donna, Arianna: @lauraboldrini collega, collego!!! St...».

Non meno forti le parole di Anna: «La paladina delle cause inconsistenti e inutili... Un po’ di buon senso, che diamine!!!».

E, in ultimo, Sabrina: «Questione di forma. Ma la sostanza?». Ecco, quella davvero si stenta a trovare.