Lunedì 29 Aprile 2024

Partita doppia

IL RITORNO in campo di Berlusconi era un passaggio obbligato dopo la debacle emiliana. Ma è anche una condanna. Il Cavaliere ha fatto il pieno della piazza, come e più di prima. Ma ha confermato per l’ennesima volta che o c’è lui a tenere il campo o Forza Italia va a picco. Gli argomenti sono stati classici e di forte impatto. Via le tasse sulla prima casa, via le tasse sulle successioni dirette di piccoli patrimoni e, in più, tema nuovo, via le imposte sulle transazioni immobiliari per sei mesi: uno stimolo efficace, almeno in via immediata. Poi le pensioni a mille euro e le dentiere gratis agli anziani. Il difficile viene domani. Quando si sgonfierà la bolla del ritorno in campo, anche al rischio di provvedimenti giudiziari, come ha detto Silvio.

DOMANI c’è la questione Quirinale e c’è la questione del partito, diviso e scioccato dalle elezioni emiliane e dal sorpasso della Lega. Il partito è il fine e il Quirinale è un mezzo. Per questo significa riuscire ad avere un presidente non ostile in via pregiudiziale, sventando il rischio di trovarsi sul Colle uno Scalfaro invece di un Napolitano. Il tema rientra fra quelli che non fanno dormire Berlusconi come Renzi. Non perché non si possa trovare il nome giusto, sulla carta, ma perché rischia di restare lì, sulla carta. L’elezione dei giudici della Corte ha dimostrato l’impotenza dei partiti quando si vota nel segreto dell’urna, col candidato di Forza Italia rimasto al palo. La prova d’orchestra non ha funzionato per una carica in fondo marginale, figurarsi per quella decisiva per gli equilibri politici nazionali. Poi, su cosa si faccia prima, l’elezione o le riforme, è comprensibile la richiesta del Cavaliere. Ma dipende da tanti fattori, a partire da quando Napolitano formalizzerà la sua fuoriuscita che, per ora, sta nei pour parler.

Il fine è il partito. Berlusconi lavora col suo metodo tradizionale, come fece con Alfano. Si guarda attorno e studia chi possa essere il figlio da far crescere, quello a cui un giorno, più tardi che si può, cedere lo scettro mentre si ritira a fare il padre nobile. Ma il partito non è un’azienda. In politica non funziona così. Il leader nuovo si afferma uccidendo il padre, sempre detto per metafora. Il caso del temuto Salvini lo dimostra chiaro. Altrimenti si resta comprimari. 

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