Giovedì 16 Maggio 2024
GABRIELE CANE'
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Attentato Nizza, la nostra guerra

Roma, 16 luglio 2016 - Adesso, per favore, non nascondiamoci dietro al fatto che era un delinquente comune. Un depresso. Un disturbato mentale. Domanda: secondo voi ha il cervello in ordine un kamikaze? Ecco, il Mohamed di Nizza è uno dei tanti che il terrorismo islamico ha seminato nel nostro mondo. Gente che non ha bisogno di ordini per agire, o di rivendicazioni successive. Perché il califfo ha detto: andate e colpite l’Occidente come e dove volete. Altro non serve. Allora, sono tempi duri per i troppo buoni dell’Italia politicamente corretta, che non pronuncia la parola Islam di fronte a un attentato neppure quando la matrice è palese, evidente. Del resto, non siamo forse il Paese delle «presunte» Brigate Rosse?

BENE è esasperata, che l’Italia non è immune, e che non è il tempo dell’isteria, ma neppure dei piagnoni e dell’ipocrisia, bisognerà chiedersi sul serio che fare? con i rappresentanti di questo mondo e di questa religione. Che non sono tutti uguali, ovvio, ma molti dei quali sono troppo diversi. Certo non bisogna agire all’italiana: una legge per ogni evento. Come quella proposta da Giorgia Meloni per l’istituzione del reato di integralismo islamico per chiunque predichi odio. Onorevole, siamo già pieni di norme che possono far finire in galera istigatori e mandanti. Diciamo ai giudici che le applichino. Siamo pieni di aerei per rispedire a casa chi non è italiano, e qualche cella libera resta pure per i mascalzoni che hanno la nostra nazionalità. Usiamo questi mezzi. Sappiamo dove stanno le moschee-incubatrici, i nostri servizi sono al top. Conosciamo gli estremisti conclamati e dobbiamo vigilare sui possibili apprendisti. Facciamo sentire il fiato sul collo. Tenere d’occhio il vicino? Perche no? Siamo in guerra. Smettiamola con la sciocchezza che non dobbiamo fare il loro gioco, che la nostra vita non deve cambiare, che non si deve aver paura. La nostra vita è già cambiata, e la paura è un sentimento utile a limitare i rischi. E l’integrazione? Certo. È uno degli antidoti. Se non è disintegrazione, se sono i nostri ospiti che si vogliono integrare (lingua, leggi, regole…). Chi lo fa è bene accetto. Un fratello di un’altra religione. Chi non lo fa è un potenziale nemico, che può prendere un camion e fare una strage. Che può vincere una battaglia. Ma deve perdere la guerra.