Roma, 12 gen. (askanews) - Sono elezioni cruciali - soprattutto per la futura competizione globale che vede sempre più protagonisti Stati Uniti e Cina - quelle che si tengono domani a Taiwan, isola de facto indipendente dal 1949, che Pechino invece considera una sua provincia ribelle. Poco meno di 20 milioni di elettori (19,5 su 23,8 milioni di abitanti) sono chiamati alle urne per rinnovare il presidente e il Parlamento unicamerale. La presidente in carica, Tsai Ing-wen, non è in gara: dopo due mandati è ineleggibile. Contestata particolarmente da Pechino per le sue posizioni di accanito indipendentismo, è la leader del Partito democratico progressista. A raccogliere il suo testimone proverà l'attuale vice-presidente Lai Ching-te (William Lai), considerato il favorito, un veterano della politica di 64 anni, solido sostenitore dell'autogoverno dell'isola, anche lui inviso a Pechino che lo vede come un indipendentista. L'ex capo della polizia e sindaco di Nuova Taipei Hou Yu-ih, 66 anni, è invece il candidato conservatore del Kuomintang (Partito repubblicano). È il partito che fu di Chiang Kai-shek, il fondatore della Cina nazionalista sull'isola di Taiwan, che ha gradualmente posizioni più conciliatorie con Pechino rispetto ai democratici progressisti. Un punto interrogativo è rappresentato dal terzo incomodo nella corsa, cioè il leader della formazione populista Partito popolare di Taiwan, Ko Wen-je, che nel 2023 è stato corteggiato da Hou come possibile vice-presidente, ma ha deciso di respingere la proposta di tandem. Per il suo anticonformismo, questo medico 64enne è molto popolare tra i giovani.
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