Mercoledì 24 Aprile 2024

"Ripartiamo da buone pratiche e educazione"

Eleonora Rizzuto di Aisec boccia il bando integrale della plastica: "Servono formazione e divulgazione di conoscenze corrette e attuabili"

Plastica

Plastica

di Annamaria Lazzari

Sì alla lotta contro l’uso indiscriminato della plastica, alla diminuzione dei rifiuti, all’aumento del riciclo, anche attraverso la tracciabilità, e al maggiore impiego di nuovi materiali biodegradabili. Ma Eleonora Rizzuto, presidente e fondatrice di Aisec, Associazione Italiana per lo Sviluppo dell’Economia Circolare, non è favorevole al bando "integrale" della plastica: "Deve prevalere il buon senso. La nostra associazione non ha una posizione all’insegna del netto sì o del netto no alla plastica. Ma è consapevole che il mondo ideale “plastic free”, soprattutto in certi ambiti, è pressoché impossibile da adottare all’interno del nostro sistema civile. Come associazione siamo molto attenti alla questione sociale dell’economia circolare. In tal senso la dismissione di un’intera filiera sarebbe un bagno di sangue, a causa della perdita di migliaia di posti di lavoro", sottolinea Rizzuto. La sua associazione senza scopo di lucro, Aisec, costituita nel 2014, ha l’obiettivo pubblico di estendere cultura, ricerca e sviluppo del modello di economia circolare nel nostro Paese. Al momento conta una quarantina soci fra aziende, pubblica amministrazione e soggetti privati. Aisec coordina inoltre il Goal 12 (sul consumo e produzione responsabili) per conto di ASviS, Associazione Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

Secondo Rizzuto che è anche direttore dello Sviluppo Sostenibile di Bulgari e del gruppo LVMH, "sul tema della sostenibilità delle plastiche la pandemia ha segnato una “cesura” fra un primo e un dopo. Nell’ultimo quinquennio prima del 2020, le aziende di materie plastiche, soprattutto tra Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Toscana, avevano accolto appieno il messaggio dell’economia circolare, anche modificando i loro business plan, con una conversione della produzione verso nuovi materiali, basati sull’impiego sempre maggiore di materie prime biodegradabili e la diminuzione di quelle di origine fossile. Al tempo stesso si sono registrate best practice fra aziende per la diminuzione se non l’azzeramento dell’uso di plastica. Si è diffuso il refilling, con la ricarica dei prodotti da parte dei consumatori attraverso erogatori installati nei punti vendita. Un modello che ha fatto breccia non solo nel mondo dell’industria alimentare ma che anche nella cosmetica. Questo circolo virtuoso si è interrotto dopo lo scoppio dell’epidemia. Il modello del refill è stato abbandonato per una questione di sicurezza sanitaria. C’è stata una decuplicazione dell’uso della plastica negli imballaggi e nel packaging. E anche nel consumatore c’è minore sensibilità alle pratiche di consumo sostenibili".

Che fare? Secondo la numero uno di Aisec per invertire il segno, nell’ambito della produzione "occorre ridurre l’uso indiscriminato della plastica e l’impiego di materiali non riciclabili, promuovere quelli più ecosostenibili. Sul fronte dello smaltimento dei rifiuti, bisogna non solo incrementare la raccolta differenziata. La tracciabilità della materia prima, dalla produzione al fine di vita, è cruciale per una gestione del rifiuto più consapevole". Uno dei punti nevralgici per aumentare la sostenibilità passa anche nel negozio. "L’offerta di un involucro dovrebbe avvenire su richiesta del consumatore, e dovrebbe essere un involucro eco-compatibile e riciclabile".

L’economia circolare però non riguarda esclusivamente la produzione e quindi l’intervento diretto sulle plastiche, la riduzione dell’impiego di materiali non riciclabili e il loro corretto smaltimento. "La questione – conclude Rizzuto - si inserisce in un discorso più ampio, che ha l’obiettivo di educare il consumatore attraverso la formazione e la divulgazione di conoscenze corrette e attuabili. La circolarità viaggia su un doppio binario: da un lato il produttore, impegnato in una costante attività di ricerca e sviluppo, e dall’altro lato vi è il consumatore, sempre più attento e consapevole circa l’impatto dei propri comportamenti. Una busta di plastica che viene abbandonata incautamente nel mare impiega più di un secolo per decomporsi".