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Umanità, fattore strategico per la terapia

Serve più formazione specifica per i medici sulle modalità con cui mettere il paziente al centro come persona e non come malato

18/03/2024

Nel nostro Paese i medici e gli infermieri vengono formati poco o nulla all’umanizzazione delle cure. Eppure, numerosi studi hanno mostrato che cure più orientate alla persona possono fare la differenza nella vita di un paziente con il cancro. Dopo la diagnosi, la maggioranza dei pazienti sviluppa ansia e depressione. Basterebbe aumentare gli interventi psico-sociali nei reparti di oncologia per ridurre significativamente il ‘distress’ (lo stress negativo) dei pazienti.

 

In Italia la maggioranza degli operatori sanitari non ha ricevuto formazione specifica per incrementare quelle competenze che consentono cure più umanizzate. Con l’intento di colmare questa lacuna CIPOMO ha realizzato la scuola “Humanities in Oncology”, prima in Italia e una delle prime in Europa rivolta ai medici oncologi a creare una connessione tra l’oncologia, le scienze umane applicate in medicina e l’addestramento alla comunicazione. Si tratta di un programma articolato con diverse iniziative distribuite sul territorio nazionale (corsi FAD, workshop tematici, corsi itineranti). «La nostra scuola punta a favorire quell’insieme di competenze comunicative relazionali e umane necessarie nella professione dell’oncologo – spiega Luisa Fioretto, Presidente CIPO-MO, Socio fondatore della Scuola, Direttore del Dipartimento Oncologico dell’Azienda Sanitaria Toscana Centro –. Sono competenze che restano spesso al di fuori dei normali percorsi formativi universitari e post-universitari. In un’ottica di formazione continua la Scuola potrà rappresentare uno spazio di crescita per tutti gli oncologi interessati a percorsi specialistici post-universitari nell’ambito della comunicazione e delle medical humanities». Per umanizzazione delle cure s’intende quel processo in cui si deve porre al centro della cura il malato come persona, con i suoi sentimenti, le sue conoscenze, le sue credenze rispetto al proprio stato di salute.

 

Il tema dell’umanizzazione è stato inserito per la prima volta nel Patto per la Salute 2014-2016 dal Ministero della Salute e da AGENAS. Nel documento l’umanizzazione viene definita come impegno a rendere i luoghi di assistenza e i programmi di diagnosi e terapia orientati quanto più possibile alla ‘persona’ considerata nella sua interezza fisica, sociale e psicologica. «I pazienti vivono la diagnosi di cancro come uno degli eventi più traumatici e sconvolgenti. A prescindere dalla prognosi, la diagnosi comporta un cambiamento dell’immagine di sé e del proprio ruolo sia nella famiglia, sia nel lavoro – aggiunge Luigi Cavanna, past president e socio fondatore della scuola CIPOMO –. Per questo è fondamentale trasmettere al malato che non sarà solo, ma avrà accanto medici ed infermieri, non solo con competenze tecniche ma anche con umana comprensione, vicinanza e gentilezza».

 

E a vincere sono tutti: «Numerosi studi hanno mostrato che gli effetti di una comunicazione medico-paziente sono di appoggio all’efficacia maggiore delle terapie. Per questo quando la persona si confronta con una diagnosi di cancro umanizzare i suoi percorsi diagnostici terapeutici ed i suoi luoghi di assistenza assume carattere strategico» sottolinea Alberto Scanni, presidente emerito e socio fondatore della scuola CIPOMO