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Resistenza agli antibiotici, l’insidia del micoplasma

Segnalati rischi associati alle varianti che risultano insensibili all'azitromicina

15/12/2023

Fa discutere la fiammata di mycoplasma pneumoniae, attenzione all’abuso di antibiotici. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in riferimento ai casi di polmonite da micoplasma nei bambini con sintomi respiratori, gli specialisti delle malattie infettive sanno che si tratta di un patogeno ben noto. Tuttavia, ci sono rischi associati alle varianti che hanno sviluppato resistenza all’azitromicina, l’antibiotico comunemente utilizzato in questi casi per i bambini.

 

Questo rappresenta un nuovo capitolo nella resistenza agli antibiotici, un problema sempre più importante per la salute pubblica, che interessa anche le infezioni da protesi, un fenomeno destinato a crescere. Questi sono alcuni dei punti chiave discussi durante il XXII congresso della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – SIMIT, celebrato a Firenze.

 

“Questo mycoplasma pneumoniae è un batterio noto che esiste da decenni”, spiega il Prof. Marco Falcone, segretario generale SIMIT. “Causa una polmonite lieve perché è un patogeno a bassa virulenza ma può anche causare insufficienza respiratoria, che di solito si risolve con gli antibiotici. La situazione può essere più grave quando sono colpiti gruppi vulnerabili come bambini e anziani. Tuttavia, la vera preoccupazione potrebbe essere legata alla resistenza di alcune di queste varianti batteriche all’azitromicina, l’antibiotico comunemente utilizzato in questi casi, soprattutto in età pediatrica. Purtroppo, l’uso improprio durante la pandemia da Covid-19 ha reso questo batterio resistente all’azitromicina, il che potrebbe ora causare problemi”.

 

Da segnalare l’aumento del numero di infezioni delle protesi articolari influisce notevolmente sulla qualità della vita e può causare disabilità. Questo problema è in aumento a causa dell’aumento dell’età media della popolazione e non riguarda solo gli anziani, ma anche le persone in età lavorativa, rendendolo un problema con implicazioni socioeconomiche. Ad aggravare la situazione vi è la resistenza dei batteri agli antibiotici. “Le infezioni delle protesi numerano centinaia di migliaia ogni anno e circa il 2% di esse causa infezioni”, spiega Letizia Attala, medico specialista dell’Ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze. “Il primo problema è che sono difficili da trattare, con un tasso di mortalità fino al 26% nella prima revisione; se l’approccio iniziale è errato, il rischio di mortalità potrebbe aumentare gradualmente.

 

L’altro aspetto è la crescente resistenza dei patogeni, che richiedono terapie antibiotiche complesse o non disponibili. In media, l’impianto protesico e il successivo recupero durano circa tre mesi, sottoponendo il paziente a una terapia antibiotica minima di 12 settimane, oltre agli anni precedenti di trattamento già somministrato. Spesso, i pazienti diventano colonizzati da batteri resistenti agli antibiotici che causano infezioni anche dopo diversi anni, come in alcuni casi riscontrati nel nostro centro negli ultimi due mesi, dove sono stati osservati pazienti con infezioni delle protesi dovute a Klebsiella pneumoniae. Pertanto, è necessario un approccio multidisciplinare coinvolgente specialisti delle malattie infettive e ortopedici. Il nostro ospedale, insieme a Savona, Vercelli e Napoli, è uno dei quattro in Italia che ha avviato un’azione coordinata per ogni impianto protesico. Un’altra strada da considerare sono le terapie alternative: in alcuni casi, stiamo utilizzando i batteriofagi, anche se ci sono ostacoli burocratici da superare.”

 

I rischi associati a micoplasma e alle infezioni delle protesi sono solo due degli esempi più recenti di resistenza agli antibiotici, che ora è un fenomeno persistente in Italia ed è associato a un aumento significativo della mortalità ospedaliera, dei costi di ospedalizzazione e dei costi dei farmaci. “La ricerca sta sviluppando nuove molecole, ma l’obiettivo non è sviluppare nuovi antibiotici”, sottolinea il Prof. Marco Falcone. “Le infezioni devono essere prevenute attraverso strategie di controllo delle infezioni che ne riducano l’impatto. SIMIT è fortemente impegnata in questo campo con progetti come Resistimit, che ha creato una rete per studiare le infezioni causate da microrganismi resistenti agli antibiotici ed identificare fattori associati a una migliore sopravvivenza o ad un aumento della mortalità utilizzando algoritmi di intelligenza artificiale”.