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Prostata ingrossata, la malattia di Re Carlo affligge migliaia di italiani

“Una tecnica innovativa riesce a preservare l’eiaculazione nel 100% dei pazienti operati”, l'annuncio al convegno patrocinato dagli Urologi dell'Ospedalità Privata (UrOP) e dalla SIU. Un problema che a volte affligge anche persone tra i 20 e i 50 anni

22/02/2024

Prostata ingrossata, la malattia che ha portato in ospedale Re Carlo III affligge nondimeno migliaia di italiani. Nuovi strumenti diagnostici, tecniche chirurgiche mininvasive, dispositivi e terapie collaudate sono ormai capaci di ribaltare un verdetto che in passato poteva suonare come inappellabile. Un salto di qualità è previsto per l’ipertrofia del collo vescicale, una patologia che colpisce spesso una popolazione in età giovane, tra il 20 e i 50 anni.

 

L’approccio fin qui disponibile metteva a repentaglio l’eiaculazione, da qui le esitazioni di tanti pazienti, anche giovani, a farsi operare, anche col laser, con ricadute psicologiche. Ora, una nuova tecnica permetterà di conservare anche la capacità eiaculatoria durante l’orgasmo. Sono tanti i temi all’ordine del giorno del convegno Prostate_Master_1  dalla diagnosi al trattamento  patrocinato dagli Urologi dell’Ospedalità Privata (UrOP) e dalla SIU, organizzato a Roma, con la presidenza di Alessandro Calarco, componente del comitato patient della Società Italiana di Urologia, primario urologo presso la Clinica Villa Pia, nella Capitale.

 

Collo vescicale

L’ipertrofia del collo vescicale è una patologia molto simile all’ipertrofia prostatica benigna dal punto di vista sintomatologico che provoca un’ostruzione nella prostata che condiziona la minzione. “L’ipertrofia del collo vescicale – spiega lo specialista – può richiedere un intervento chirurgico che fino a un recente passato poteva comportare, in una minima percentuale di casi, il rischio di ledere una caratteristica funzione di questo organo, l’eiaculazione, e di conseguenza la capacità riproduttiva. Il fatto che colpisca una popolazione relativamente giovane, tra i 20 e i 50 anni, rende particolarmente delicato questo approccio terapeutico. La notizia confortante è che una nuova tecnica, di recentissima acquisizione, riesce a preservare l’eiaculazione su percentuali ormai del 100% dei pazienti operati. Nel prossimo futuro queste percentuali segneranno un cambiamento epocale negli esiti della pratica clinica”.

 

Neoplasie

Veniamo ora a parlare di un altro inconveniente che affligge il maschio adulto: il tumore della prostata. Si tratta della tipologia di cancro riscontrabile più frequentemente negli uomini: l’80% della popolazione maschile con più di 80 anni sviluppa cellule cancerose all’interno della ghiandola, in molti casi questi grumi di cellule atipiche, quiescenti, si possono stabilizzare per anni senza dare problemi, altre volte invece iniziano a galoppare, da qui la necessità di diagnosticare una neoplasia in crescita, specie oggi che abbiamo valide soluzioni per combattere il carcinoma prostatico. Considerando la stretta interrelazione con l’età e l’aumento della sopravvivenza, cresce anche il numero di pazienti da curare.

 

Secondo i dati Aiom, in Italia il tumore della prostata nel 2023 ha colpito 41.100 uomini, con un incremento nell’ultimo triennio del 14%, visti i 36mila casi del 2020. I dati americani contano invece ogni anno 288mila nuovi casi e 34.700 decessi. Tuttavia, questo non è il primo tumore per mortalità: oltre il 60% dei pazienti riesce a sconfiggerlo definitivamente. Serve però una diagnosi precoce e l’identificazione delle forme più gravi. “In caso di sospetta neoplasia – precisa il presidente Calarco – l’urologo deve intervenire con le analisi del sangue e le indagini strumentali atte a capire se quel paziente sia a rischio tumore. Queste analisi consistono nel PSA, l’antigene prostatico specifico; l’esplorazione rettale; laddove richiesto la risonanza magnetica multiparametrica, che rientra nelle nuove tecnologie a disposizione dell’urologo che servono ad affinare la tecnica di biopsia che si utilizza poi per formulare la diagnosi del tumore. Questa tecnica indica le lesioni sospette e permette una identificazione precisa”.

 

Farmacologia

“La novità principale nel trattamento farmacologico del tumore prostatico – sottolinea Antonella Mecozzi, Oncologia Radioterapica e Medica Fatebenefratelli Isola Tiberina, Gemelli Isola – è rappresentato da associazioni di farmaci: doppiette e triplette. Le cellule mutate del tumore prostatico sono sensibili al testosterone, ormone maschile, la cui soppressione, attraverso la terapia ormonale, si rivela fondamentale. Tuttavia, negli stadi più avanzati della malattia, le cellule tumorali possono diventare resistenti alla terapia ormonale che blocca la produzione di testosterone, per cui diventa necessario ricorrere a nuovi farmaci che scavalcano questa resistenza. Negli ultimi anni l’impiego di farmaci ormonosoppressivi di nuova generazione per via orale (ARSI) associati alla terapia antiandrogena classica, doppietta, hanno modificato lo scenario, aumentando la sopravvivenza di questi pazienti in maniera significativa. Recentemente si è visto che la tripletta, cioè il trattamento combinato con antiandrogeni classici, ARSI e chemioterapia, nei pazienti con malattia estesa ad alto rischio ha un impatto positivo sulla sopravvivenza. Tra le novità dell’ultimo anno non dobbiamo dimenticare l’introduzione nella pratica clinica di farmaci che agiscono nei pazienti portatori di mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2. In ultimo vi è un farmaco, già approvato da Ema di cui in Italia si attende la rimborsabilità, un radioligando che permetterà di effettuare una terapia mirata alla sede delle metastasi che sono state diagnosticate con la PSMA-PET”.

 

Chirurgia robotica

In caso di intervento chirurgico, le novità più significative riguardano la capacità di intervenire con tecniche mini-invasive, laparoscopiche o robot assistite. Finora gli interventi chirurgici per l’asportazione di una neoplasia prostatica con tecnica tradizionale hanno comportato il rischio di conseguenze sulla funzione erettile e sulla incontinenza urinaria. I nuovi strumenti chirurgici, che si limitano a effettuare piccoli fori di 5 millimetri con l’ausilio di telecamere ultrasottili, permettono di operare i pazienti con un impatto minore e con tempi rapidi di convalescenza. L’evoluzione della robotica si avvale di macchine moderne meno traumatiche, che richiedono ormai un unico foro dove si inserisce un singolo strumento, che una volta in addome si espande e diventa operativo.