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Genere maschile più soggetto ai tumori, colpa del cromosoma Y

Due team americani indagano mutazione KRAS. Studio italiano su oncogene BRAF

23/06/2023

La ricerca sul cancro è una delle scommesse più importanti della medicina moderna, ed è quella che sta registrando i progressi più rilevanti. Due studi ora dimostrano che il cromosoma Y, presente solo nel genere maschile del genoma umano, gioca un ruolo cruciale nello sviluppo di vari tipi di tumore, e si spiegherebbe così perché gli uomini pagano, in proporzione, un tributo lievemente maggiore rispetto alle donne in termini di pura incidenza numerica. Tra i fattori che entrano in ballo nello sviluppo del cancro figurano il fumo di sigaretta, l’eccessivo consumo di alcol, sedentarietà e sovrappeso, esposizione agli inquinanti atmosferici e agli aggressivi chimico-fisici, infezioni virali e batteriche cronicizzate (in questo senso i vaccini hanno un ruolo nella profilassi anticancro), geni e mutazioni.

 

Colon retto e vescica

Due studi indipendenti, condotti da team di ricerca di prestigiose università americane e pubblicati sulla rivista Nature, hanno dimostrato che il cromosoma Y, tipicamente maschile, è associato a un maggior rischio di sviluppare tumori del colon-retto e della vescica. In particolare, il gruppo americano coordinato da Ronald DePinho all’MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas, ha rilevato che il tumore del colon-retto causato dalla mutazione del gene KRAS è più aggressivo nei maschi rispetto alle femmine, proprio a causa dell’iperattivazione di un gene (KDM5D) presente sul cromosoma Y. Questo gene produce un enzima della famiglia delle istone demetilasi che favorisce l’invasività del tumore e la sua capacità di sfuggire al sistema immunitario.

 

Senescenza

Un secondo studio, guidato da Dan Theodorescu del Cedars-Sinai Cancer, California, Usa, ha esplorato le conseguenze della perdita del cromosoma Y, un evento che si verifica talvolta con l’invecchiamento e che è stato associato a diversi tipi di neoplasie. I ricercatori hanno osservato che la perdita del cromosoma Y si associa a una maggiore aggressività del tumore della vescica e all’esaurimento dei linfociti T che dovrebbero combatterlo. Tuttavia, il tumore della vescica si è dimostrato più sensibile agli inibitori dei checkpoint immunitari, farmaci che stimolano il sistema immunitario ad attaccare le cellule maligne. I ricercatori stanno sviluppando un test che permetta di riconoscere la perdita del cromosoma Y nei tumori per individuare i pazienti che potrebbero beneficiare di questo tipo di trattamento.

 

Differenze di genere

I risultati di questi studi inducono a prestare maggiore attenzione alla biologia dei tumori. Finora, infatti, gli studi sul cancro hanno spesso preso in considerazione solo la struttura genetica dei tessuti mutati, senza considerare le differenze di genere. Tuttavia, come dimostra questa ricerca, un cromosoma può fare la differenza.

 

Tiroide

Un passo avanti nel campo della ricerca in oncologia è stato compiuto presso l’Istituto di genetica e biofisica Adriano Buzzati-Traverso del Consiglio nazionale delle ricerche, Cnr di Napoli, sotto la guida di Valerio Costa, grazie al sostegno di Fondazione AIRC. Lo studio si è concentrato sulla vulnerabilità metabolica dei carcinomi papillari e anaplastici della tiroide con mutazione dell’oncogene Braf ed è stato pubblicato sul British Journal of Cancer.

 

La ricerca ha evidenziato la riprogrammazione di processi metabolici fondamentali nelle cellule tumorali, in particolare la glicolisi, in presenza di mutazioni nell’oncogene Braf. Attraverso la tecnica del drug-repositioning, riposizionamento di farmaci già approvati, si è verificato che la combinazione tra inibitori della proteina Braf mutata, attualmente in uso nel trattamento di tumori tiroidei anaplastici, e il diclofenac, antinfiammatorio, è in grado di rallentare la proliferazione delle cellule neoplastiche.

 

I tumori tiroidei papillari in stadio avanzato e quelli anaplastici con mutazioni a carico dell’oncogene Braf mostrano una ridotta risposta ai farmaci attualmente in uso, spesso collegata all’insorgenza di fenomeni di resistenza. I risultati di questo studio potrebbero avere particolare rilevanza nel trattamento del cancro tiroideo.