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Microbiota intestinale alleato nella battaglia contro i tumori

Studio su Nature: modificando la composizione dei batteri riusciremo a potenziare l’azione degli immunoterapici

20/03/2022 - di Alessandro Malpelo

Lo studio del microbiota, microorganismi che popolano le anse intestinali, può migliorare l’efficacia dei trattamenti di immunoterapia anticancro. L’intuizione si rafforza con passare degli anni e l’ultima conferma viene dalla più ampia ricerca internazionale mai realizzata sull’interazione microbiota-immunoterapia, finanziata dalla Seerave Foundation, coordinata dal Gruppo di ricerca di metagenomica computazionale dell’Università di Trento e dell’Istituto Europeo di Oncologia, guidato dal professor Nicola Segata, in collaborazione con altri gruppi di ricerca nei Paesi Bassi e Regno Unito.

 

I risultati del lavoro sono stati pubblicati su Nature Medicine. «Studi preliminari su un numero molto limitato di pazienti hanno suggerito che il microbiota intestinale, per la sua funzione di regista del sistema immunitario, gioca un ruolo nella risposta di ogni paziente all’immunoterapia contro il cancro e in particolare contro il melanoma. L’obiettivo del nostro studio era cercare una conferma di questo ruolo, che può avere un grosso impatto per l’oncologia e per la medicina in generale» ha scritto Karla Lee, del King’s College di Londra.

 

«Abbiamo individuato strategie per modificare il microbiota, da un’alimentazione specifica fino ai probiotici di nuova generazione e al trapianto fecale. Dunque si potrebbe agire sul microbiota prima di iniziare la terapia» aggiunge da parte sua Andrew Maltez Thomas, ricercatore all’Università di Trento e prima firma assieme a Lee. Lo studio ha riunito la più grande coorte di pazienti con melanoma, individuando un collegamento tra composizione del microbiota e risposta all’immunoterapia.

 

«In sintesi – ha affermato il professor Segata – lo studio mostra che in effetti studiare il microbiota è importante per poter migliorare i trattamenti e allo stesso tempo suggerisce che, considerando la variabilità da persona a persona, sono necessari studi ancora più ampi. Studi già pubblicati mostrano che la dieta, ad esempio l’assunzione di molte fibre, gioca un ruolo importante. Dobbiamo in sostanza identificare specifiche caratteristiche per poterle sfruttare.

 

Studi simili dovranno essere fatti anche per altri tumori, come già sta avvenendo allo IEO e in consorzi europei quali Oncobiome, e siamo convinti che da questi studi emergeranno nuovi strumenti per il controllo dei tumori, anche quelli in fase avanzata».

 

Nuovi farmaci, così si valuta l’efficacia

I tempi medi di approvazione di un nuovo farmaco in Italia sono di 418 giorni: come migliorare l’iter di valutazione di un antitumorale? «Auspicabile anticipare il dialogo con l’ente regolatorio, coinvolgendo tutti gli interlocutori», ha affermato Saverio Cinieri, presidente Aiom (Associazione Italiana Oncologia Medica) nel corso di un convegno digitale organizzato da Fortune Italia.

 

«I tempi servono a capire se e quanto un nuovo medicinale incide sulle cure – ha replicato Mauro Biffoni, direttore del dipartimento Oncologia e medicina molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità – occorre valutare il reale valore innovativo di un farmaco, non soltanto il fatto che sia stato oggetto di un nuovo brevetto».