Medicina

Ipertensione portale, alcol e virus nemici del fegato. Corsa ai ripari

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Ipertensione arteriosa è una cosa, ipertensione portale tutt’altra cosa. Ipertensione è sinonimo di pressione alta, affligge milioni di persone in Italia, si deve curare per prevenire ictus e problemi di cuore. Ipertensione portale riguarda il fegato, è legata alla cirrosi epatica, al danno recato da virus HCV che provocano epatite cronica (curabilissima con i moderni antivirali ad azione diretta), alcol (etilismo), obesità e diabete, senza dimenticare la steatosi epatica ovvero il fegato grasso, spesso legato alla sedentarietà e al sovrappeso. In tutti questi casi non si tratta soltanto di curare: la parola d’ordine è prevenire. Lo si desume dalle linee guida che prevedono intervenire con metodi non invasivi nelle diagnosi precoci dell’ipertensione portale, primo stadio delle complicanze che interessano il fegato. 

 

Si fanno progressi dunque per individuare potenziali cause dell’ipertensione portale causate da fattori correlati come obesità, alcolismo, epatiti, scorretto stile di vita. Le conseguenze possono arrivare sino a epatocarcinoma, emorragia digestiva, ascite, ittero.

 

Diagnosi precoce

Le società scientifiche hanno aggiornato le linee guida per intervenire con metodi non invasivi nella diagnosi precoce dell’ipertensione portale, primo stadio delle complicanze che interessano il fegato. L’ipertensione portale si presenta quando aumenta la pressione sanguigna nella vena porta (la vena di grosso calibro che trasporta il sangue dall’intestino al fegato). È una conseguenza della cirrosi che provoca sanguinamento, ascite, accumulo di liquido a livello addominale.

 

“passi avanti in ambito epatologico ci permettono di fissare come obiettivo prioritario la prevenzione, mediante l’identificazione del paziente a rischio attraverso l’uso di metodiche non invasive” sottolinea il Prof. Alessio Aghemo, Segretario AISF, Associazione Italiana per lo Studio del Fegato.

 

Campanelli d’allarme

L’ipertensione portale può restare a lungo asintomatica prima di manifestare i suoi effetti. Per questo il tema della prevenzione dell’insufficienza epatica, spesso preludio al trapianto di fegato, è particolarmente importante, viste anche le conseguenze che può provocare.

 

“Le cause più comuni dell’ipertensione portale sono riconducibili alla cirrosi, provocata da epatiti, da abuso di alcol o da steatosi epatica non alcolica (Non Alcoholic Fatty Liver Disease, NAFLD), un accumulo anomalo di cellule grasse causato da obesità, problemi nel metabolismo, diabete, livelli elevati di lipidi (trigliceridi e colesterolo) nel sangue, tossine, alcuni farmaci – sottolinea il Prof. Alessio Aghemo, Segretario Nazionale AISF – Associazione Italiana per lo Studio del Fegato – Il fenomeno può rimanere nascosto, ma le conseguenze per il fegato nel lungo periodo possono essere l’epatocarcinoma (tumore del fegato), l’emorragia digestiva (rottura delle varici), l’ascite (comparsa di liquido a livello addominale), l’ittero (eccesso di bilirubina nel sangue). Sono complicanze che vanno identificate per tempo per adeguati trattamenti, oltre che possibilmente evitate. Nonostante l’assenza di sintomi, situazioni come obesità, eccessivo consumo di alcol, epatiti, scorretto stile di vita vanno considerate come un campanello d’allarme che deve indurre il paziente a fare analisi più approfondite da cui si può evincere il potenziale pericolo”.

 

Il valore della prevenzione

La modernità dell’approccio epatologico risiede proprio negli strumenti disponibili per identificare rapidamente i segni che possano far pensare a un’ipertensione portale, al fine di prevenire le complicanze e di applicare una medicina personalizzata.

 

“Nelle prime fasi dell’ipertensione portale il paziente è asintomatico – evidenzia Francesca Romana Ponziani, Membro Delegato del Comitato Coordinatore AISF – La cirrosi non si intercetta, a meno di controlli specifici come degli esami ematici o un’ecografia. I segni che possono permettere di identificarla sono una milza di dimensioni più grandi o un aumento delle dimensioni della vena porta, identificabili con l’ecografia addominale e con l’utilizzo dell’elastografia per graduare la stiffness epatica (il grado di ‘durezza’ del fegato). I recenti progressi ci consentono di effettuare quindi una diagnosi con metodi non invasivi, come una combinazione dei valori di stiffness epatica e delle piastrine, partendo quindi da semplici esami di routine”.

 

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