Si pensa comunemente che le nostre facoltà mentali siano destinate a un inesorabile declino superata la soglia dei cinquanta. Ma se è vero per alcune, viceversa altre potrebbero addirittura migliorare, come il vino buono che si affina man mano che passano gli anni. Si tratta nello specifico di due funzioni chiave, alla base della memoria, della capacità decisionale, dell’autocontrollo, dell’orientamento, del linguaggio, della lettura e dell’abilità matematica. Lo ha scoperto una ricerca condotta dall’Università di Lisbona, dal Georgetown University Medical Center negli Stati Uniti e da altri istituti.
I ricercatori hanno valutato le capacità cognitive di 702 persone di età compresa fra i 58 e i 98 anni. In particolare, si sono concentrati su tre di esse: lo stato di allerta, ossia “la condizione di vigilanza e di prontezza volta a rispondere alle informazioni in arrivo; l’orientamento, che implica lo spostamento delle risorse del cervello verso uno specifico punto nello spazio; l’inibizione, che blocca le informazioni conflittuali o fonte di distrazione, permettendo di concentrarci su ciò che è importante”. Queste funzioni si basano su meccanismi diversi e afferiscono ad aree differenti del cervello, e quindi sono soggette a cambiamenti diversi con l’invecchiamento.
La ricerca ha rilevato che solo le capacità legate allo stato di allerta hanno subito un declino. L’orientamento e l’inibizione risultavano invece incrementate: gli scienziati ipotizzano che la pratica quotidiana le migliori costantemente nell’arco della vita, cosa che non accade con lo stato di allerta. L’allenamento a cui vengono sottoposte sarebbe quindi più che sufficiente per compensare il declino neuronale.
“I risultati della ricerca sono incredibili e hanno conseguenze importanti su come dobbiamo guardare all’invecchiamento“, dice uno degli autori, Michael T. Ullman. Indicano che, a differenza dell’opinione comune, in realtà “alcuni elementi fondamentali delle funzioni esecutive e dell’attenzione possono migliorare con l’avanzare degli anni, verosimilmente perché le esercitiamo lungo tutto il corso della nostra vita. I risultati sono ancora più rilevanti considerando il rapido invecchiamento della popolazione nel mondo”.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Human Behavior.
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