Con il sostegno di:

Calano i casi di Tbc in Italia, ma il Covid frena le diagnosi

Gli igienisti della Siti: "Incidono le condizioni dei migranti, individuare prima le infezioni"

25/03/2023

Calano i casi di Tbc in Italia, ma è un fenomeno solo apparente, in realtà è stato l’effetto Covid a frenare le diagnosi. Roberta Siliquini, presidente della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (Siti), nella ricorrenza della Giornata Mondiale della Tubercolosi chiede un cambio di passo nelle diagnosi rapide, lo sviluppo di vaccini e di terapie contro forme resistenti. Gli esperti pongono inoltre l’accento sul fatto che l’Italia, per via dei flussi migratori provenienti da Paesi in cui l’incidenza di tubercolosi è elevata, non debba abbassare la guardia. Nonostante ciò, nel nostro Paese, la prevalenza di  casi di Tbc si mantiene relativamente contenuta.

 

L’Europa si prefigge di eliminare la piaga della tubercolosi, ma siamo ancora lontani dal traguardo di una riduzione dell’80% dell’incidenza e del 90% dei decessi entro il 2030. Dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e dall’Ufficio regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) arriva un monito. Per mettere la parola fine alla tubercolosi è necessario interrompere la trasmissione identificando in tempo le persone con tubercolosi attiva e prevenire la sua. Secondo il direttore dell’Ecdc, Andrea Ammon, “la pandemia da Covid-19 ha dirottato le risorse per la tubercolosi”. Hans Henri P. Kluge, direttore regionale dell’Oms-Europa raccomanda di sfruttare appieno le nuove tecnologie, come le diagnosi molecolari rapide. Nel 2021 si sono registrati oltre 166.000 casi di tubercolosi nuovi e recidivanti notificati nella regione europea dell’Oms, contro le 164.187 diagnosi del 2020 e le 216.368 del 2019.

 

Nonostante le condizioni di sovraffollamento a cui sono sottoposti i migranti in arrivo, che possono verificarsi sia durante il viaggio che nei centri di accoglienza, facilitando la trasmissione del micobatterio, in Italia si contano meno di 20 casi di Tbc su 100mila abitanti, per un totale di quasi 2.300 casi nel 2020, in calo dal 2010. “L’individuazione precoce dei casi di infezione – spiega la presidente degli igienisti della Siti – è necessaria per garantire l’accesso a un trattamento precoce. Per ottenerla, occorre agire sulle condizioni di salute delle persone che giungono nel nostro Paese, sia tramite l’abbattimento delle barriere socio-linguistiche che attraverso l’attuazione di protocolli per la valutazione precoce dello stato di salute e per il monitoraggio nelle fasi successive all’accoglienza. È opportuno, inoltre, uno sforzo in maggiori investimenti nei Dipartimenti di Prevenzione, anche in termini di reclutamento di risorse umane che possano svolgere un ruolo di coordinamento al fine di attuare una ricerca proattiva dei casi di TBC“.

 

Sulle diagnosi in calo, gioca un ruolo anche l’effetto della pandemia. Il Covid, precisa la professoressa Siliquini, “ha determinato una diminuzione delle notifiche dei casi in tutto il mondo, che sono passate dai 7,1 milioni nel 2019 a 5,8 milioni nel 2020 (-18%)”. In Italia, secondo il “Tuberculosis Annual Epidemiological Report for 2020”, i casi sono stati 2.287 nel 2020, 3.346 nel 2021, 3.912 nel 2018. Il contrasto alla diffusione della tubercolosi, che resta una malattia in molti casi mortale, deve passare, per gli esperti, “attraverso una serie di interventi coordinati in modo da ridurre il rischio di diffusione di questo pericoloso patogeno”.